Ha pianto il dottor Elias Jaradeh nel vedere cosa aveva sotto
gli occhi. Occhi sgusciati, frantumati, prosciugati. Buchi neri su volti
insanguinati dalla perfidia di chi vuole lasciare l’indelebile segno d’una
violenza studiata e suggellata da orrendo sadismo, definito dai taluni servili
cantori del mainstream mediatico: “deterrenza strategica”. Tanti dei bulbi
oculari dei miliziani di Hezbollah erano esplosi dietro i
beeper dove il Mossad aveva celato microcariche assassine
fatte brillare all’unisono. Lui e la sua équipe osservavano sgomenti quegli
squarci e su tale disastro hanno dovuto agire. L’esperienza, le qualità
professionali di questi oftalmologi libanesi dovevano tamponare la dote
tormentatrice dell’Intelligence di Tel Aviv che, col lugubre gesto di occultare
la morte o la più lacerante ferita, s’è sentita ancora una volta invincibile.
Il successo dei vili ha colpito ignari nemici e incolpevoli civili che gli
vivono accanto o li incrociavano casualmente. Così Elias, che è medico e dal
2022 anche deputato per la formazione indipendente Change, confessa
d’aver agito in maniera ‘robotica’ per poter continuare a lavorare davanti a
tanto orrore. Il dottor Jaradeh conferma quanto le prime confuse informazioni
avevano annunciato: i feriti sono in maggioranza civili, magari familiari dei
miliziani, ma non esclusivamente loro. “Coi colleghi abbiamo dovuto separare
lo sconcerto e la rabbia e immergerci nel dramma perché a essere colpita era
gente comune, e per noi un’intera nazione. Si trattava di civili con le loro
famiglie, non persone sul campo di battaglia. Ho estratto più occhi
lacerati di quanto non avessi fatto in anni di chirurgia oftalmologica”. Gli
fanno eco le testimonianze di altri due oculisti intervenuti sui feriti,
diffuse su Instagram:
Dice Alaa Bou Ghannam: “Nel nostro centro abbiamo
ricevuto circa 200 feriti, il 75% colpiti agli occhi, occhi devastati da
frammenti metallici e plastici. Nella mia vita professionale non mi
ero mai attivato per un’emergenza simile, soprattutto tanto ampia, né penso sia
accaduto ad altri colleghi al mondo. Siamo stati quasi due giorni a suturare la
sclera e cucire la cornea di ciascun occhio. Molti dei colpiti resteranno
ciechi o monchi di una o due mani”. Per Ama Sadaka: “Fra i
feriti agli occhi più della metà ha perso l’occhio sinistro e siamo stati
costretti a rimuoverlo, non a curarlo. Tutti i tessuti erano penetrati da
frammenti metallici o di plastica oppure erano bruciati e la materia organica
che osservavamo era disciolta, comprese le palpebre. La palpebra è essenziale
quando si deve intervenire sull’occhio. Un occhio artificiale può sostituire
quello perduto ma sarà molto difficile inserire una protesi se manca il
sostegno della palpebra. Taluni dei colpiti hanno avuto entrambi gli occhi
rimossi”. E ora sentite: “L’esplosione a distanza dei cercapersone
di Hezbollah vede l’impiego di una miscela (sic) di
Intelligence e alta tecnologia per esercitare deterrenza nei confronti dei
singoli combattenti nemici, al fine d’indebolire dal di dentro l’organizzazione
paramilitare. Colpire personalmente, nell’arco di poche ore, migliaia di
miliziani Hezbollah significa aver messo a segno la più estesa operazione di
antiterrorismo finora conosciuta...” E’ questo uno dei passaggi
dell’editoriale di Maurizio Molinari, direttore de La Repubblica, (Medio
Oriente, come cambia il volto della deterrenza) che per amor di professione
non commentiamo. Invitiamo a leggerlo per comprendere quale sia il livello di
un giornale – visto che quel quotidiano di tradizione liberal-progressista è
tuttora considerato un organo d’informazione – che tradisce il suo ruolo
trasformandosi in voce di propaganda. Neppure di uno Stato, bensì d’una sua
branca addirittura peggiore del mortifero passato delle sue origini legato ai
crimini della banda Stern.
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