domenica 1 settembre 2024

Non tutto può essere permesso a Zelensky - Domenico Gallo

 

La narrazione mainstream della guerra in corso come un episodio della lotta delle “democrazie” contro le “autocrazie”, che vede l’eroica Ucraina combattere contro il gigante Russo per difendere il “mondo libero” dai progetti imperiali di Putin, qualche volta inciampa in fatti che squarciano il velo di menzogne che nutre questa favola.

I fatti ci dicono che il Parlamento ucraino ha approvato in seconda lettura e in via definitiva (20 agosto) la legge che sopprime la Chiesa ortodossa di Onufrio, quella non autocefala, canonicamente legata al Patriarcato di Mosca. Ciò, malgrado la Chiesa ortodossa bandita avesse preso le distanze dall’invasore il giorno stesso dell’avvio della guerra e fosse stata assai tempestiva nell’organizzare un Sinodo in cui modificare tutti gli elementi di “dipendenza” rispetto a Mosca. La Chiesa ortodossa messa al bando è accreditata di 10.000 parrocchie ed è ancora la comunità religiosa maggioritaria nel paese. Sopprimere una Chiesa con milioni di fedeli, è un fatto che stride con la narrazione ufficiale di un paese aggredito che combatte per difendere la libertà. Non potendo raccordare i fatti con la narrazione ufficiale, il circo mainstream ha reagito cancellando questo spiacevole episodio, come se non fosse mai avvenuto. Ma il silenzio connivente dei media è stato svergognato dal grido levato da Papa Francesco all’Angelus del 25 agosto: «Continuo a seguire con dolore i combattimenti in Ucraina e nella Federazione Russa, e pensando alle norme di legge adottate di recente in Ucraina, mi sorge un timore per la libertà di chi prega, perché chi prega veramente prega sempre per tutti. Non si commette il male perché si prega. Se qualcuno commette un male contro il suo popolo, sarà colpevole per questo, ma non può avere commesso il male perché ha pregato. E allora si lasci pregare chi vuole pregare in quella che considera la sua Chiesa. Per favore, non sia abolita direttamente o indirettamente nessuna Chiesa cristiana. Le Chiese non si toccano!».

In proposito merita di essere divulgato l’intervento dell’arcivescovo metropolita della Chiesa Ortodossa italiana, Filippo Ortenzi: «La Chiesa Ortodossa Italiana ha appreso con dolore la delibera della Duma ucraina di mettere fuorilegge la Chiesa Ortodossa Ucraina, nonostante questa abbia rotto formalmente il legame che la univa al Patriarcato di Mosca, le cui origine sono comuni e risalgono al 980 quando il principe di Kiev Vladimir I il Santo, dopo aver ricevuto il battesimo a Cherson (in Crimea) e preso il nome cristiano di Basilio, tornato a Kiev promosse il battesimo di massa degli abitanti nelle acque del Dnepr. Quella tra Russia e Ucraina è una guerra fratricida tra popoli ortodossi, come ha affermato il metropolita ortodosso ucraino Onufrij. I popoli russo e ucraino provengono dalla (medesima) fonte battesimale del Dnepr e una guerra tra loro è una ripetizione del peccato di Caino, che uccise il suo stesso fratello. Una tale guerra non può essere giustificata né da Dio né dal popolo. Non si può cancellare la storia con un colpo di spugna oppure con una legge. […] La fede e la spiritualità non sono aspetti che possono essere facilmente rimossi o regolamentati. Esse fanno parte dell’anima di un popolo e rappresentano un legame profondo con la propria storia e cultura. La soppressione di una Chiesa, che neppure Stalin, pur perseguitandola aspramente, non si azzardò mai a sopprimere, nonostante ben 50mila ucraini avessero militato nelle SS naziste, […] non può che suscitare lo sdegno di tutti coloro che reputano la libertà religiosa come uno dei diritti fondamentali dell’uomo». Parole sante, sarebbe il caso di dire; peccato che nessuno abbia voluto ascoltarle e farle ascoltare.

Dobbiamo concludere che a Zelensky, “unto del Signore”, tutto è concesso. Ciò accade non solo sul piano della repressione interna, ma anche su quella della conduzione delle ostilità. Infatti, l’offensiva scatenata da oltre due settimane con la penetrazione di reparti corazzati ucraini in Russia nella regione di Kursk, ha dimostrato che sono cadute tutte le linee rosse che gli alleati occidentali avevano imposto all’Ucraina. Non ci sono più limiti all’uso sul territorio russo di qualsiasi tipo di armi fornite dalla NATO e Zelensky non si è certo curato di Crosetto, che aveva espresso contrarietà all’invasione della Russia. Anche questa operazione azzardata ha avuto la scorta mediatica del circo mainstream, che ha oscillato fra giustificazione e glorificazione. Non tutto però può essere giustificato. Ci sono dei pericoli gravi che non possiamo non vedere. Il rischio è quello di una catastrofe nucleare se venisse colpita la centrale nucleare di Kurchatov, situata a circa 50 km a ovest di Kurk. Questo sito nucleare, costruito dall’Unione Sovietica nel 1971, è particolarmente vulnerabile a causa della mancanza di strutture di contenimento in cemento sopra i reattori. I reattori RBMK-1000 della centrale di Kurchatov, simili a quelli utilizzati a Chernobyl, sono noti per la loro fragilità. Questi reattori funzionano ad acqua bollente a circuito chiuso, il che li rende particolarmente suscettibili a incidenti che potrebbero portare al rilascio di radiazioni anche in assenza di un attacco diretto. Come ha spiegato il fisico Dmitri Gorchacov, un attacco anche limitato potrebbe causare danni irreparabili e provocare una catastrofe nucleare. Non si tratta di un rischio ipotetico. È accertato che la notte del 22 agosto un drone ucraino è stato lanciato contro la centrale nucleare di Kurchatov. Fortunatamente il drone è stato intercettato dalla contraerea russa. Sembra che fosse diretto verso un magazzino di stoccaggio, il che avrebbe causato un danno enorme.

Fatto sta che questa notizia non esiste nei media occidentali, che hanno deciso di occultarla. Un silenzio assordante gravita intorno alla vicenda. Eppure un incidente nucleare in una zona di combattimento, con missili e colpi di artiglieria che vengono lanciati da tutte le parti, potrebbe accadere e avrebbe conseguenze catastrofiche ben oltre i confini dell’Ucraina e della Russia. Nonostante la gravità della situazione, tacciono le principali associazioni ecologiste e i partiti verdi europei, che hanno buttato alle ortiche la loro ideologia fondativa per indossare l’elmetto. Dobbiamo aspettarci una nuova Chernobyl prima di comprendere che non tutto può essere permesso a Zelensky?

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