Il nostro compagno Paolo, prigioniero,
in custodia cautelare con l’accusa di rapina dal 23 ottobre scorso, il 25
aprile ha iniziato uno sciopero della fame insieme ad altri prigionieri per
protesta contro le condizioni di vita del carcere di Uta, tra le peggiori
d’Italia secondo i dati del rapporto periodico del garante nazionale dei
detenuti. Ma i numeri non possono rappresentare lo stato di sottile, vera e
propria tortura a cui sono sottoposti i prigionieri. L’intervento dei garanti,
con le loro vuote ed inutili promesse, ha fatto sì che lo sciopero venisse
interrotto dopo meno di una settimana e Paolo lo riprendesse da solo l’8 maggio
con il chiaro intento di portarlo sino alla fine.
Paolo condivide con noi l’odio per le
galere e la società che le produce e di cui sono l’immagine e non è mai
indifferente di fronte alle continue violenze e prevaricazioni degli sbirri.
Per lo Stato farlo tacere o eliminarlo serve da monito per chi combatte contro
il sistema e per tutti i prigionieri che si ribellano alla galera. Per questo è
sottoposto a continue provocazioni e infamie da parte degli sbirri come
bloccarli la corrispondenza, l’ingresso di denaro, non permettergli di
effettuare le videochiamate con la scusa che non c’è linea, portarlo con grande
ritardo ai colloqui, fare cadere, nei secchi in cui lava la roba, libri,
corrispondenza e tutto ciò che può rovinarsi, etc.
Tutte queste violenze si aggiungono alla
situazione che Paolo denuncia da mesi. Infatti, a Uta, l’acqua non è potabile,
non può essere utilizzata neppure per cucinare, dopo che l’amministrazione l'ha
mescolata al cloro per eliminare il grave inquinamento da colibatteri fecali
che la rende inadatta anche per l’igiene personale. Le celle sovraffollate
(sono rinchiusi 140 prigionieri in più della capienza massima) sono chiuse 22
ore al giorno, l’accesso alla biblioteca e al campo di calcetto sono
contingentati, le temperature estive raggiungono i 43 gradi, l’assistenza
sanitaria è inesistente, le provocazioni degli sbirri sono continue tanto sui
prigionieri che sui loro familiari e spesso si traducono in pestaggi.
Una vita di questo genere è
insopportabile, per qualunque essere umano, e ancora di più per chi in tutta la
sua vita non ha mai piegato la testa ed è sempre stato solidale con i nemici
del sistema. Paolo, come Alfredo, ha iniziato, a rischio della vita, una lotta
immensa che potrà conseguire risultati solo se siamo in grado di condurre, con
la stessa determinazione, una battaglia di solidarietà.
Ribadendo la nostra solidarietà ed il
nostro impegno ad estendere la lotta perché l’amministrazione non possa avere
pace, ricordiamo ai funzionari, agli sbirri e ai vari garanti, tutti
corresponsabili della situazione attuale, che gli oppress* hanno una lunga
memoria e che se a Paolo dovesse accadere qualcosa, dovranno assumersene tutte
le conseguenze.
Non lasciamo solo Paolo in questa sua
battaglia. Chi volesse scrivergli può farlo all’indirizzo: Paolo Todde; C.C.
“E. Scalas”; 09068 Uta (CA)
CONTRO LO STATO ASSASSINO, CHIUDERE UTA,
CHIUDERE TUTTE LE GALERE, PAOLO LIBERO, TUTTX LIBERX
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