mercoledì 11 giugno 2025

Gaza: farina, sangue e collaborazionisti. Coloni senza freni in Cisgiordania.

 

Cari abitanti di Gaza: se non c’è farina, allora mangiate sangue e bugie - Gideon Levy

La terribile accusa di sangue, farina e bugie è impressa per sempre nella storia del popolo ebraico. Ora la narrazione è capovolta, incentrata su sangue, farina e bugie di Israele. Il sangue e la farina sono visibili in una fotografia di Gaza pubblicata questo fine settimana: mostra un cadavere mutilato, ricoperto di farina mescolata al sangue del corpo, in un’orribile pasta rosa. Il volto del defunto è coperto da una giacca a brandelli; era uno delle decine di persone uccise nel centro di distribuzione alimentare di Gaza, che le Forze di Difesa Israeliane hanno trasformato in un’altra Zona di Morte.

Le bugie sul sangue e sulla farina sono state diffuse dal Portavoce delle IDF e dai suoi asserviti esecutori: la maggior parte dei corrispondenti militari israeliani. Un’inchiesta di Haaretz, che ha stabilito, sulla base di filmati, testimonianze oculari e modifiche alla versione dei fatti fornita dall’esercito, che le IDF sono responsabili delle sparatorie che hanno ucciso decine di persone, nonché un’inchiesta della CNN, hanno confutato queste bugie, una per una. Ci ritroviamo, quindi, con sangue, farina e bugie. Non possiamo tacere.

Domenica scorsa, decine di persone sono state uccise a colpi d’arma da fuoco mentre si trovavano in fila per ricevere aiuti alimentari. Il Portavoce dell’IDF ha affermato che l’incidente mortale “semplicemente non è accaduto!”. Che sia accaduto o no, almeno 35 persone sono state uccise e 170 ferite in una fila piena di disperazione.

Al mattino, l’IDF ha cercato di affermare che le sue forze non avevano sparato contro i civili vicino o all’interno del centro di soccorso, ma in serata ha ammesso che i soldati avevano sparato “colpi di avvertimento” a circa un chilometro dal centro di soccorso e che “non c’è alcun collegamento con le vittime nella zona”.

Le menzogne sono diventate un insulto all’intelligenza. Il luogo in cui le persone sono state uccise si trovava all’interno di quella che è stata definita l’area del complesso. La Fondazione che gestisce la struttura si è unita all’insabbiamento: “Questi resoconti falsi sono stati attivamente fomentati da Hamas”.

Chiunque abbia seguito gli eventi a Gaza in buona fede ha saputo fin dall’inizio che sono stati i soldati a Massacrare i civili affamati, a meno che questi ultimi non si siano suicidati in massa.

Dall’uccisione della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh in Cisgiordania nel 2022, passando per l’uccisione di 15 paramedici a Rafah a marzo, e fino a questo Massacro, è già chiaro che le dichiarazioni del Portavoce delle IDF devono essere considerate false fino a prova contraria. Un evento raro.

Quando si tratta di Crimini di Guerra, la probabilità di sentire una parola di verità dalle IDF, soprattutto nelle ore immediatamente successive all’incidente, quando è ancora possibile diffondere menzogne, è trascurabile o addirittura inesistente. Israele e i suoi media non sono particolarmente turbati da questo; dopotutto, tutti vogliono vivere nella piacevole e avvincente menzogna della moralità militare.

Ma questa volta non ha funzionato. L’inchiesta di Jeremy Diamond e dei suoi colleghi è stata un duro colpo alle menzogne dell’esercito e dei media in Israele. Nir Dvori, un nome ordinario israeliano per un ordinario giornalista israeliano, deve imparare le basi del giornalismo da Diamond. Almeno frequentare una lezione introduttiva, così può iniziare a comprendere il suo ruolo di giornalista.

Anche Ilana Dayan potrebbe imparare un capitolo sulle indagini da Diamond: il giornalismo investigativo non consiste solo nel strappare emozioni sdolcinate, patriottiche e militaristiche al pubblico, soprattutto in tempo di guerra. Non una sola inchiesta del tipo di quella condotta dalla CNN è mai stata trasmessa sulla televisione israeliana.

Diamond ha portato 17 testimonianze oculari, l’esame balistico delle munizioni trovate nei corpi dei cadaveri e l’analisi dei suoni degli spari, tutti a dimostrazione del fatto che la fonte degli spari erano mitragliatrici in dotazione esclusivamente alle IDF. Testimoni oculari hanno riferito di essere stati colpiti da carri armati, elicotteri, droni e dal mare. Nemmeno la più “deviata” immaginazione avrebbe potuto attribuire questo Massacro a qualcuno che non fosse l’IDF. Ma le IDF hanno ignorato le espressioni di condanna che, in ogni caso, si sentivano solo all’estero e hanno continuato a Massacrare gli affamati.

Ameen Khalifa, che domenica strisciava sulla sabbia, terrorizzato dagli spari, e aveva dichiarato alla CNN: “Stiamo portando il nostro cibo, intriso di sangue, stiamo morendo dalla voglia di procurarcelo”, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco martedì, due giorni dopo. Aveva trent’anni ed era allo stremo dalla fame quando è morto. Questa volta, l’esercito ha inventato una nuova menzogna: i soldati si sentivano minacciati.
La distribuzione di cibo, che si era trasformata in distribuzione di sangue, è stata sospesa per alcuni giorni.

Se non c’è farina, allora mangiate sangue, cari abitanti di Gaza, sangue, farina e bugie.

(*) Tratto da Haaretz, 8 giugno 2025.  Traduzione: La Zona Grigia.

 

Israele arma gli jihadisti. Bibi: «Che male c’è?» - Eliana Riva

Terra rimossa Il premier conferma le accuse sul sostegno a gang filo-Isis nella Striscia. Ancora bombe sugli ospedali, ancora giornalisti uccisi.

Israele sta armando a Gaza una milizia locale formata da criminali e jihadisti filo-Isis.
Lo ha dichiarato ieri l’ex ministro della difesa Avigdor Lieberman durante un’intervista alla radio pubblica Kan Bet.
Cento, forse duecento uomini guidati da Yasser Abu Shabab con lo scopo di indebolire Hamas.

«Israele ha dato fucili d’assalto e armi leggere alle famiglie criminali a Gaza per ordine di Netanyahu – ha dichiarato Lieberman – Dubito che sia passato attraverso il gabinetto di sicurezza. Nessuno può garantire che queste armi alla fine non saranno rivolte contro Israele». Secondo l’ex ministro e leader del partito Yisrael Beiteinu (ultranazionalista laico), Netanyahu sta usando le milizie per indebolire Hamas, proprio come Hamas è stata potenziata in funzione anti Autorità palestinese. Quds News riporta che Abu Shabab è noto a Gaza per la sua vicinanza a gruppi estremisti e per attività criminali, tra cui lo spaccio di stupefacenti. È considerato un collaborazionista di Israele.

LE SUE MILIZIE hanno ammesso di aver saccheggiato aiuti alimentari delle Nazioni unite e operano in una zona sotto il diretto controllo dell’esercito israeliano. In alcuni video pubblicati da Abu Shabab, si vedono i suoi uomini allestire un campo di tende e scaricarvi pacchi di cibo. Il quotidiano israeliano Haaretz ha identificato la posizione grazie alle immagini satellitari fornite da Planet Labs. Sedici tende sono in costruzione a est di Rafah, tra il corridoio Filadelfia e l’asse Morag, solo a cinque km a nord dal valico di Kerem Shalom. Le truppe israeliane occupano l’intera fascia. Video diffusi nelle scorse settimane mostrano le milizie che ispezionano ambulanze della Croce rossa e convogli Onu. Netanyahu ha ammesso tutto: «Abbiamo gestito clan che si oppongono ad Hamas. Cosa c’è di sbagliato?» Ogni mezzo è considerato lecito per Israele. Anche affamare un’intera popolazione o bombardare tende e ospedali.

IERI PER L’OTTAVA VOLTA dal 7 ottobre 2023, l’esercito ha attaccato l’ospedale Battista Al-Ahli di Gaza City. Tre palestinesi uccisi, Suleiman Hajjaj, Ismail Badah e Samir Al-Rifai, tutti giornalisti. Un quarto è grave e decine di persone sono rimaste ferite. Il direttore ha dichiarato che il personale sanitario ha deciso di non sospendere le sue attività: «Non abbiamo altra scelta – ha detto ad Al-Jazeera – Siamo l’unico ospedale nella parte nord». La mamma di Suleiman ha raccontato disperata che non hanno avuto il coraggio, all’inizio, di dirle che era stato ucciso: «È stata una persona gentile e buona per tutta la sua vita. Mio figlio è un giornalista e io sono fiera di lui».

L’esercito, come sempre, ha dichiarato di aver colpito un «centro operativo» e di aver ucciso un membro della Jihad islamica, senza specificarne il nome. Gli attacchi israeliani hanno ammazzato 70 persone in 24 ore e ne hanno ferite 189.

I bombardamenti sono diventati più numerosi negli ultimi giorni e tutto accade mentre il blocco di aiuti umanitari continua ad aggravare la fame. La mancanza di acqua e l’arrivo del caldo rendono estremamente pericolosa la situazione sanitaria e senza medicine anche le malattie più comuni non possono essere curate.

CONTARE IL NUMERO dei morti diventa a volte impossibile: la protezione civile ha pochi mezzi e senza carburante i feriti e i corpi non possono essere recuperati. Rimangono per la strada o sotto le macerie. Quei pochi camion gestiti dalla fondazione israelo-americana che controlla l’ingresso degli aiuti, sono stati bloccati per due giorni. Ieri mattina la Ghf (Gaza Humanitarian Foundation) ha annunciato che avrebbe tenuto i cancelli chiusi anche giovedì, ufficialmente per ragioni di «manutenzione e riparazione». L’esercito ha intimato alla popolazione di non avvicinarsi alle strutture, considerate zona militare.

Inaspettatamente, in serata, la stessa fondazione ha poi dichiarato di aver addirittura distribuito 1,4 milioni di pasti «senza incidenti». In un’inchiesta, la Cnn ha analizzato filmati e testimonianze relativi alle stragi dei palestinesi intorno ai centri di distribuzione della Ghf. L’emittente ha concluso che il suono degli spari, come i proiettili recuperati sulla scena, sono compatibili con le armi in dotazione all’esercito israeliano. Anche la geolocalizzazione dei video conferma le dichiarazioni dei testimoni, che hanno accusato i militari di aver sparato sulla folla. Stati uniti e Israele continuano a difendere il lavoro della Ghf e la salda unione di intenti tra Washington e Tel Aviv è stata riconfermata durante il voto al Consiglio di sicurezza Onu di mercoledì: gli Usa hanno posto il veto sulla risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco immediato.

Da Il Manifesto, 6 giugno 2025.

 

Coloni israeliani senza freni, attaccato Deir Dibwan: 35 feriti - Michele Giorgio

«I coloni sono arrivati prima del tramonto, intorno alle sei. Erano decine, correvano da tutte le parti e davano fuoco a tutto ciò che avevano davanti: case, baracche, auto, stalle, macchinari, tutto. Abbiamo avuto solo il tempo di scappare». Mansour Abu Kaid ha ancora la paura dipinta sul volto mentre ci racconta l’assalto subito alla sua fattoria, la «Abu Shahada» di Deir Dibwan, da almeno quaranta israeliani, in prevalenza giovani giunti dagli avamposti coloniali sorti come funghi sulle collinette circostanti. «A un certo punto ho pensato: ecco, è finita, non ne uscirò vivo. L’unica cosa che desideravo in quei momenti era salvare mia moglie e il resto della mia famiglia. Per fortuna le pecore e gli altri animali sono scappati quando (i coloni) hanno bruciato le stalle. Ora sto provando a ritrovarli», aggiunge Abu Kaid.

L’uomo, visibilmente provato, va a sedersi su ciò che resta di un serbatoio dell’acqua. Intorno a lui ci sono solo detriti, tubi anneriti dalle fiamme, lamiere contorte e pezzi di tende e teloni risparmiati dal fuoco. «Sono nel loro mirino da tempo – prosegue – non è il primo attacco che subisco. Dicono che mi spingo con il gregge vicino ai loro avamposti, ma questi sono i nostri terreni, questa è terra palestinese, sono loro gli intrusi».

ABU KAID CALCOLA in almeno 100mila shekel (circa 25mila euro) i danni subiti. Sa che nessuno, a cominciare dall’Autorità nazionale palestinese (Anp), lo risarcirà per ciò che ha perduto. E sa anche che i soldati israeliani che, poco prima del nostro arrivo, sono giunti alla fattoria per «svolgere indagini», non agiranno in alcun modo contro i coloni. «Vengono ora…dov’erano ieri (mercoledì), mentre ci bruciavano le case, le stalle, le automobili? Non sono intervenuti, fanno sempre così: guardano, e spesso aiutano i coloni», protesta Kamal, un agricoltore venuto a portare solidarietà ad Abu Kaid. Lo stesso pensano i 35 palestinesi feriti da lanci di sassi e bastonate – due dei quali sono stati portati in ospedale – mentre cercavano di fermare i coloni e spegnere gli incendi.

L’attacco non ha riguardato solo Deir Dibwan. Sono state prese di mira anche le auto palestinesi di passaggio sulla strada che dal villaggio porta alla superstrada vicina. I coloni hanno inoltre invaso il vicino Beitin, dove avrebbero tentato, senza successo, di incendiare diverse abitazioni.

I massacri quotidiani di civili palestinesi e la fame tengono i riflettori accesi su Gaza. L’attenzione sulla Cisgiordania, inevitabilmente, è ridotta. Ma in questa parte del territorio palestinese è in corso un’offensiva senza precedenti da parte dei settler israeliani, appoggiati in particolare dall’ultranazionalista religioso Bezalel Smotrich. Ministro delle finanze con competenze speciali per la Cisgiordania, Smotrich si considera il «ministro della colonizzazione». È sua – e del ministro della difesa, Israel Katz – l’iniziativa che ha portato all’approvazione, pochi giorni fa, da parte del governo Netanyahu, dei progetti per la costruzione di 22 nuovi insediamenti in Cisgiordania.

Smotrich, che è anche un aperto sostenitore della ricostruzione delle colonie a Gaza, è ora impegnato – l’ha scritto sul suo profilo su X – a promuovere leggi e provvedimenti a tutela dei coloni che potrebbero essere colpiti da sanzioni internazionali. L’amministrazione americana Biden, lo scorso anno, aveva adottato misure contro alcuni settler particolarmente violenti, poi revocate da Trump. Ora, in Israele, si temono sanzioni europee.

L’OFFENSIVA è incessante, quotidiana, e andrà avanti perché nessuno la ferma. Soprattutto, è funzionale al progetto non dichiarato di confinare i villaggi palestinesi in aree sempre più ristrette e di spingere le comunità più piccole, specie quelle beduine, ad abbandonare le loro terre sotto la pressione di minacce e intimidazioni continue. Due settimane fa, a poca distanza da Deir Dibwan, la popolazione di Maghayer Dir è stata costretta a evacuare. Ormai, tutti i centri abitati, piccoli e grandi, della Cisgiordania a est di Ramallah e Nablus, in particolare quelli che si affacciano sulla Valle del Giordano fino all’area di Masafer Yatta, a sud di Hebron, sono diventati un bersaglio.

Gli avamposti – di solito un paio di caravan e container portati a ridosso di uno o più villaggi palestinesi dai cosiddetti «giovani delle colline», ragazzi ebbri degli insegnamenti tossici dell’ultranazionalista religioso Yitzhak Ginzburg – si confermano la minaccia più insidiosa per le comunità palestinesi più esposte e isolate. Un portavoce della «Commissione palestinese per la resistenza al muro e alle colonie» (Cprmc) ci ha riferito che solo nel mese di maggio gli israeliani hanno tentato di stabilire 15 avamposti in Cisgiordania.

«Continuiamo a domandarci perché ci fanno tutto questo», ci dice Abu Kaid. «Siamo dei contadini, dei pastori, e viviamo da generazioni su queste terre. Abbiamo tutto il diritto di rimanerci. Sono loro che devono andare via e lasciarci vivere in pace», conclude prima di tornare a radunare il gregge.

(*) Da Il Manifesto, 6 giugno 2025.

 

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