Cari abitanti di Gaza: se non c’è farina,
allora mangiate sangue e bugie - Gideon Levy
La terribile accusa di
sangue, farina e bugie è impressa per sempre nella storia del popolo ebraico.
Ora la narrazione è capovolta, incentrata su sangue, farina e bugie di Israele.
Il sangue e la farina sono visibili in una fotografia di Gaza pubblicata questo
fine settimana: mostra un cadavere mutilato, ricoperto di farina mescolata al
sangue del corpo, in un’orribile pasta rosa. Il volto del defunto è coperto da
una giacca a brandelli; era uno delle decine di persone uccise nel centro di
distribuzione alimentare di Gaza, che le Forze di Difesa Israeliane hanno
trasformato in un’altra Zona di Morte.
Le bugie sul sangue e
sulla farina sono state diffuse dal Portavoce delle IDF e dai suoi asserviti
esecutori: la maggior parte dei corrispondenti militari israeliani.
Un’inchiesta di Haaretz, che ha stabilito, sulla base di filmati, testimonianze
oculari e modifiche alla versione dei fatti fornita dall’esercito, che le IDF
sono responsabili delle sparatorie che hanno ucciso decine di persone, nonché
un’inchiesta della CNN, hanno confutato queste bugie, una per una. Ci
ritroviamo, quindi, con sangue, farina e bugie. Non possiamo tacere.
Domenica scorsa,
decine di persone sono state uccise a colpi d’arma da fuoco mentre si trovavano
in fila per ricevere aiuti alimentari. Il Portavoce dell’IDF ha affermato che
l’incidente mortale “semplicemente non è accaduto!”. Che sia accaduto o no,
almeno 35 persone sono state uccise e 170 ferite in una fila piena di
disperazione.
Al mattino, l’IDF ha
cercato di affermare che le sue forze non avevano sparato contro i civili
vicino o all’interno del centro di soccorso, ma in serata ha ammesso che i
soldati avevano sparato “colpi di avvertimento” a circa un chilometro dal
centro di soccorso e che “non c’è alcun collegamento con le vittime nella
zona”.
Le menzogne sono
diventate un insulto all’intelligenza. Il luogo in cui le persone sono state
uccise si trovava all’interno di quella che è stata definita l’area del
complesso. La Fondazione che gestisce la struttura si è unita all’insabbiamento:
“Questi resoconti falsi sono stati attivamente fomentati da Hamas”.
Chiunque abbia seguito
gli eventi a Gaza in buona fede ha saputo fin dall’inizio che sono stati i
soldati a Massacrare i civili affamati, a meno che questi ultimi non si siano
suicidati in massa.
Dall’uccisione della
giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh in Cisgiordania nel 2022,
passando per l’uccisione di 15 paramedici a Rafah a marzo, e fino a questo
Massacro, è già chiaro che le dichiarazioni del Portavoce delle IDF devono
essere considerate false fino a prova contraria. Un evento raro.
Quando si tratta di
Crimini di Guerra, la probabilità di sentire una parola di verità dalle IDF,
soprattutto nelle ore immediatamente successive all’incidente, quando è ancora
possibile diffondere menzogne, è trascurabile o addirittura inesistente.
Israele e i suoi media non sono particolarmente turbati da questo; dopotutto,
tutti vogliono vivere nella piacevole e avvincente menzogna della moralità
militare.
Ma questa volta non ha
funzionato. L’inchiesta di Jeremy Diamond e dei suoi colleghi è stata un duro
colpo alle menzogne dell’esercito e dei media in Israele. Nir Dvori, un nome
ordinario israeliano per un ordinario giornalista israeliano, deve imparare le
basi del giornalismo da Diamond. Almeno frequentare una lezione introduttiva,
così può iniziare a comprendere il suo ruolo di giornalista.
Anche Ilana Dayan
potrebbe imparare un capitolo sulle indagini da Diamond: il giornalismo
investigativo non consiste solo nel strappare emozioni sdolcinate, patriottiche
e militaristiche al pubblico, soprattutto in tempo di guerra. Non una sola
inchiesta del tipo di quella condotta dalla CNN è mai stata trasmessa sulla
televisione israeliana.
Diamond ha portato 17
testimonianze oculari, l’esame balistico delle munizioni trovate nei corpi dei
cadaveri e l’analisi dei suoni degli spari, tutti a dimostrazione del fatto che
la fonte degli spari erano mitragliatrici in dotazione esclusivamente alle IDF.
Testimoni oculari hanno riferito di essere stati colpiti da carri armati,
elicotteri, droni e dal mare. Nemmeno la più “deviata” immaginazione avrebbe
potuto attribuire questo Massacro a qualcuno che non fosse l’IDF. Ma le IDF
hanno ignorato le espressioni di condanna che, in ogni caso, si sentivano solo
all’estero e hanno continuato a Massacrare gli affamati.
Ameen Khalifa, che
domenica strisciava sulla sabbia, terrorizzato dagli spari, e aveva dichiarato
alla CNN: “Stiamo portando il nostro cibo, intriso di sangue, stiamo morendo
dalla voglia di procurarcelo”, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco martedì,
due giorni dopo. Aveva trent’anni ed era allo stremo dalla fame quando è morto.
Questa volta, l’esercito ha inventato una nuova menzogna: i soldati si
sentivano minacciati.
La distribuzione di cibo, che si era trasformata in distribuzione di sangue, è
stata sospesa per alcuni giorni.
Se non c’è farina,
allora mangiate sangue, cari abitanti di Gaza, sangue, farina e bugie.
(*) Tratto da Haaretz, 8 giugno 2025. Traduzione: La Zona Grigia.
Israele arma gli jihadisti. Bibi: «Che
male c’è?» - Eliana
Riva
Terra rimossa Il premier conferma le accuse
sul sostegno a gang filo-Isis nella Striscia. Ancora bombe sugli ospedali,
ancora giornalisti uccisi.
Israele sta armando a
Gaza una milizia locale formata da criminali e jihadisti filo-Isis.
Lo ha dichiarato ieri l’ex ministro della difesa Avigdor Lieberman durante
un’intervista alla radio pubblica Kan Bet.
Cento, forse duecento uomini guidati da Yasser Abu Shabab con lo scopo di
indebolire Hamas.
«Israele ha dato
fucili d’assalto e armi leggere alle famiglie criminali a Gaza per ordine di
Netanyahu – ha dichiarato Lieberman – Dubito che sia passato attraverso il
gabinetto di sicurezza. Nessuno può garantire che queste armi alla fine non
saranno rivolte contro Israele». Secondo l’ex ministro e leader del partito
Yisrael Beiteinu (ultranazionalista laico), Netanyahu sta usando le milizie per
indebolire Hamas, proprio come Hamas è stata potenziata in funzione anti
Autorità palestinese. Quds News riporta che Abu Shabab è noto a Gaza per la sua
vicinanza a gruppi estremisti e per attività criminali, tra cui lo spaccio di
stupefacenti. È considerato un collaborazionista di Israele.
LE SUE MILIZIE hanno ammesso di
aver saccheggiato aiuti alimentari delle Nazioni unite e operano in una zona
sotto il diretto controllo dell’esercito israeliano. In alcuni video pubblicati
da Abu Shabab, si vedono i suoi uomini allestire un campo di tende e scaricarvi
pacchi di cibo. Il quotidiano israeliano Haaretz ha identificato la posizione
grazie alle immagini satellitari fornite da Planet Labs. Sedici tende sono in
costruzione a est di Rafah, tra il corridoio Filadelfia e l’asse Morag, solo a
cinque km a nord dal valico di Kerem Shalom. Le truppe israeliane occupano l’intera
fascia. Video diffusi nelle scorse settimane mostrano le milizie che
ispezionano ambulanze della Croce rossa e convogli Onu. Netanyahu ha ammesso
tutto: «Abbiamo gestito clan che si oppongono ad Hamas. Cosa c’è di sbagliato?»
Ogni mezzo è considerato lecito per Israele. Anche affamare un’intera
popolazione o bombardare tende e ospedali.
IERI PER L’OTTAVA
VOLTA dal 7 ottobre 2023, l’esercito ha attaccato l’ospedale Battista
Al-Ahli di Gaza City. Tre palestinesi uccisi, Suleiman Hajjaj, Ismail Badah e
Samir Al-Rifai, tutti giornalisti. Un quarto è grave e decine di persone sono
rimaste ferite. Il direttore ha dichiarato che il personale sanitario ha deciso
di non sospendere le sue attività: «Non abbiamo altra scelta – ha detto ad
Al-Jazeera – Siamo l’unico ospedale nella parte nord». La mamma di Suleiman ha
raccontato disperata che non hanno avuto il coraggio, all’inizio, di dirle che
era stato ucciso: «È stata una persona gentile e buona per tutta la sua vita.
Mio figlio è un giornalista e io sono fiera di lui».
L’esercito, come
sempre, ha dichiarato di aver colpito un «centro operativo» e di aver ucciso un
membro della Jihad islamica, senza specificarne il nome. Gli attacchi
israeliani hanno ammazzato 70 persone in 24 ore e ne hanno ferite 189.
I bombardamenti sono
diventati più numerosi negli ultimi giorni e tutto accade mentre il blocco di
aiuti umanitari continua ad aggravare la fame. La mancanza di acqua e l’arrivo
del caldo rendono estremamente pericolosa la situazione sanitaria e senza
medicine anche le malattie più comuni non possono essere curate.
CONTARE IL NUMERO dei morti
diventa a volte impossibile: la protezione civile ha pochi mezzi e senza
carburante i feriti e i corpi non possono essere recuperati. Rimangono per la
strada o sotto le macerie. Quei pochi camion gestiti dalla fondazione
israelo-americana che controlla l’ingresso degli aiuti, sono stati bloccati per
due giorni. Ieri mattina la Ghf (Gaza Humanitarian Foundation) ha annunciato
che avrebbe tenuto i cancelli chiusi anche giovedì, ufficialmente per ragioni
di «manutenzione e riparazione». L’esercito ha intimato alla popolazione di non
avvicinarsi alle strutture, considerate zona militare.
Inaspettatamente, in
serata, la stessa fondazione ha poi dichiarato di aver addirittura distribuito
1,4 milioni di pasti «senza incidenti». In un’inchiesta, la Cnn ha analizzato
filmati e testimonianze relativi alle stragi dei palestinesi intorno ai centri
di distribuzione della Ghf. L’emittente ha concluso che il suono degli spari,
come i proiettili recuperati sulla scena, sono compatibili con le armi in
dotazione all’esercito israeliano. Anche la geolocalizzazione dei video
conferma le dichiarazioni dei testimoni, che hanno accusato i militari di aver
sparato sulla folla. Stati uniti e Israele continuano a difendere il lavoro
della Ghf e la salda unione di intenti tra Washington e Tel Aviv è stata
riconfermata durante il voto al Consiglio di sicurezza Onu di mercoledì: gli
Usa hanno posto il veto sulla risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco
immediato.
Da Il Manifesto, 6 giugno 2025.
Coloni israeliani senza freni, attaccato
Deir Dibwan: 35 feriti - Michele Giorgio
«I coloni sono
arrivati prima del tramonto, intorno alle sei. Erano decine, correvano da tutte
le parti e davano fuoco a tutto ciò che avevano davanti: case, baracche, auto,
stalle, macchinari, tutto. Abbiamo avuto solo il tempo di scappare». Mansour
Abu Kaid ha ancora la paura dipinta sul volto mentre ci racconta l’assalto
subito alla sua fattoria, la «Abu Shahada» di Deir Dibwan, da almeno quaranta
israeliani, in prevalenza giovani giunti dagli avamposti coloniali sorti come
funghi sulle collinette circostanti. «A un certo punto ho pensato: ecco, è
finita, non ne uscirò vivo. L’unica cosa che desideravo in quei momenti era
salvare mia moglie e il resto della mia famiglia. Per fortuna le pecore e gli
altri animali sono scappati quando (i coloni) hanno bruciato le stalle. Ora sto
provando a ritrovarli», aggiunge Abu Kaid.
L’uomo, visibilmente
provato, va a sedersi su ciò che resta di un serbatoio dell’acqua. Intorno a
lui ci sono solo detriti, tubi anneriti dalle fiamme, lamiere contorte e pezzi
di tende e teloni risparmiati dal fuoco. «Sono nel loro mirino da tempo –
prosegue – non è il primo attacco che subisco. Dicono che mi spingo con il
gregge vicino ai loro avamposti, ma questi sono i nostri terreni, questa è
terra palestinese, sono loro gli intrusi».
ABU KAID CALCOLA in almeno
100mila shekel (circa 25mila euro) i danni subiti. Sa che nessuno, a cominciare
dall’Autorità nazionale palestinese (Anp), lo risarcirà per ciò che ha perduto.
E sa anche che i soldati israeliani che, poco prima del nostro arrivo, sono
giunti alla fattoria per «svolgere indagini», non agiranno in alcun modo contro
i coloni. «Vengono ora…dov’erano ieri (mercoledì), mentre ci bruciavano le
case, le stalle, le automobili? Non sono intervenuti, fanno sempre così:
guardano, e spesso aiutano i coloni», protesta Kamal, un agricoltore venuto a
portare solidarietà ad Abu Kaid. Lo stesso pensano i 35 palestinesi feriti da
lanci di sassi e bastonate – due dei quali sono stati portati in ospedale –
mentre cercavano di fermare i coloni e spegnere gli incendi.
L’attacco non ha
riguardato solo Deir Dibwan. Sono state prese di mira anche le auto palestinesi
di passaggio sulla strada che dal villaggio porta alla superstrada vicina. I
coloni hanno inoltre invaso il vicino Beitin, dove avrebbero tentato, senza
successo, di incendiare diverse abitazioni.
I massacri quotidiani
di civili palestinesi e la fame tengono i riflettori accesi su Gaza.
L’attenzione sulla Cisgiordania, inevitabilmente, è ridotta. Ma in questa parte
del territorio palestinese è in corso un’offensiva senza precedenti da parte
dei settler israeliani, appoggiati in particolare dall’ultranazionalista
religioso Bezalel Smotrich. Ministro delle finanze con competenze speciali per
la Cisgiordania, Smotrich si considera il «ministro della colonizzazione». È
sua – e del ministro della difesa, Israel Katz – l’iniziativa che ha portato
all’approvazione, pochi giorni fa, da parte del governo Netanyahu, dei progetti
per la costruzione di 22 nuovi insediamenti in Cisgiordania.
Smotrich, che è anche
un aperto sostenitore della ricostruzione delle colonie a Gaza, è ora impegnato
– l’ha scritto sul suo profilo su X – a promuovere leggi e provvedimenti a
tutela dei coloni che potrebbero essere colpiti da sanzioni internazionali.
L’amministrazione americana Biden, lo scorso anno, aveva adottato misure contro
alcuni settler particolarmente violenti, poi revocate da Trump. Ora, in
Israele, si temono sanzioni europee.
L’OFFENSIVA è incessante,
quotidiana, e andrà avanti perché nessuno la ferma. Soprattutto, è funzionale
al progetto non dichiarato di confinare i villaggi palestinesi in aree sempre
più ristrette e di spingere le comunità più piccole, specie quelle beduine, ad
abbandonare le loro terre sotto la pressione di minacce e intimidazioni
continue. Due settimane fa, a poca distanza da Deir Dibwan, la popolazione di
Maghayer Dir è stata costretta a evacuare. Ormai, tutti i centri abitati,
piccoli e grandi, della Cisgiordania a est di Ramallah e Nablus, in particolare
quelli che si affacciano sulla Valle del Giordano fino all’area di Masafer
Yatta, a sud di Hebron, sono diventati un bersaglio.
Gli avamposti – di
solito un paio di caravan e container portati a ridosso di uno o più villaggi
palestinesi dai cosiddetti «giovani delle colline», ragazzi ebbri degli
insegnamenti tossici dell’ultranazionalista religioso Yitzhak Ginzburg – si
confermano la minaccia più insidiosa per le comunità palestinesi più esposte e
isolate. Un portavoce della «Commissione palestinese per la resistenza al muro
e alle colonie» (Cprmc) ci ha riferito che solo nel mese di maggio gli
israeliani hanno tentato di stabilire 15 avamposti in Cisgiordania.
«Continuiamo a
domandarci perché ci fanno tutto questo», ci dice Abu Kaid. «Siamo dei
contadini, dei pastori, e viviamo da generazioni su queste terre. Abbiamo tutto
il diritto di rimanerci. Sono loro che devono andare via e lasciarci vivere in
pace», conclude prima di tornare a radunare il gregge.
(*) Da Il Manifesto, 6 giugno 2025.
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