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Alla fiera della vanità di Trump padrone del mondo, si scopre la Nato
vassalla Usa. L’obbligo di spendere in armamenti il 5% del Pil è presentato
come inevitabile. Zelensky esulta, più armi per tutti significano più forniture
a Kiev. Il segretario Nato senza ritegno: «Raggiungerai qualcosa che nessun
presidente americano è riuscito a fare. L’Europa pagherà in modo massiccio,
come dovrebbe, e sarà una tua vittoria».
Oltre al danno la beffa
Povera Europa! In mano a un pugno di mezze figure travestite da
statisti, che si piegano indegnamente, dopo qualche birignao, ai decreti del
Sovrano. Dunque, tutti (tranne la Spagna) si sono impegnati ad arrivare ad una
spesa del 5 per cento del Pil per la difesa, entro il 2035. La motivazione?
“Sicurezza nazionale”. Cioè, detto meno burocraticamente: la Russia (che sta in
piedi per scommessa, dopo tre logoranti e sanguinosissimi anni di guerra) ci
potrebbe attaccare “prossimamente”. Quando? Non si sa. Ma a Bruxelles e nei
grandi circoli industriali (quelli che fanno soldi a palate) garantiscono. Una
“palla” di quelle stratosferiche, perché il teatrino della politica
internazionale non sa nemmeno coordinarsi. Così, mentre ieri in Olanda si metteva
mano al portafogli dei cittadini per frenare Vladimir il Terribile, a
Washington, davanti al Senato Usa, il generale Alexis Grynkewich, che diventerà
comandante in capo delle truppe Usa in Europa, diceva: “Penso che l’Ucraina
possa vincere”. E la Russia perdere, è ovvio. E l’invasione dell’Europa? E la
montagna di sofisticatissime armi che costruiremo, ne faremo un bel falò? O,
peggio, come è fatto in passato, qualcuno alimenterà un indegno commercio verso
il Terzo mondo?
Non ha fatto mancare il suo parere nemmeno Zelensky (notoriamente
catastrofista), che però questa volta ha detto che “ci vorranno almeno cinque
anni prima che Putin invada l’Europa”.
Come la bomba atomica iraniana
Bah! Sembra
un po’ tutto come la bomba atomica iraniana, che per i Servizi segreti
americani “non è un rischio immediato”, mentre per il Mossad israeliano “è
quasi pronta”. Lo vanno dicendo da 13 anni, quando Netanyahu si presentò
persino con i progetti all’Onu, per dimostrare l’urgenza di un intervento. Era
il 2012. Premesso questo, cioè che Putin vuole invadere l’Europa (per chi ci
crede), scatta il “pronto soccorso”. Un gigantesco apparato di difesa, composto
da Paesi che, con la Nato, già spendono per missili e bombarde almeno 15 volte
più della Russia (dati SIPRI, Stoccolma). Ma non è finita. Perché a questa
spesa va aggiunta quella che potrebbe fare l’Unione Europea, già “benedetta”
dalla Von der Leyen. In cambio, dopo un simile esborso dovremmo avere la tanto
agognata “sicurezza”. Cioè, per capirci, il Settimo cavalleggeri di Custer, che
arriva strombazzando, al passo del Tarvisio, non appena le prime orde siberiane
di Putin si saranno riversate sul sacro suolo patrio. Beh, scordatevelo. Perché
con Trump non si sa mai.
Il ‘soccorso’ americano letto da
Trump
Ecco cosa
scrive il Guardian: “Il Presidente afferma che l’impegno degli Stati Uniti nei
confronti dell’articolo 5 della Nato “dipende dalla definizione”. Stiamo
parlando della famosa clausola che impegna i membri alla difesa collettiva, se
uno dei componenti dovesse essere attaccato. “Durante il suo viaggio verso i
Paesi Bassi – chiarisce il giornale inglese – Donald Trump ha creato
qualche incertezza sul rispetto da parte degli Stati Uniti delle garanzie
di difesa reciproca delineate nel trattato della Nato, ha riferito
l’Associated Press, in vaghi commenti fatti a bordo dell’Air Force One.
‘Dipende dalla definizione’, ha detto Trump ai giornalisti martedì, mentre
si dirigeva all’Aia, dove si tiene il vertice di quest’anno. ‘Ci sono numerose
definizioni dell’Articolo Cinque, lo sapete, vero? Ma mi impegno a essere
loro amico’. L’AP ha aggiunto che, quando gli è stato chiesto in seguito di
chiarire, Trump ha affermato di essere ‘impegnato a salvare vite’ e ‘impegnato
per la vita e la sicurezza’, ma non ha fornito ulteriori dettagli”.
Inquietante. Non è una dotta precisazione di scienza diplomatica, quella di
Trump, statene certi. No, è una minaccia di sguincio, di quelle mutuate dal
linguaggio del racket: se paghi (il 5 per cento) avrai la mia “protezione”. E
se no, sono cavoli tuoi.
Chissà come avrebbe definito questo approccio, qualche raffinato esteta
della vecchia cultura atlantista. Fatto sta che, messa così, a noi sembra tutta
una truffa. Anzi, una triste storia, ancora da scrivere. Anche perché ci vuole
poco a “impegnarsi” e molto a “mantenere”.
Servilismo senza misura
È stato reso
pubblico un messaggio di Mark Rutte, il Segretario generale della Nato, inviato
a Trump: “L’Europa pagherà il suo contributo in modo consistente, come è giusto
che sia, e sarà una tua vittoria. Otterrai qualcosa che nessun altro Presidente
americano è riuscito a fare in decenni. Non è stato facile, ma siamo riusciti a
far sì che tutti si impegnino a raggiungere il 5%”. Servile e falso, perché la
Spagna si è già tirata fuori, la Svezia ha messo le mani avanti e molti altri
calano la testa (per ora) per non ricevere bacchettate sulle mani dal ruvido
maestro. C’è addirittura chi si vanta, con un “excusatio non petita”, come il
Cancelliere tedesco Friedrich Merz. “Non investiamo nella Nato per fare un
piacere al Presidente degli Usa – ha detto parlando al Bundestag – ma lo
facciamo perché abbiamo ragioni per temere che la Russia voglia andare oltre la
guerra in Ucraina. Dobbiamo essere insieme così forti che nessuno abbia
l’ardire di attaccare la Nato. E in questa situazione la Germania deve assumere
responsabilità ed è quello che facciamo”. Come polli in batteria, tutti gli
altri leader europei, arrampicandosi pateticamente sugli specchi, hanno
ripetuto la stessa litania monocorde: il pericolo dell’uomo nero (Putin) e noi
che ci attrezziamo per fargli la festa, con gli interessi. Certo, i piaceri
costano. Quindi, la soddisfazione di fare la parte dei Supereroi Marvel, ci
dovrà fare stringere i cordoni della borsa. Chi paga? Gli strati più deboli
della società, è chiaro.
Militarismo contro spesa sociale
“L’Europa
rischia di scegliere il militarismo a discapito della sicurezza sociale e
ambientale – hanno avvertito gli analisti della NEF, la New Economic Foundation
– dopo che il capo della Nato ha affermato che tutti i 32 membri hanno
concordato di aumentare la spesa per gli armamenti. L’obiettivo del 5% del Pil
richiederebbe ai soli membri dell’UE della Nato di aumentare la spesa di 613
miliardi di euro l’anno, una somma notevolmente superiore – sottolinea il
report – al deficit annuale nel raggiungimento degli obiettivi verdi e sociali
dell’Unione, stimato tra i 375 e i 526 miliardi di euro. Quindi – è la
conclusione – aumentare i bilanci militari contemporaneamente al taglio della
spesa verde e sociale rischia di alimentare una reazione negativa da parte
dell’opinione pubblica, aggravando le disuguaglianze ed erodendo la fiducia
nelle istituzioni democratiche. Chiedere ai cittadini di stringere la cinghia,
mentre i bilanci della difesa e i profitti degli investitori in armamenti
aumentano, mina la stessa resilienza sociale da cui dipende la sicurezza”.
Sicurezza sociale ‘contro la Russia’
Dunque, è tutto chiaro. Ci giochiamo una “sicurezza” sociale immediata
(sanità, ambiente, previdenza, istruzione) e la barattiamo con una “sicurezza”
futura contro una minaccia (la Russia) che appare artificiosamente ingigantita.
E, soprattutto, illogicamente contrastata. Perché basterebbe solo reindirizzare
la somma complessiva per la difesa già spesa per la Nato. Se già spendiamo 15
volte in più di Mosca, cosa abbiamo costruito finora? Uno stipendificio?
Guardate i numeri: tra l’Alleanza atlantica e la Russia non c’è partita. E
allora?
L’equazione è semplice, non bisogna essere geni di politologia per chiedere
che se volete il riarmo fino al 5 per cento del Pil, dovete metterci la faccia.
Presentatevi poi davanti agli elettori, quando sarà, certo. Ma state tranquilli
che la gente ha la memoria lunga e la sensibilità ormai affinata, per
comprendere quando un progetto politico fa acqua da tutte le parti.
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