Nel centenario del “Manifesto degli intellettuali antifascisti” del 1925, oltre 400 accademici di oltre 30 paesi hanno firmato un nuovo testo che intende promuovere una mobilitazione accademica internazionale contro le crescenti minacce autoritarie rivolte all’università e ai principi fondamentali delle democrazie liberali.
Il 1° maggio 1925, con Mussolini già al potere, un
gruppo di intellettuali italiani denunciò pubblicamente il regime fascista in
una lettera aperta. I firmatari — scienziati, filosofi, scrittori e artisti —
presero posizione a difesa dei principi fondamentali di una società libera: lo
stato di diritto, la libertà personale e l’indipendenza del pensiero, della
cultura, dell’arte e della scienza. La loro aperta sfida all’imposizione
brutale dell’ideologia fascista — a rischio della propria incolumità — dimostrò
che l’opposizione non solo era possibile, ma necessaria. Oggi, cento anni dopo,
la minaccia del fascismo è tornata — ed è nostro dovere richiamare quel
coraggio e sfidarla nuovamente.
Il fascismo nacque in Italia un secolo fa,
segnando l’inizio delle dittature moderne. Nel giro di pochi anni si diffuse in
tutta Europa e nel mondo, assumendo nomi diversi ma mantenendo forme simili.
Ovunque prese il potere, smantellò la separazione dei
poteri in favore di un modello autocratico, represse l’opposizione con la
violenza, si impadronì della stampa, fermò il progresso dei diritti delle donne
e soffocò le mobilitazioni operaie e le loro richieste di giustizia sociale ed
economica. Inevitabilmente, penetrò e distorse tutte le istituzioni dedicate
alle attività scientifiche, accademiche e culturali. Il suo culto della morte
esaltò l’aggressione imperialista e il razzismo genocida, scatenando la Seconda
guerra mondiale, l’Olocausto, la morte di decine di milioni di persone e crimini
contro l’umanità.
Allo stesso tempo, la resistenza al fascismo e alle
sue molte varianti ideologiche divenne terreno fertile per immaginare modi
alternativi di organizzare la società e le relazioni internazionali. Il mondo
emerso dalla Seconda guerra mondiale — con la Carta delle Nazioni unite, la
Dichiarazione universale dei diritti umani, le basi teoriche dell’Unione
europea e gli argomenti giuridici contro il colonialismo — rimase segnato da
profonde disuguaglianze.
Tuttavia, rappresentò un tentativo decisivo di
costruire un ordine giuridico internazionale: un’aspirazione a una democrazia e
una pace globali, fondate sulla protezione dei diritti umani universali, non
solo civili e politici, ma anche economici, sociali e culturali.
Il fascismo non è mai scomparso, ma per un certo
periodo è stato contenuto. Tuttavia, negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a
una nuova ondata di movimenti di estrema destra, spesso con tratti
inconfondibilmente fascisti: attacchi alle norme e alle istituzioni
democratiche, nazionalismo intriso di retorica razzista, pulsioni autoritarie e
aggressioni sistematiche ai diritti di coloro che non si conformano a
un’autorità tradizionale costruita artificialmente, radicata in una presunta
normatività religiosa, sessuale e di genere.
Questi movimenti sono riemersi in tutto il mondo,
comprese le democrazie più consolidate, dove il malcontento diffuso per
l’incapacità della classe politica di affrontare le crescenti disuguaglianze e
l’esclusione sociale è stato sfruttato dalle nuove figure autoritarie.
Fedele al vecchio copione fascista, sotto la maschera
di un mandato popolare illimitato, queste figure minano lo stato di diritto
nazionale e internazionale, colpendo l’indipendenza della magistratura, della
stampa, delle istituzioni culturali, dell’istruzione superiore e della scienza;
arrivando persino a tentare la distruzione dei dati essenziali alla ricerca
scientifica.
Fabbricano “fatti alternativi” e inventano “nemici
interni”; strumentalizzano le preoccupazioni per la sicurezza per consolidare
il proprio potere e quello dell’1 per cento ultra-ricco, offrendo
privilegi in cambio di lealtà.
Questo processo sta ora accelerando: il dissenso viene
sempre più spesso represso attraverso detenzioni arbitrarie, minacce di
violenza, deportazioni e una campagna incessante di disinformazione e
propaganda, condotta con il supporto dei baroni dei media tradizionali e dei
social media — alcuni complici per inerzia, altri promotori entusiasti di
visioni tecno-fasciste.
Le democrazie non sono perfette: sono vulnerabili alla
disinformazione e non ancora sufficientemente inclusive. Tuttavia, per loro
natura, offrono un terreno fertile per il progresso intellettuale e culturale,
e quindi hanno sempre il potenziale per migliorare. Nelle società democratiche,
i diritti e le libertà possono espandersi, le arti prosperano, le scoperte
scientifiche si moltiplicano e la conoscenza cresce.
Offrono la libertà di mettere in discussione le idee e
sfidare le strutture di potere, di proporre nuove teorie anche quando culturalmente
scomode — un elemento essenziale per l’avanzamento dell’umanità.
Le istituzioni democratiche offrono il miglior quadro
possibile per affrontare le ingiustizie sociali e la migliore speranza di
realizzare le promesse del dopoguerra: il diritto al lavoro, all’istruzione,
alla salute, alla sicurezza sociale, alla partecipazione alla vita culturale e
scientifica, e il diritto collettivo dei popoli allo sviluppo,
all’autodeterminazione e alla pace. Senza tutto ciò, l’umanità va incontro alla
stagnazione, all’aumento delle disuguaglianze, all’ingiustizia e alla
catastrofe, a cominciare dalla minaccia esistenziale rappresentata dalla crisi
climatica, che i nuovi fascismi si ostinano a negare.
Nel nostro mondo iperconnesso, la democrazia non può
esistere in isolamento. Come le democrazie nazionali hanno bisogno di
istituzioni forti, così la cooperazione internazionale richiede l’attuazione
effettiva dei principi democratici, del multilateralismo per regolare i
rapporti tra le nazioni, e di processi partecipativi multi-livello per
coinvolgere una società sana.
Lo stato di diritto deve estendersi oltre i confini,
garantendo il rispetto dei trattati internazionali, delle convenzioni sui
diritti umani e degli accordi di pace. Sebbene l’attuale governance globale e
le istituzioni internazionali necessitino di miglioramenti, la loro erosione in
favore di un mondo governato dalla forza bruta, dalla logica transazionale e
dalla potenza militare rappresenta un ritorno a un’epoca di colonialismo,
sofferenza e distruzione.
Come nel 1925, noi scienziati, filosofi, scrittori,
artisti e cittadini del mondo abbiamo la responsabilità di denunciare e
resistere alla rinascita del fascismo in tutte le sue forme. Facciamo appello a
tutti coloro che credono nella democrazia affinché agiscano:
Difendiamo insieme le istituzioni democratiche,
culturali ed educative. Denunciamo gli abusi dei principi democratici e dei
diritti umani. Rifiutiamo l’obbedienza preventiva.
Agiamo collettivamente, a livello locale e
internazionale. Boicottiamo, scioperiamo, resistiamo. Rendiamo la resistenza
impossibile da ignorare e troppo costosa da reprimere.
Sosteniamo i fatti e le evidenze scientifiche.
Coltiviamo il pensiero critico e costruiamo legami attivi con le nostre
comunità.
La resistenza all’autoritarismo è un impegno
permanente. Facciamo in modo che le nostre voci, il nostro lavoro e i nostri
principi siano un baluardo contro l’autoritarismo e che questo messaggio sia
una rinnovata dichiarazione di sfida.
La lettera si può firmare a questo link. Il testo è firmato da 400
accademici di oltre 30 Paesi, tra cui 30 Premi Nobel e centinaia delle voci più
autorevoli nelle scienze politiche, nella storia, nella filosofia e nelle
scienze naturali. Tra i firmatari figurano decine di vincitori dei più
prestigiosi riconoscimenti accademici al mondo, tra cui: Medaglia Boltzmann,
Brain Prize, Premio Pulitzer, Premio Johan Skytte, Borsa MacArthur, Premio
Holberg ed altri
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