I debitori non sono cittadini di serie B. Oggi
esistono leggi, strumenti e percorsi per affrontare queste situazioni senza
vergogna: ecco quali
In un Paese
dove la narrazione dominante è quella del debitore sempre
colpevole e del creditore sempre nel giusto, c’è una
rivoluzione silenziosa che pochi conoscono ma che può cambiare il destino di
migliaia di persone sopraffatte dai debiti. Il Decreto Legislativo 116 del
2024, entrato in vigore il 30 luglio dell’anno scorso, rappresenta una
svolta epocale nella gestione dei crediti deteriorati. Una
norma che recepisce la Direttiva Europea 2021/2167 e che
modifica profondamente il Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/1993), imponendo un
cambio di paradigma: chi gestisce i crediti deteriorati (NPL) non potrà più
agire con la sola logica del recupero a tutti i costi, ma dovrà tenere conto
della storia, delle fragilità e delle possibilità di chi si trova inadempiente.
La legge
obbliga infatti i servicer a comprendere le cause dell’inadempimento, a
proporre soluzioni personalizzate e a prestare particolare
attenzione alle situazioni di vulnerabilità, come la perdita del lavoro o
problemi di salute. Prevede strumenti concreti come la sospensione delle rate,
la riduzione degli interessi, la rinegoziazione del debito, l’estensione delle
scadenze e persino la remissione parziale del credito. Tutto questo
oggi è legge, ma è come se non esistesse: ignorata dai media, taciuta dalle
banche, disattesa da troppi operatori del settore.
Eppure
questa norma non è l’unico scudo a disposizione dei debitori vessati.
Già dal 2012, con l’entrata in vigore della cosiddetta “legge salva suicidi”, è
possibile accedere a percorsi giudiziali che permettono la ristrutturazione dei
debiti, l’accordo con i creditori o, nei casi più gravi, la liquidazione
controllata dei beni con possibilità di ripartire da zero. La legge 3 del 2012,
confluita nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, è stata concepita
per ridare respiro a consumatori, piccoli imprenditori e professionisti
schiacciati da un sovraindebitamento senza vie d’uscita. Non si tratta di eludere
le proprie responsabilità, ma di affrontarle in modo dignitoso, con il supporto
del giudice e secondo criteri di equità e sostenibilità.
A tutto
questo si aggiungono i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico
che pongono limiti al potere dei creditori. Nessun debitore
può essere umiliato o privato della possibilità di condurre una vita decorosa.
La legge tutela alcuni beni ritenuti essenziali, impedisce pignoramenti totali
e proibisce ai soggetti che si occupano del recupero crediti di adottare
comportamenti aggressivi, intimidatori o lesivi della privacy. Contattare il
debitore in orari inadeguati, esercitare pressioni continue o minacciare
conseguenze infondate non è solo inaccettabile, ma può configurare una
violazione perseguibile anche dinanzi all’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato.
Proprio
l’AGCM, negli ultimi anni, ha acceso i riflettori su un altro aspetto
troppo spesso trascurato: quello dei professionisti che,
promettendo di “difendere i debitori”, finiscono per aggravarne le condizioni.
Sono stati numerosi i casi di sanzioni inflitte a soggetti che
offrivano servizi di mediazione o assistenza giuridica diffondendo messaggi
ingannevoli o omettendo informazioni fondamentali. Per questo è
cruciale, nel momento in cui si cerca aiuto, affidarsi solo a professionisti
seri e qualificati.
I debitori
non sono cittadini di serie B. La crisi economica, l’instabilità lavorativa, la
fragilità familiare o sanitaria sono condizioni che possono colpire chiunque.
Oggi esistono leggi, strumenti e percorsi per affrontare queste situazioni
senza vergogna e senza dover cedere all’arroganza di chi specula sulla
disperazione. È ora che queste tutele vengano conosciute, applicate e difese. È
ora che si dica chiaramente che difendersi è possibile.
Nessun commento:
Posta un commento