Con il decreto-Salvini, il presunto
governo “anti-sistema” dimostra di servire fedelmente gli interessi della
classe dominante (del sistema). Il decreto prevede infatti:
1.
Abolizione del permesso per protezione umanitaria. Questo
permesso, estendibile da 6 mesi a 2 anni, tutelava persone fuggite da paesi
martoriati da guerre, disastri naturali o persecuzioni politiche. Al suo posto
viene introdotto un permesso per “casi speciali”, così eccezionali da poter
essere contati sulle dita di una mano. Per esempio, potrà essere concesso alle
vittime di “grave sfruttamento lavorativo” … ma in un paese come l’Italia in
cui il super-sfruttamento del lavoro degli immigrati è la norma, chi mai potrà
ottenerlo?
2.
Estensione e indurimento delle misure restrittive
contro richiedenti asilo e immigrati. Richiedenti asilo e immigrati in attesa di
rimpatrio potranno essere trattenuti nei Cpr per 180 giorni, anziché 90. Sarà
ancor più facile negare o revocare lo status di rifugiato o di titolare di
protezione internazionale. Ai richiedenti asilo è vietato iscriversi
all’anagrafe dei comuni e chiedere la residenza. Può essere negato l’accesso
alla cittadinanza anche ai coniugi di italiani, e si introduce la revoca della
cittadinanza per i reati di “terrorismo”.
3.
Svuotamento degli SPRAR – le sole
strutture che talvolta fanno qualcosa per l’integrazione lavorativa degli
immigrati – e potenziamento delle strutture di reclusione amministrativa (Cpr,
Cas, Hotspot): proprio i luoghi in cui gli abusi delle “forze dell’ordine” non
si contano, i diritti più elementari vengono calpestati, le truffe e le
irregolarità contabili sono quasi la regola.
4.
Reintroduzione del reato di blocco stradale, che era
stato depenalizzato, con pene da 1 a 6 anni. Inoltre, inasprimento
delle pene per gli occupanti di case, con la reclusione fino a 4 anni e
multe fino ad oltre 2.000 euro – pene raddoppiate rispetto a quelle previste
dal codice fascista Rocco, con la possibilità per i giudici di ricorrere alle
intercettazioni telefoniche. Infine, ulteriore militarizzazione dei
vigili urbani con la dotazione di pistole taser, armi “non letali” che però
uccidono, ed estensione dei DASPO urbani.
5.
Liberalizzazione della vendita dei beni sequestrati ai
mafiosi. Prima
era solo a favore di enti pubblici, associazioni di categoria e fondazioni
bancarie; ora viene allargata a tutti i privati purché
non siano direttamente legati ai vecchi proprietari mafiosi. In un paese in cui
le mafie sono così potenti che diversi presidenti del consiglio sono stati
messi sotto inchiesta per favori e contiguità con il crimine organizzato,
figurarsi se questo avrà problemi a trovare dei prestanome per reimpossessarsi
dei beni sequestrati.
Questo decreto è un regalo ai padroni
perché aumenta il numero di immigrati costretti a restare in
Italia senza permesso di soggiorno. Da circa 10 anni sono stati di
fatto aboliti i “decreti flussi” con cui venivano regolarizzati ex-post gli
immigrati senza permesso. Quindi, salvo che in un numero molto limitato di
casi, non è più possibile entrare in Italia regolarmente, né essere
regolarizzati, per ragioni di lavoro. Il decreto-Salvini riduce drasticamente
questa possibilità anche per i richiedenti protezione internazionale perché
sopprime la protezione umanitaria, che è la principale via di accesso ai
permessi per “protezione”; gli immigrati regolarizzati come richiedenti asilo
politico sono infatti pochissimi, meno del 10% delle domande. Abolire la protezione
umanitaria è una decisione particolarmente spietata nei confronti delle donne
emigranti e richiedenti asilo, che per arrivare oggi in Italia subiscono molto
spesso violenze devastanti.
Al contrario di quel che dicono Salvini e
i suoi compari di merende grillini, quindi, il risultato – voluto! –
sarà quello di produrre nuovi immigrati “irregolari”. Secondo il
Consiglio italiano per i rifugiati, nel 2020 gli attuali 500-600.000
“irregolari” saranno cresciuti di 130.000 unità. In
altre parole, sarà più estesa la riserva di forza-lavoro per le mansioni più
pesanti e pericolose. Il governo mette questa carne da macello a disposizione
dei padroni d’ogni tacca e colore, leghisti, grillini, forzitalioti e le coop
“rosse” dei piddini, perché il suo sfruttamento nella produzione “sommersa” è
per l’Italia uno strumento fondamentale per restare a galla nella competizione
mondiale. Scontate le conseguenze: concorrenza al ribasso nel mercato del
lavoro e sistematico affossamento della condizione di tutti i lavoratori. Il
“governo del cambiamento” si muove dunque in perfetta continuità con
i precedenti governi neo-liberisti di destra e centro-sinistra. Anche per la
banda Salvini-Di Maio la politica migratoria serve più che mai a garantire
maxi-profitti agli sfruttatori del lavoro sia immigrato che autoctono, anche
attraverso la contrapposizione innaturale tra proletari immigrati e proletari
autoctoni.
Nel caso delle imprese mafiose, poi, il
regalo è doppio. Primo, perché di fatto lo Stato spinge nelle loro
grinfie altre migliaia di persone prive di tutele e ultra-ricattabili, che
possono facilmente essere utilizzate per lo spaccio di droga e altre attività
anti-sociali. Secondo, perché il decreto-Salvini autorizza a vendere al
“miglior offerente” i beni confiscati alle imprese della criminalità
organizzata. Viene così cancellato il divieto di vendere a
generici privati i beni mafiosi sequestrati, che era volto a impedire alle
mafie di reimpossessarsene tramite prestanome. Negli ambienti che hanno dato
disposizione di votare Cinquestelle e Lega il 4 marzo, di sicuro si è brindato.
E come!
Naturalmente, il governo del “popolo” non
poteva dimenticare i palazzinari. E infatti il decreto-Salvini punisce chi – si
tratta per lo più di autoctoni – deve affermare con l’occupazione
di immobili sfitti un “diritto all’abitare” altrimenti negato. Il decreto
raddoppia le pene per chi viola il “sacro diritto di proprietà” – parole
di Salvini, diventato la stella polare dei “sovranisti di sinistra”, che senza
nessuna vergogna si trovano in compagnia anche del presidente di Confindustria
(“crediamo fortemente nella Lega, per la quale abbiamo grandi aspettative”),
dei produttori di armi, dei vari Bannon, Le Pen, Kurz, Orban, etc.
Né poteva mancare una misura contro
le lotte della logistica cresciute intorno al SI-Cobas, le più accese
dell’ultimo decennio. A giugno scorso Marcucci, presidente della Confederazione
generale italiana dei trasporti e della logistica (Confetra), dopo aver
ripudiato, a parole, caporalato, “cooperative spurie”,
“esternalizzazioni in dumping sociale”, ed esaltato il Ccnl e la parità di
condizioni tra “lavoratori italiani e stranieri” (ma che brava persona!),
concludeva così: “Proprio per questo crediamo che le aziende associate abbiano
il diritto di rappresentare allo stato l’impossibilità di sopportare ancora la
strumentalizzazione di lavoratori stranieri per realizzare blocchi e
picchettaggi promossi da organismi pseudo sindacali che spesso con l’aiuto di
estranei impongono la loro volontà ad altri lavoratori anche con la violenza”.
Detto fatto. Il decreto Salvini&Co inasprisce le pene per i blocchi
stradali. I boss della logistica dispongono ora di una nuova arma per colpire
chi ha reagito veramente al caporalato, alle “cooperative spurie”, alle
violazioni del Ccnl e alle discriminazioni sistematiche ai danni degli
immigrati: ovvero i lavoratori organizzati, soprattutto immigrati.
Insomma il decreto Salvini/Di Maio,
approvato all’unanimità dal consiglio dei ministri leghisti e grillini quanto
mai uniti e solidali su questo, firmato da Mattarella, porta “maggiore
sicurezza” solo a palazzinari, cosche mafiose, boss della logistica e padroni
d’ogni sorta. Aumenta le discriminazioni contro i richiedenti asilo, già
colpiti duramente un anno fa dai decreti-Minniti, che prevedevano per le loro
domande un solo grado di giudizio. Produce masse di “irregolari” sfruttabili a
volontà per due soldi, riducendo alcuni di loro a potenziale manovalanza del
business della droga. Le declamazioni sulla “maggiore sicurezza” per l’intera
popolazione, specie quella delle aree urbane più degradate, non sono altro che
squallida demagogia. Un esempio. In luglio c’è stata una spettacolare retata a
Mestre, la città dove più si muore per droga in Italia, condotta, ovviamente,
in nome della “tolleranza zero” contro gli “spacciatori immigrati”. Ma in pochi
giorni tutto è tornato come prima. La politica di “tolleranza zero” di Salvini
serve solo a colpire i pesci piccoli che essa stessa crea. Non tocca quelli
grossi, le italianissime e potenti mafie che i traffici li gestiscono, ai cui
interessi il decreto-Salvini viene incontro in maniera plateale. Del resto, la
disgregazione sociale causata dall’industria globale della droga è stata, da
Woodstock in poi, un fattore di stabilizzazione a tutto e solo vantaggio dei
poteri forti della società capitalistica. Ci possiamo liberare da questo
flagello solo con una lotta unitaria di giovani e lavoratori autoctoni e
immigrati, che attacchi, oltre le grandi organizzazioni della criminalità
italiana e i suoi complici stranieri, anche lo Stato che li protegge.
Né si tratta solo di questo. L’isteria
securitaria che questo governo ha creato ad arte contro i richiedenti asilo e
gli immigrati, serve a colpire – insieme a loro – il diritto di sciopero, di
critica e di opinione, il movimento per il diritto all’abitare, i pochi spazi
sociali autogestiti rimasti, in un disegno repressivo, interno ed
esterno, che prevede il rafforzamento degli organici della polizia e delle
missioni militari all’estero.
C’è un solo modo per fermare questo
disegno: la lotta di massa, l’unità tra proletari italiani e immigrati,
il fronte unico anti-razzista, anti-capitalista, internazionalista. Il
decreto Salvini è stato criticato da più parti. Ma non possiamo prendere sul
serio quelli che ieri avevano applaudito i provvedimenti anti-immigrati di
Minniti e di Lupi. Agli altri, a chi intende realmente opporsi al governo
Lega-Cinque stelle diciamo: bisogna passare dalle parole ai fatti e concentrare
le forze, troviamoci in corteo il 27 ottobre a Roma!
Piazzale Radaelli 3 –
Marghera
Nessun commento:
Posta un commento