Parliamo spesso, forse troppo, di
identità e di sovranismo. Negli ultimi decenni si è sviluppato un dibattito
intenso su questi temi. Molti intellettuali e diverse associazioni ne hanno
fatto il fulcro del loro impegno sociale e politico.
Sarebbe importante se questo interesse
producesse una crescita culturale di cui anche la Sardegna ha bisogno. In
particolare sarebbe apprezzabile il consolidamento di un atteggiamento di
autonomia e di rispetto di sé non solo nei confronti di chi viene da
fuori con lo scopo di sottrarre ulteriormente le ricchezze che
appartengono alla nostra isola, ma anche nei confronti di chi, pur
non venendo da fuori, mostra la stessa arroganza di molti forestieri
consolidando così la dipendenza da coloro che, sardi o no, usano il
potere e il clientelismo per il mantenimento delle disuguaglianze.
Purtroppo gli effetti delle riflessioni
su questi temi e sulle iniziative ad esse collegate sono spesso al di sotto
delle aspettative anche di chi le promuove. E tanto meno risultano stimolanti
verso coloro che mostrano una diffidenza nei confronti del separatismo o del
sovranismo finalizzati alla creazione di una Regione (o Stato) indipendente.
Bisogna riflettere attentamente su queste tendenze anche perché talvolta
registriamo persino un arretramento culturale nei comportamenti dei nostri
corregionali.
Proprio in questi giorni abbiamo
assistito a un’immagine sgradevole: il baciamano di un elettore, condiviso con
ammiccamenti dagli altri partecipanti al comizio che seguiva, verso un ministro
che col passare del tempo si mostra sempre più arrogante, portatore di valori
che poco hanno a che vedere con il consolidamento della democrazia e del
rispetto dei diritti delle persone, qualunque sia la loro nazionalità. Non è un
caso che il suo comportamento nei confronti dei migranti venga sempre più
paragonato alle scelte del governo tedesco nei decenni che hanno preceduto la
seconda guerra mondiali: così come i nazisti usarono i campi di sterminio
contro gli ebrei oggi il nostro ministro Salvini usa il Mediterraneo per
liquidare intere comunità che fuggono dai loro paesi devastati dalle guerre e
dalla miseria.
In Sardegna c’è oggi
un alleato particolare del ministro Salvini: è il senatore Solinas che
attraverso un’alleanza con la Lega si è posto l’obiettivo di diventare
Governatore. Molti si chiedono se questo candidato possa garantire una crescita
dell’autonomia e dell’identità del popolo sardo, una partecipazione reale dei
cittadini alla gestione della Regione. La risposta viene da sé. Non può farlo
non solo perché l’alleanza politica che ha consolidato recentemente non glielo
permette ma anche perché la sua esperienza di dirigente del Partito Sardo
d’Azione non ha certo messo in evidenza una sua propensione per un modello di
sviluppo in grado di correggere l’inadeguatezza della politica regionale così
come è stata condotta anche nell’ultima legislatura.
C’è un altro aspetto di questa campagna
elettorale che non può essere sottovalutato. Riguarda l’atteggiamento verso le
elezioni da parte delle associazioni o partiti che si dichiarano sovranisti.
È vero, abbiamo una legge elettorale
anticostituzionale, concepita tra l’altro per escludere le minoranze dal
Consiglio regionale. Ma proprio per queste ragioni sarebbe stato opportuno che
i diversi gruppi avessero affrontato la campagna elettorale più uniti, più
disponibili al confronto usando una maggiore elasticità nella definizione del
programma da presentare e discutere con gli elettori. Purtroppo questo
obiettivo non è stato raggiunto.
Ancora una volta è prevalsa in ciascuna
di queste organizzazioni l’esigenza di mostrare una distinta visibilità seppure
ininfluente, in grado di ottenere solo un consenso modesto dall’elettorato.
È fondamentale correggere questo
comportamento che sottovaluta la dimensione della crisi che stiamo vivendo. Ma
per far questo è necessario un impegno diverso, non solo concentrato sulle
elezioni, ma indirizzato soprattutto nella ricerca di una diversa
organizzazione sociale che consideri preliminari il diritto al lavoro, alla
formazione, alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. Occorrerà
far questo non solo nelle stanze chiuse delle singole organizzazioni ma anche
nei territori in stretto rapporto con i lavoratori e i cittadini tutti.
Senza questa svolta rischiamo di vedere
ancora quella immagine sgradevole di cui abbiamo parlato inizialmente: il baciamano ai
ciarlatani di turno.
Nessun commento:
Posta un commento