Uno schiaffo all’Italia, nei giorni in
cui il nostro ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, è in missione in
Israele. Senza dare uno straccio di spiegazione all’ospite italiano, il primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che Israele non accetterà
il prolungamento della missione di controllo Tiph (Temporary international
presence in Hebron) della quale fa parte l’Italia. E già di per sé questa
decisione avrebbe meritato una risposta da parte del titolare della Farnesina.
Ma la cosa è ancora più grave per le motivazioni addotte da Netanyahu, il quale
ha spiegato che “non consentiremo la
prosecuzione della presenza di una forza internazionale che opera contro di noi“.
Insomma, i carabinieri italiani che sono
da sempre parte importante, non solo in quantità ma per la qualità del lavoro
svolto, sarebbero, nella visione del primo ministro israeliano, parte di una
forza ostile che “opera contro di noi“. Un’accusa gravissima, senza fondamento.
Perché ad Hebron il Tiph è un avamposto di legalità, una missione di
osservatori internazionali che monitora, senza poter intervenire, sui fatti di
violenza che investono la città. La missione è composta da 63 elementi, tra i
quali 14 carabinieri italiani (forte, e non solo nel numero, è la presenza femminile).
Chi scrive è testimone diretto di questo
impegno. L’ultima volta che ho avuto occasione di visitare Hebron, assieme a
Roberto Speranza e Arturo Scotto, sono alcuni di loro ad accompagnarci nella
visita del centro di Hebron. I bambini palestinesi li riconoscono, si ricordano
di loro, di ciò che hanno fatto (la costruzione di un centro sportivo, grazie
anche la contributo della cooperazione italiana) e sorridono. Già questo è una
vittoria, un gesto che dà significato ad un generoso impegno quotidiano.
Secondo Peace Now, storica organizzazione pacifista israeliana, particolarmente
impegnata nel monitoraggio degli insediamenti, “garantendo uno status ufficiale ai coloni di Hebron, il governo
israeliano sta formalizzando il sistema di apartheid già vigente in città“.
Il rispetto non alberga da queste parti. Il nemico non va solo combattuto, va
spregiato. Non basta sbarrare le strade, militarizzare il territorio. L’odio
cala anche dall’alto: dai rifiuti che i coloni scaricano dalle finestre delle
loro abitazioni sulle strade del vecchio suq percorse dai palestinesi.
Gli
osservatori del Tiph hanno provato a “mitigare” questa situazione, a difendere
i più indifesi: i bambini, gli adolescenti palestinesi. Per questo il primo
ministro d’Israele li considera una “forza ostile”. Perché testimoni scomodi di
una illegalità che non conosce limiti. L’Italia non ha
nulla da eccepire?
Nessun commento:
Posta un commento