domenica 3 febbraio 2019

NETANYAHU NON VUOLE PIU’ LA TIPH. SCHIAFFO ANCHE ALL’ITALIA, CHE TACE - Umberto De Giovannangeli


Uno schiaffo all’Italia, nei giorni in cui il nostro ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, è in missione in Israele. Senza dare uno straccio di spiegazione all’ospite italiano, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che Israele non accetterà il prolungamento della missione di controllo Tiph (Temporary international presence in Hebron) della quale fa parte l’Italia. E già di per sé questa decisione avrebbe meritato una risposta da parte del titolare della Farnesina. Ma la cosa è ancora più grave per le motivazioni addotte da Netanyahu, il quale ha spiegato che “non consentiremo la prosecuzione della presenza di una forza internazionale che opera contro di noi“.
Insomma, i carabinieri italiani che sono da sempre parte importante, non solo in quantità ma per la qualità del lavoro svolto, sarebbero, nella visione del primo ministro israeliano, parte di una forza ostile che “opera contro di noi“. Un’accusa gravissima, senza fondamento. Perché ad Hebron il Tiph è un avamposto di legalità, una missione di osservatori internazionali che monitora, senza poter intervenire, sui fatti di violenza che investono la città. La missione è composta da 63 elementi, tra i quali 14 carabinieri italiani (forte, e non solo nel numero, è la presenza femminile).
Chi scrive è testimone diretto di questo impegno. L’ultima volta che ho avuto occasione di visitare Hebron, assieme a Roberto Speranza e Arturo Scotto, sono alcuni di loro ad accompagnarci nella visita del centro di Hebron. I bambini palestinesi li riconoscono, si ricordano di loro, di ciò che hanno fatto (la costruzione di un centro sportivo, grazie anche la contributo della cooperazione italiana) e sorridono. Già questo è una vittoria, un gesto che dà significato ad un generoso impegno quotidiano. Secondo Peace Now, storica organizzazione pacifista israeliana, particolarmente impegnata nel monitoraggio degli insediamenti, “garantendo uno status ufficiale ai coloni di Hebron, il governo israeliano sta formalizzando il sistema di apartheid già vigente in città“. Il rispetto non alberga da queste parti. Il nemico non va solo combattuto, va spregiato. Non basta sbarrare le strade, militarizzare il territorio. L’odio cala anche dall’alto: dai rifiuti che i coloni scaricano dalle finestre delle loro abitazioni sulle strade del vecchio suq percorse dai palestinesi.
Gli osservatori del Tiph hanno provato a “mitigare” questa situazione, a difendere i più indifesi: i bambini, gli adolescenti palestinesi. Per questo il primo ministro d’Israele li considera una “forza ostile”. Perché testimoni scomodi di una illegalità che non conosce limiti. L’Italia non ha nulla da eccepire?


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