Perché sto con i pastori.
Non ci sarebbe tanto da spiegare. Sono
sardo, provengo da una zona del Logudoro, il Monte Acuto, ad economia
agro-pastorale. Sono per parte di madre di famiglia di allevatori. La grande
maggioranza dei miei amici, dei miei compagni di scuola, dei miei parenti,
viene da generazioni di allevatori e pastori. Io sono cresciuto lì e ho sempre
visto i pastori intorno a me. I pastori nei millenni hanno creato una grande
cultura in cui sono cresciuto e mi sono formato.
In più, se questo non bastasse, i
pastori hanno inventato la poesia, di cui mi nutro, e me l’hanno insegnata.
Infine: io sto con i pastori perché le
loro rivendicazioni sono giuste. E non sto qui a commentarle.
Voglio invece parlare di un altro
episodio, un post su Fb di un amico, Leonardo Solinas del gruppo rap di Porto
Torres Stranos Elementos con cui ho condiviso momenti
belli e importanti e che ringrazio per avermi invitato a partecipare ai loro
ultimi due dischi. (Qui il mio percorso con loro)
il post di Leonardo, dove è evidente che
anche lui sta con i pastori, ha suscitato diverse reazioni ed è pieno di
amarezza e giuste osservazioni che condivido. Gli ho voluto rispondere con
altre ragioni. lo riporto qui:
Io non sto con i Pastori o meglio io non sto con quei pastori che qualche
anno fa durante le manifestazione del MPS a Cagliari indossavano la maglia nera
con la scritta Boia chi molla, o con l’immagine del duce, non sto con quei
pastori che hanno continuato a votare la merda della merda in cambio delle
briciole, con quelli che nascondevano l’inquinamento dei poligoni militari
perchè non avrebbero corso il rischio di non vendere più nulla ma nel mentre
avvelenavano altr* sard*, con quelli che nutrono le loro pecore con mangimi
pieni di ogni porcheria provenienti da chissà dove, non sto con quei pastori
che anche oggi si siedono al tavolo di chi li ha ridotti in miseria barattando
la dignità, con quei pastori che ai bar tra una staffa e l’altra si riempiono
la bocca di n*gr* di merda scaricando la colpa dei loro fallimenti a chi sta
messo peggio, non sto con quelli che hanno fatto ogni tipo di manfrina pur di
fregare soldi alla comunità europea, ma soprattutto non sto con quei pastori
quelli leali quelli che amano il loro lavoro fatto di sacrificio e di sabati e
domeniche a lavoro che non prendono le distanze da questi personaggi che
continuano a distruggere quel poco di buono che questa terra regala.
Mi spiace ma io non seguo le pecore che oggi nei social riempiono di hastag la loro home in nome di una solidarietà ipocrita, ho imparato nella vita a prendere una posizione e di mantenerla anche a costo di diventare un rompicoglioni, ma sono anche pronto a schierarmi, a scendere nuovamente in piazza a patto che trovino il coraggio di mandare a cagare le mele marce che impediscono che una lotta di categoria si trasformi in una lotta di classe e di un popolo.
Mi spiace ma io non seguo le pecore che oggi nei social riempiono di hastag la loro home in nome di una solidarietà ipocrita, ho imparato nella vita a prendere una posizione e di mantenerla anche a costo di diventare un rompicoglioni, ma sono anche pronto a schierarmi, a scendere nuovamente in piazza a patto che trovino il coraggio di mandare a cagare le mele marce che impediscono che una lotta di categoria si trasformi in una lotta di classe e di un popolo.
e qui la mia risposta:
Caro Leonardo, voglio raccontarti un episodio che il tuo post mi ha
fortemente richiamato.
Alla fine degli anni novanta, oltre vent’anni fa, fui invitato in uno
spazio del Veneto, a Treviso, per una lettura e un incontro col pubblico. La
sala era piena, e, scoprii dopo, affollata soprattutto da operai. Dopo la
lettura dei miei testi, venne il momento del dialogo con quel pubblico vivace e
partecipativo. Tutto molto bene fino a quando il discorso non si spostò sul
tema del rapporto della cultura con la “classe operaia”, e, nello specifico,
del lavoro da poeta e gli operai.
In quegli anni, già dal 1992, avevo scelto di abbandonare ogni altro
mestiere precedente. Prima il teatro, poi un breve periodo di cinema, poi le
direzioni artistiche anche internazionali, e così via… tutte cose che mi
rendevano sufficientemente e, nonostante comportassero grandi sacrifici, mi
facevano vivere di cultura.
Avevo deciso di dedicarmi esclusivamente alla scrittura. Una scelta radicale che mi costava molto sia dal punto di vista economico che fisico. Venivo da un periodo molto precario, ero stato senza casa, vivendo ospite o in squats per tre o quattro anni, appoggiandomi a situazioni di grande instabilità.
Quando feci quella scelta, non avevo denaro e mi sostentavo facendo lavori precari, quasi tutti a nero, di basso livello e davvero molto faticosi. Ma ero giovane e nel pieno delle forze. Affrontavo il mio destino con energia e positività. Lavoravo tutto il giorno fisicamente come una bestia, i lavori più infami e più pesanti, e poi, la sera, tornavo a casa a leggere, studiare, scrivere. Facevo due lavori: quello intellettuale e quello manuale senza farmi problemi. E li facevo a tempo pieno ambedue.
Avevo deciso di dedicarmi esclusivamente alla scrittura. Una scelta radicale che mi costava molto sia dal punto di vista economico che fisico. Venivo da un periodo molto precario, ero stato senza casa, vivendo ospite o in squats per tre o quattro anni, appoggiandomi a situazioni di grande instabilità.
Quando feci quella scelta, non avevo denaro e mi sostentavo facendo lavori precari, quasi tutti a nero, di basso livello e davvero molto faticosi. Ma ero giovane e nel pieno delle forze. Affrontavo il mio destino con energia e positività. Lavoravo tutto il giorno fisicamente come una bestia, i lavori più infami e più pesanti, e poi, la sera, tornavo a casa a leggere, studiare, scrivere. Facevo due lavori: quello intellettuale e quello manuale senza farmi problemi. E li facevo a tempo pieno ambedue.
Ma torniamo all’incontro in Veneto. Ad un certo punto del dibattito, spinto
da tante incalzanti insistenze, mi lasciai andare ad un’affermazione che
suscitò quasi una rivolta. Con giovanile e infiammata incoscienza dissi che,
sì… vivevo le mie giornate in mezzo agli operai, ma, tranne pochissime
eccezioni, avevo pochissimo a che spartire con la maggior parte di loro.
Infatti, al contrario dei miei compagni di lavoro, non passavo i miei pomeriggi
al bar a parlare di calcio, di macchine, di mangiate e bevute, e nemmeno mi
fermavo con loro in branco a commentare i culi delle donne che passavano.
Affermai che con loro avevo poco da spartire perché i più erano omofobi,
sessisti, educavano male i loro figli dando pessimi esempi riguardo ai bisogni
spirituali e intellettuali, trattavano con volgarità e arroganza le donne a
partire dalle loro stesse mogli, e, se avevano due soldi in più, non compravano
un libro: investivano nella macchina nuova o nel televisore più grande.
Insomma: non m’identificavo in nessun aspetto del loro modello di vita. Terminai con una frase epica:
”Lotto, continuerò a lottare. Ci sono e ci sarò. Saprò sempre da che parte stare. Ma per favore non fatemeli conoscere. Non voglio avere niente a che fare con quel mondo, altrimenti smetterò anche di lottare.”
Scoppiò un tumulto. Fui aggredito verbalmente e mi giocai all’istante le simpatie dell’uditorio.
Insomma: non m’identificavo in nessun aspetto del loro modello di vita. Terminai con una frase epica:
”Lotto, continuerò a lottare. Ci sono e ci sarò. Saprò sempre da che parte stare. Ma per favore non fatemeli conoscere. Non voglio avere niente a che fare con quel mondo, altrimenti smetterò anche di lottare.”
Scoppiò un tumulto. Fui aggredito verbalmente e mi giocai all’istante le simpatie dell’uditorio.
Ma stavo annusando i tempi. Poco dopo, molti di quelli che mi aggredivano
già votavano la Lega Nord, parlavano degli immigrati e dei “terroni” con un
disprezzo non più celato, e finalmente si palesavano quelle tensioni che in
loro erano state vigliaccamente soffocate. E non erano per niente diversi dai
metalmeccanici per i quali ci mobilitavamo tutti, che in Sicilia, a Termini
Imerese, intanto votavano Berlusconi con tensione unanime aspettando da lui
chissà quale miracolo.
Insomma: oggi sto con i pastori come ieri stavo certamente con gli operai.
E probabilmente quella volta in Veneto mi sbagliavo a parlare come ho fatto.
Ho capito che dobbiamo comunque portare avanti le tensioni, le idee, il pensiero, l’etica, la lotta.
Per questo continuiamo a resistere. In questo siamo partigiani.
Ho capito che dobbiamo comunque portare avanti le tensioni, le idee, il pensiero, l’etica, la lotta.
Per questo continuiamo a resistere. In questo siamo partigiani.
Ti abbraccio fraternamente e ti ringrazio.
Alberto
Alberto
infine, io sto con i pastori nonostante
…
da qui
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