All’inizio fu un romanzo
Vive in un mondo dorato l’avvocato Michel Brock e i suoi clienti
sono tutti ricchi o ricchissimi. Ma viene sequestrato – per poche ore – con
altri suoi colleghi da “Mister”, un senza tetto che vuole sapere chi si occupa
degli sfratti. Un cecchino uccide il sequestratore, liberando gli avvocati
“dorati”. La morte di “Mister” manda in crisi la vita di Michael Brock. Per
prima cosa cerca di capire cosa ci fosse dietro quella richiesta sugli sfratti.
Prima incontra Mordecai Green, un avvocato impegnato nel sociale, e poi decide
di passare una notte come volontario in un rifugio di senza tetto. Siamo nel
bel romanzo L’avvocato di strada (Grisham,
1998), da cui è stato tratto (nel 2003) il film televisivo «The Street Lawyer».
Non è giusto svelare le trame dei romanzi, soprattutto se sono thriller. Quel
che qui ci importa è che il protagonista scoprirà che sulla pelle dei senza
tetto i suoi colleghi si arricchiscono, violando le leggi e ogni principio di
umanità. Brock si ribella… Come lui altri avvocati si sono schierati dall’altra
parte. E dal romanzo, ambientato negli Usa, la storia si trasferisce nella
realtà italiana.
Di cosa parliamo?
L‘«Associazione Avvocato di strada» è
una onlus cioè una organizzazione nazionale di volontariato con sede a Bologna
e circa cinquanta “sezioni” locali. Nasce nel 2000 – da un’idea
dell’associazione (e giornale di strada) «Piazza grande» –
per dare
assistenza legale e patrocinio gratuito agli homelesscioè alle persone
senza fissa dimora. «Consentire un effettivo accesso alla giustizia agli
emarginati» è sogno antico, non facile da realizzare per mille evidenti
ragioni.
Tecnicamente funziona così. Gli avvocati volontari a Bologna ricevono
i “senza casa” nei centri di accoglienza e nei quattro dormitori pubblici della
città. Sono una quarantina di avvocati o laureati in giurisprudenza, a turno.
Altri trenta avvocati bolognesi patrocinano gratuitamente almeno uno o due casi
all’anno.
Dietro la nascita di «Avvocato di strada» – d’ora in poi Ads – i problemi
della residenza. Chi vive in strada a lungo perdere la residenza, perché esce
dallo stato di famiglia o perché viene cancellato dall’anagrafe. Con la residenza si
perdono molti diritti: non si può votare, né aprire una partita Iva, non si potrebbe lavorare né
avere una casa popolare, neppure accedere al Servizio Sanitario Nazionale (se
non per le cure di pronto soccorso). Questo in estrema sintesi.
Un po’ di storia
Nel 2004 raccontavo (sul quotidiano «il manifesto») così l’inizio di Ads.
Erano partiti in due, a Bologna, nel gennaio 2001. Ma già tre anni dopo nascono
“le sezioni” – o iniziative analoghe – a Torino, Milano, Verona, Padova. Il
primo sportello bolognese fu in via Libia 69, sede di «Piazza grande» e degli
omonimi magazzini: riparazione biciclette, vendite di oggetti usati, unità
mobile di sostegno e molto altro. Di cosa ha bisogno questa “clientela” – 341
uomini e 132 donne nei primi tre anni di attività – senza dubbio poco abituata
a frequentare studi legali? Per lo più chiedono aiuto per piccole noie
legali di vario tipo: multe non pagate o rapporti burrascosi con le forze
dell’ordine. Ma al primo posto ci sono tutte le delicatissime questioni legate
all’affidamento dei minori e (pur se sembrerebbe paradossale parlando di
chi non ha un tetto sulla testa) il diritto a una residenza, che molte
amministrazioni faticano a riconoscere «pur se è contemplato dalla
Costituzione», ricorda l’avvocato Antonio Mumolo. Ed è qui che Ads si è
scontrato con il Comune di Bologna: vincendo nel giugno 2001. La causa-pilota porta
il nome di A. De Fazio che chiedeva di fissare nel dormitorio pubblico la sua
“residenza ufficiale” anche per esercitare il diritto di voto. Così De Fazio e altri
trecento ospiti dei dormitori bolognesi alle ultime elezioni hanno potuto
votare. Avere una residenza ovviamente aiuta nella ricerca di un lavoro o di
una casa. Frequenti anche i ricorsi contro le decisioni del Tribunale dei
minori che spesso affidano i figli di uomini e donne in difficoltà (senza
tetto, alcolisti, tossicodipendenti) a estranei: talvolta cancellando del tutto
l’esistenza di una famiglia, i nonni ad esempio, che potrebbe occuparsi dei
ragazzi evitando un trauma maggiore per i più piccoli e consentendo al genitore
di restare vicino al figlio. «E questo rapporto con i ragazzi è spesso uno
stimolo a riprendere in mano la propria vita» spiegano gli avvocati bolognesi
chiedendo però di non entrare troppo nei particolari: «perfino riconquistare la
privacy può segnare il passaggio dall’esclusione a una cittadinanza».
È evidente che, al di là delle modalità inedite, ci si trova di fronte a un
vecchissime pesante problema, cioè la non parità nell’esercitare il
fondamentale diritto a essere difesi. Una ingiustizia che cresce tra le «nuove povertà» ma anche fra i
migranti, poco informati e ancor meno tutelati rispetto alle leggi italiane.
Riconoscere diritti anche a chi è senza casa diventa
una scelta politica e sociale. Vi sono ovviamente scelte opposte che vogliono
criminalizzare e/o allontanare chiunque viva in strada e/o chieda l’elemosina. Come i sindaci (fra
i primi quello di Vicenza, Enrico Hullweck, nel 2003) che tentano di proibire
sia l’esposizione di «deformità ributtanti» che il sovraffollamento di
accattoni (ai quali veniva intimato per esempio di «lasciare uno spazio libero
per il transito di pedoni di almeno un metro»). Così rispondeva Antonio Mumolo,
tra i fondatori di Ads: « Contrasteremo ogni tentativo, da parte di chiunque,
di colpire la povertà in quanto tale. Tutti sono uguali davanti alla legge ed
in Italia non può esistere la giustizia per censo”».
Nel 2001 e ancor più oggi risulta evidente che è facile
ritrovarsi in strada e può capitare anche agli “insospettabili”: se in un momento di
crisi economica e/o psicologica manca una rete amicale o familiare di sostegno
inizia il precipizio. «In quattro anni e seguendo centinaia di vicende a
Bologna non abbiamo trovato nessun clochard per scelta. L’idea romantica del
vagabondo va ripensata: oggi a chiedere l’elemosina, a cercare un letto al dormitorio
incontri chi ha la pensione minima. Ma anche una separazione, il dover pagare
gli alimenti, a volte fa saltare il difficile equilibrio reddito-casa», spiega
Mumolo.
Dunque Ads
difendendo gratis chi non si può permettere di pagare ristabilisce un principio
minimo di giustizia. E aiutando i senza dimora in tribunale spesso li aiuta a
iniziare una “risalita”. Che quando si verifica viene definita “un miracolo”
da chi ha la fede. Ma molto pragmaticamente chi vive in strada replica: «i veri
miracoli sarebbero curarsi i denti gratis o che resuscitasse un vero Welfare».
E nel 2018?
Presentando l’ultimo bilancio sociale di Ads, Antonio Mumolo spiega: «Si
può dire che l’esperienza di “Avvocato di strada” abbia raggiunto nel 2018 la
maggiore età, ed è con commozione e orgoglio che oggi guardo al cammino che
abbiamo percorso fin qui. Nella Bologna della fine del 2000 non si trattava che
di un ristretto gruppo di volontari – fra cui due avvocati – uniti da una
consapevolezza nuova. In strada c’era fame di diritti e quella fame si poteva
combattere con un’arma incruenta ma potentissima: un codice. Da quei giorni, di
cambiamenti ce ne sono stati parecchi, ma diciotto anni dopo continuiamo ad
andare nella stessa direzione, ostinata e contraria».
Oggi Ads è presente in quarantanove città, con oltre
novecento volontari che mettono quotidianamente a disposizione tempo e
competenze, «continuando a coltivare il sogno di stare dalla parte degli
ultimi».
E nel bilancio (fatto di numeri, si sa) si cerca di “fotografare” anche i
solidali che fanno grande Ads: «Per trasportare tutti i nostri volontari
servirebbero diciannove carrozze; se i nostri volontari si tenessero per mano
coprirebbero tutta via del Corso a Roma, cioè da piazza Venezia a piazza del
Popolo».
«N» e «A»: due persone tra le tante
È un bel malloppo il Bilancio 2018 di Ads: chiaro però, mai gergale e in
certe parti di piacevole lettura. Ogni tanto si incrociano #STORIE DALLO
SPORTELLO a mo’ di esempio. Vale riportare per intero due piccole/grandi
vicende che spiegano il lavoro di Ads forse meglio di una statistica.
La prima. «N. è
una signora gentile, ringrazia sempre e non chiede mai nulla. Ha dovuto lasciare il posto in
dormitorio perché ha raggiunto il periodo massimo di permanenza consentito. Non
dorme da tre notti, da tre notti cammina in lungo e in largo per la città con
lo zaino in spalla. Cerca di scaldare le gambe, gambe gonfie e doloranti a
causa di gravi problemi di circolazione. In quelle condizioni dovrebbe sempre
restare al caldo, con le gambe “tirate su”: praticamente una cosa impossibile
se si vive in strada. N. è stremata, ma continua a mostrare il suo sorriso.
Arriva una mattina all’assistenza sanitaria per prendere le medicine che non
può acquistare. Nell’attesa si siede in silenzio nel grande corridoio e prova a
stendersi per dare un po’ di sollievo alle gambe doloranti. Nello stesso
corridoio ci sono due avvocati volontari di Avvocato di strada che stanno
facendo lo sportello settimanale. Incrociano il suo sguardo dolce. Un saluto e
una semplice domanda “Come stai?” bastano a inumidire gli occhi di N.. I
volontari si siedono accanto a lei e ascoltano la sua storia, la storia di una
guerriera dolce e stanca che non sa lamentarsi. Non sa nemmeno che nelle sue
difficili condizioni di salute ha diritto ad un posto riservato in dormitorio.
Una telefonata è sufficiente ad assicurarle il suo diritto. N. da tre mesi
torna ogni settimana a ringraziare quei cuori teneri che le hanno regalato
notti tranquille».
La seconda. «A. è un
cittadino italiano di origini sudamericane. Ha poco più di sessant’anni ed è padre
di due figli ormai adulti che non vede da troppo tempo. Non parla un italiano
fluente ma si fa ben intendere. In giovane età ha conseguito un titolo
professionale che però lo Stato italiano non ha riconosciuto valido per
l’iscrizione all’albo di riferimento e per l’esercizio della professione in
Italia. Durante lo sportello in cui lo conosciamo ci descrive il suo Paese come
instabile, dove le differenze sociali sono molto evidenti, dove il posto fisso non
esiste e le persone sono costrette a cambiare numerosi lavori. A. odiava la sua
vita in Sud America. Non gli permetteva di realizzarsi e lo condannava alla
frustrazione, così ha deciso di cambiare vita lasciando la sua casa per
raggiungere i suoi parenti in Italia, tentando la sorte. Negli anni si è poi
spostato in altri Paesi europei per poi tornare di nuovo in Italia. Nonostante
questo moto incessante e la sua formazione le cose non sono andate bene. Una
notte non sapeva più dove andare a dormire e in un attimo è entrato in una
dimensione prima sconosciuta. La sua trasformazione, ricorda, è avvenuta in
fretta, senza neanche dargli il tempo di realizzare che cosa stava accadendo.
Nessuna possibilità di farsi una doccia o di avere un cambio pulito, ha preso
in pochi giorni le sembianze di un navigato clochard e si è trovato a
barcamenarsi tra strade, panchine e spazi pubblici, guardato con sospetto da
chiunque e privato di una delle nostre certezze più grandi, quella di una casa
alla quale fare ritorno a fine giornata. La storia di A. è quella di una serie
di vicissitudini vissute in intimità, in solitudine, che diventa sempre più
isolamento. È quella di tante altre persone che per i motivi più disparati si
trovano senza un tetto sopra la testa».
E i soldi per fare tutto questo?
Tutto trasparente, spiega il Direttore dell’Associazione Jacopo Fiorentino:
«Anche quest’anno pubblichiamo il nostro Bilancio sociale – che si può
consultare qui –
per fornire alle persone e agli enti che ci sostengono, alla cittadinanza e
alle istituzioni, informazioni dettagliate e a 360° su quanto abbiamo fatto nel
corso del 2017 per le persone senza dimora».
Alcune pubblicazioni
Dal 2003 Ads pubblica ogni anno Dove andare per…,
guida di Bologna per le persone senza dimora: indicazioni e indirizzi per
nutrirsi, vestirsi, lavarsi, dormire, curarsi, cercare lavoro e per avere
consulenza ed assistenza legale. La guida viene distribuita in
stazione, in strada durante gli interventi nel territorio, nei luoghi di
ritrovo ed in tutte le strutture che operano nell’ambito dell’assistenza e del
recupero delle persone in stato di difficoltà.
Nel 2004 è stato pubblicato I diritti e la povertà,
un libro che raccoglie i casi principali trattati da Ads nei primi anni di
attività. È seguito (nel 2007) I diritti dei minori e
(nel 2015) Una strada diversa. Homeless e persone Lgbt.
Le sedi
Attualmente Ads conta sull’apporto di oltre 750 avvocati volontari è
presente ad Ancona, Andria, Bari, Bologna, Bolzano, Brindisi, Catania,
Cerignola, Cosenza, Cremona, Ferrara, Firenze, Foggia, Genova, Jesi, La Spezia,
Lecce, Lucca, Macerata, Mantova, Matera, Milano, Modena, Monza, Napoli, Padova,
Palermo, Parma, Pavia, Pescara, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Roma,
Rovigo, Salerno, San Benedetto del Tronto, Siracusa, Taranto, Torino, Trieste,
Venezia, Verona, Vicenza, Viterbo.
Se Avvocato di strada avesse un inno… probabilmente sarebbe There But for Fotune («Solo per caso») scritta nel
1963 da Phil Ochs e cantata anche da Joan Baez.
«Mostrami
il vicolo e il treno, mostrami il vagabondo che dorme sotto la pioggia. E io ti
mostrerò, ragazzo mio, mille ragioni per cui è solo un caso se al suo posto non
ci siamo noi».
E
questi sono i versi finali:
«Fammi
vedere il Paese dove sono cadute le bombe, fammi vedere le rovine degli edifici
una volta tanto alti, e io ti farò vedere un giovane Paese, e ci son molte
ragioni che, solo per caso, quel Paese non siamo io o te, io e te».
Bibliografia e sitografia
Grisham John, 1998, L’avvocato di strada, Mondadori, Milano
Avvocato di strada, 2017, Dove andare per…, Sigem, Modena
Avvocato di strada, 2004, I diritti e la povertà, Sigem, Modena
Avvocato di strada, 2007, I diritti dei minori, Sigem, Modena
Avvocato di strada, 2015, Una strada diversa. Homeless e persone Lgbt,
Sigem, Modena
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