Possiamo
cominciare a fare «ciaone» alla Libia, nonostante gli intensi sforzi di dialogo
con il generale Khalifa Haftar del nostro ambasciatore Giuseppe Grimaldi
Buccino. Dal vertice euro-arabo di Sharm el Sheik è emerso che: 1) al generale
al-Sisi è stato assegnato il ruolo di «guardiano» del sud e della Libia, un po’
come a Erdogan per i rifugiati dalla Siria.
2)
l’Eliseo ha in programma due vertici con Haftar e Sarraj negli Emirati e a
Parigi. A questo aggiungiamo il punto 3) Haftar, alleato della Francia, della
Russia e dell’Egitto, vanta il controllo del giacimento Eni di El Feel. In
Libia, in poche parole, non tocchiamo palla.
Sepolte
le primavere arabe – ma non le ragioni profonde dell’insurrezione sunnita – il
generale egiziano golpista Abdel Fattah al-Sisi, braccio armato dell’Arabia
saudita, alleato di Israele in Sinai e in Libia sponsor del generale Haftar, è
stato il vincitore di questo vertice e anche dell’incontro con il presidente
del Consiglio Giuseppe Conte che ha dovuto prendere atto del ruolo preminente
di al-Sisi sulla questione libica ed è stato preso in giro ancora una volta sul
caso di Giulio Regeni: giustizia – lo avevamo capito sin dall’inizio della
vicenda, quando Conte era ancora un perfetto sconosciuto – non sarà mai fatta.
Almeno se questi sono i rapporti di forza e persiste la totale assenza da parte
europea e americana di ogni solidarietà sul caso Regeni.
Ma
l’Italia la lezione non l’impara mai: i nostri alleati sono anche i nostri più
accesi concorrenti. «Regeni per l’Italia è una ferita aperta», ha detto Conte
ad al-Sisi, ma lui dal generale non riesce a ottenere neppure un cerotto.
E poi
anche per noi gli affari sono affari e non si può irritare troppo al-Sisi,
referente del mega-giacimento offshore di gas dell’Eni a Zohr e soprattutto
pretoriano dei Saud e del principe assassino Mohammed bin Salman, un cliente
della nostra industria bellica già sbilanciata per le forniture di armamenti di
Fincantieri e Leonardo, con il Qatar, la monarchia degli Al Thani e di Al
Jazeera fortemente invisa e boicottata sia da Riyadh che dal Cairo
per il suo appoggio ai Fratelli Musulmani.
Il
Qatar era presente a Sharm con una delegazione di basso livello perché l’invito
ufficiale al vertice non è arrivato neppure direttamente ma attraverso
l’ambasciata greca a Doha. Segnali inequivocabili: sauditi ed egiziani con il
generale Haftar vogliono far fuori la Fratellanza anche a Tripoli di Libia, se
possibile, e poi forse si tornerà a parlare con i suoi sponsor, il Qatar e la
Turchia.
Pur
senza dirlo esplicitamente, l’Europa si prepara a riconoscere ad al-Sisi il
ruolo di gendarme meridionale e custode dei flussi dei migranti dall’Africa e
dal Sudan, dove il presidente Omar al Bashir ha appena proclamato lo stato
d’emergenza e dato nuovi poteri alle forze armate per soffocare le
manifestazioni dell’opposizione. Come scriveva Chiara Cruciati sul manifesto siamo
al trionfo della militarizzazione. E se Erdogan viene pagato dalla Ue per
tenersi tre milioni di profughi siriani, al-Sisi verrà ricompensato con
l’espansione della sua influenza sulla Libia di Haftar.
La
Francia sembra d’accordo. E sta facendo pressioni sull’inviato dell’Onu Ghassam
Salamé per organizzare a breve due vertici tra Haftar e Sarraj – il vulnerabile
leader tripolino sponsorizzato dall’Italia – prima ad Abu Dhabi e poi a Parigi.
Per i francesi Haftar è una sorta di «De Gaulle libico» ma non trascurano
neppure i rapporti con il clan di Gheddafi e con il figlio del colonnello, Seif
al Islam.
Insomma
ci stanno scavalcando da tutti i lati. Haftar ora controlla l’importante
giacimento libico El Feel, operato da Eni assieme alla Compagnia petrolifera
nazionale libica (Noc), un’operazione avvenuta nell’ambito della campagna di
conquista del sud-ovest con cui si era già impadronito dei pozzi di Sharara, i
più importanti della Libia. Le recenti avanzate stanno cambiando rapidamente le
relazioni di potere in Libia e forse la Francia si prepara a trattare una sorta
di resa o di armistizio con il governo Sarraj.
«Haftar
per Tripoli è diventato una minaccia esistenziale», sostiene l’Istituto tedesco
per gli affari internazionali e di sicurezza (Swp). Ce ne accorgeremo, forse,
anche noi.
Nessun commento:
Posta un commento