lunedì 18 febbraio 2019

Così Usa e Israele stanno costruendo una fakenews per fare la guerra all'Iran - Alberto Negri


Gli Stati Uniti insieme a Israele e alle monarchie del Golfo stanno fabbricando una nuova devastante “fake news”, come quella che nel 2003 portò all’attaccò contro l’Iraq di Saddam Hussein. La notizia falsa allora era che Baghdad avesse armi di distruzione di massa che non furono mai trovate. Vennero corrotti politici, pagati esperti e i media furono inondati di informazioni fasulle e distorte, salvo poi _ dopo anni e avere compiuto un disastro senza rimedio _ ammettere di avere imbrogliato l’opinione pubblica mondiale.
Adesso l’idea è quella di stringere d'assedio e muovere guerra all’Iran affermando, come è stato fatto giovedì scorso alla riunione di Varsavia, “che si tratta della peggiore minaccia alla pace nel Medio Oriente”. In realtà l’Iran era già il bersaglio della guerra per procura in Siria, maggiore alleato di Teheran, ma quel conflitto è stato vinto dal regime di Bashar Assad con l’aiuto di russi, iraniani e delle milizie libanesi Hezbollah. Insomma si tratta per gli Usa, Israele e i sauditi di prendersi la rivincita mirando stavolta al bersaglio grosso.
Viene così usata la propaganda, la più micidiale della armi di distruzione di massa. Non fa niente se l’Arabia Saudita e gli Emirati con il sostegno Usa conducono una guerra in Yemen con l’uccisione di migliaia e di civili. Di questo è meglio non parlare anche perché pure l’Italia vende a Riad bombe, di marca tedesca ma fabbricate in Sardegna. L’Iran viene denunciato come un regime oscurantista: cos’è allora la monarchia saudita rappresentata dal principe Mohammed bin Salman, mandante, secondo la stessa Cia, dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi? La verità è che come al solito si adotta un doppio standard. I nemici sono quelli che non comprano armi dell’Occidente, gli amici sono sauditi e le monarchie assolute del Golfo che da decenni riempiamo di armamenti e che sono state anche sponsor di estremisti islamici e jihadisti.
Al summit di Varsavia Francia, Germania e Unione europea hanno mandato delegazioni di basso livello mentre l’Italia si è presentata con il ministro degli Esteri Moavero Milanesi. Vale la pena ricordare che prima delle nuove sanzioni americane, seguite all’abbandono da parte di Trump dell’accordo sul nucleare del 2015, l’Italia era comunque il maggio partner commerciale di Teheran e che le nuove sanzioni americane hanno cancellato commesse italiane in Iran per 25 miliardi di euro. Mentre Parigi e Berlino hanno messo a punto uno strumento per aggirare l’embargo _ per altro assai difficoltoso _ l’Italia è andata a Varsavia contro i suoi stessi interessi economici. Non solo: pur avendo l’Italia un periodo di sei mesi di esenzione concesso da Washington, ha già rinunciato all’acquisto di petrolio iraniano.
In sintesi l’Italia, che era stata scelta da Teheran come partner privilegiato in Europa, è il solito Paese di voltagabbana e che per di più non porta a casa nessun vantaggio. Così come aveva già dimostrato nel 2011 con la Libia di Gheddafi. Il 30 agosto del 2010 il raìs libico veniva ricevuto a Roma in pompa magna firmando contratti per dozzine di miliardi e sei mesi dopo l’Italia si univa ai raid della Nato contro Tripoli. Sappiamo tutti cosa ha significato il crollo del regime: ondate di migranti e destabilizzazione.
L’Italia si sta dimostrando un paese da operetta. Litighiamo con i francesi sui gilet gialli ma intanto il generale Khalifa Haftar, alleato della Francia della Russia e dell’Egitto, sta conquistando i pozzi petroliferi libici nel Sud del Fezzan. Adesso con l’Iran dimostriamo ancora una volta la nostra incapacità di manovra: perdiamo soldi e mandiamo pure il nostro ministro a fare la figura del cameriere degli Stati Uniti a Varsavia. Ma c’è di peggio. Per fabbricare una fake news credibile, ovvero che l’Iran è il diavolo e i suoi nemici sono angeli, bisogna mobilitare al massimo l’apparato di propaganda. Così sulle nostre tv stanno comparendo sedicenti esperti che ci raccontano come l’Iran sia un Paese terrorista e sponsor del terrorismo.
Ricordiamo a questi signori che nel 2014, quando l’Isis ha fatto la sua avanzata in Iraq e in Siria, i primi a opporsi ai tagliagole del Califfato sono stati proprio i pasdaran iraniani e le milizie sciite mentre i jihadisti venivano sostenuti dalla Turchia, dalle monarchie del Golfo e anche dall’Occidente pur di abbattere il regime di Assad in Siria, poi salvato dall’intervento della Russia di Putin. Quel terrorismo sunnita, ispirato per decenni dall’ideologia oscurantista di sauditi, Qatar, Emirati, è stato quello che ha colpito anche in Europa.
I veri terroristi sono gli Stati Uniti e i loro alleati che vorrebbero adesso la guerra all’Iran anche contro la volontà dell’Europa che rispetta l’accordo del 2015 sul nucleare con Teheran voluto da Obama. Quindi stanno accelerando sulla propaganda per convincere l’opinione pubblica occidentale che abbiano un nuovo mostro da combattere. Non importa se in caso di conflitto arriveranno altri milioni profughi e l’intera regione sarà destabilizzata, l’obiettivo è avere un nemico che giustifichi gli affari legati all’apparato militare industriale americano. Del resto il maggiore cliente di armamenti Usa è l’Arabia Saudita: bisognerà in qualche modo darle soddisfazione, non è vero?
All’Italia si pone il problema di sempre: concedere o meno le basi militari per eventuali raid contro l’Iran. Insomma lo stesso interrogativo della guerra in Libia nel 2011 quando le abbiamo date per far fuori il nostro maggiore alleato nel Mediterraneo. Con l’Iran si attende una tragica replica, la coazione a ripetere gli stessi errori di un Paese che blatera di sovranismo senza sapere neppure di cosa si tratti.

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