Ai compagni della Sexta:
A quelli che stanno leggendo perché gli interessa sebbene non siano
della Sexta:
In questi giorni, come ogni volta che avviene questa cosa che
chiamano “processo elettorale”, sentiamo e vediamo che se ne escono col fatto che
l’EZLN chiama all’astensione, cioè che l’EZLN dice che non si deve votare.
Dicono questa e altre stupidaggini, poiché hanno la testa grande per niente,
visto che non studiano la storia e neppure ci provano. E questo seppure
scrivano libri di storia e biografie e prendano i soldi per tali libri. Ovvero,
guadagnano per dir bugie. Come i politici.
Chiaro che voi sapete che a noi
non interessano le cose che fanno quelli di sopra per cercare di convincere la
gente di sotto del fatto che la tengano in considerazione.
Come zapatisti che siamo non chiamiamo a non votare e nemmeno a
votare. Come zapatisti che siamo ciò che facciamo, ogni volta che è possibile,
è dire alla gente che si organizzi per resistere, per lottare, per ottenere ciò
di cui si ha bisogno.
Noi, come molti altri tra i popoli originari di queste terre, ormai
conosciamo il modo di fare dei partiti politici, e si tratta di una brutta
storia di brutta gente.
Una storia che per noi come zapatisti che siamo ormai storia passata.
Credo che fu il defunto Tata Juan Chávez Alonso a dire che i partiti
politici dividono i popoli, li mettono gli uni contro gli altri, li fanno
litigare perfino tra parenti.
E di quando in quando, lo vediamo accadere in queste terre.
Voi sapete che in varie comunità nelle quali stiamo, c’è gente che
non è zapatista, che vivacchia senza organizzarsi e aspettando che il
malgoverno gli passi la sua elemosina per farsi qualche foto per dimostrare che
il governo è buono.
Allora vediamo che, ogni volta che ci
sono elezioni, alcuni si vestono di rosso, altri di azzurro, altri di verde,
altri di giallo, altri trasparenti, e così combattono tra di loro,
a volte tra gli stessi familiari. Perché combattono?
Ebbene, per vedere chi li comanderà, a chi obbediranno, chi gli darà ordini.
E pensano che se vince il tale colore, chi ha appoggiato quel colore riceverà
più elemosina. E allora li vediamo dire che sono ben decisi e consapevoli
nell’aderire a un partito, e a volte arrivano ad ammazzarsi per un fottuto
colore. Perché sono quelli che già comandano a volere l’incarico, a volte
vestendosi di rosso, o di azzurro, o di verde, o di giallo, o mettendosi un
nuovo colore. E dicendo che fanno parte del popolo e che bisogna appoggiarli.
Ma non fanno parte del popolo, sono gli stessi governanti che un giorno sono
deputati locali, un altro sono sindaci, un altro sono funzionari di partito,
poi sono presidenti municipali e così via, saltando da un incarico all’altro, e
anche da un colore all’altro. Sono gli stessi, gli stessi cognomi, sono i
parenti, i figli, i nipoti, gli zii, i cugini, i parenti, i cognati, i
fidanzati, gli amanti, gli amici degli stessi bastardi e bastarde di sempre. E dicono sempre la stessa roba: dicono che salveranno il popolo, che ora si
comporteranno bene, che non ruberanno più così tanto, che aiuteranno i
poveracci, che li tireranno fuori dalla miseria.
Ebbene, si spendono i loro soldi, che ovviamente non sono loro bensì
sono presi dalle imposte. Però queste bastarde e bastardi non spendono i soldi
per aiutare o sostenere i poveracci. No. Li spendono per mettere i loro nomi e
le loro foto nella propaganda elettorale, negli annunci delle radio e
televisioni commerciali, nei loro giornali e riviste a pagamento, e compaiono
perfino al cinema.
Ebbene, quelli che nelle comunità sono sostenitori sfegatati di un
partito al momento delle elezioni e molto consapevoli del loro colore, quando
alla fine viene fuori chi ha vinto passano tutti a quel colore, perché pensano
che così gli verrà dato il loro regalino.
Per esempio, che ora gli daranno un televisore. Ebbene, come
zapatisti che siamo noi diciamo che gli stanno dando una pattumiera, perché
attraverso la televisione gli manderanno un mucchio di spazzatura. Ma se prima
il problema era che gli dessero tutto o no, ora non gli danno e non gli daranno
più nulla.
Se glielo davano, era perché diventassero scansafatiche. Si sono perfino dimenticati come si lavora la terra. Se ne stanno lì, aspettando che
arrivino i soldi del governo per spenderseli in bevute. E se ne stanno lì nelle
loro case, sfottendoci perché noi andiamo al campo di lavoro mentre loro non
fanno che aspettare che ritorni la moglie, la figlia, mandate a raccattare il
sussidio, il sostegno del governo.
E così via, finché non arriva più. Senza preavviso, non esce nei
media prezzolati, nessuno viene a dirgli di essere i loro salvatori.
Semplicemente, cessa il sostegno. E quel fratello o sorella si rende conto di
non aver più nulla, né per le bevute, né tanto meno per il mais, i fagioli, il
sapone, i pantaloni. E allora deve tornare al campo di lavoro ormai in
abbandono, inselvatichito che nemmeno ci si può camminare. E siccome si è ormai
dimenticato come si lavora, gli si gonfiano le mani tanto che nemmeno può
impugnare il machete. Lo hanno fatto
diventare un essere inutile che vive solo di elemosine e non di lavoro.
Ecco ciò che già sta succedendo. Non viene fuori nelle notizie dei
malgoverni. Al contrario, viene fuori che vengono dati molti fondi. Ma nei
villaggi non arriva più nulla. Dove va a finire il denaro che il malgoverno
dice di stare dando per la campagna di elemosine sulla fame? Ebbene, già lo
sappiamo che là sopra hanno detto
che ci sarà meno denaro o che semplicemente non ce ne sarà più.
Voi credete che, mentre il contadino ormai campa di elemosina si dimentica di
lavorare, quello che sta sopra e che gli passava il sussidio lavori? No, anche
quello di sopra è abituato a ricevere gratis. Non sa vivere onestamente
lavorando, sa solo vivere occupando incarichi di governo.
Quindi succede che essendoci meno soldi non arriva più nulla. Resta
tutto di sopra. Un po’ lo arraffa il governatore, un altro po’ il giudice, un
altro po’ il poliziotto, il deputato, il presidente municipale, il sindaco, il
leader contadino e a quel punto alla famiglia del sostenitore di partito non
arriva più nulla.
Prima sì che arrivava, ma ora non più. “Che succede?”, chiede il
sostenitore di partito. E pensa che il problema sia che il tal colore non serve
più, e prova a passare a un altro colore. Il risultato è lo stesso. Nelle
assemblee i sostenitori di partito si incazzano, si urlano addosso, si accusano
l’un l’altro, si chiamano traditori, venduti, corrotti. È in effetti sì, sia
quelli che gridano che quelli che subiscono le urla sono traditori, venduti e
corrotti.
E allora, la base di questi partiti si dispera, si angustia, è presa
dalla pena. È svelato l’inganno perché nelle nostre case zapatiste c’è il mais,
ci sono i fagioli, c’è la verdura, c’è quel minimo di soldi per le medicine e i
vestiti. E dal lavoro collettivo viene fuori quel che serve per sostenerci tra
di noi in caso di necessità. C’è la scuola, c’è la clinica. Non è il governo
che ci viene ad aiutare. È che noi stessi ci aiutiamo tra compagni zapatisti e
con le compagne e i compagni della Sexta.
Allora viene il fratello affiliato al partito e ci chiede che fare,
perché è messo male.
Ebbene, sappiate cosa rispondiamo noi:
Non gli diciamo di cambiare il partito per un altro meno peggio.
Non gli diciamo di votare.
Nemmeno gli diciamo di non votare.
Non gli diciamo di farsi zapatista, perché lo sappiamo bene, per la
nostra storia, che non tutti hanno la forza d’animo di essere zapatisti.
Non lo prendiamo in giro.
Semplicemente gli diciamo di organizzarsi.
“E allora cosa faccio?”, ci chiede.
E allora gli diciamo: “Veditela da solo sul da farsi, secondo quel
che ti dice il tuo cuore, la tua testa, e non che venga qualcun altro a dirti
cosa devi fare”.
E lui ci dice: “E’ che la situazione è veramente incasinata”.
E noi non gli diciamo bugie, non gli facciamo chissà che grandi
discorsi. Noi gli diciamo soltanto la verità:
“Non farà che peggiorare”.
-*-
Sappiamo bene che così vanno le cose.
Ma come zapatisti abbiamo anche ben chiaro che c’è ancora gente che
da altre parti della città e della campagna, cade nella trappola di mettersi
con i partiti.
Sembra molto vantaggioso mettersi coi partiti, perché si guadagnano
soldi senza lavorare, senza sbattersi per guadagnare pochi centesimi e avere il
minimo per mangiare, vestirsi e curarsi.
Ciò
che fanno quelli di sopra è ingannare la gente. Questo è il loro lavoro, vivono
di questo.
Lo vediamo che c’è gente che ci crede, crede che la situazione
migliorerà, che il tal dirigente risolverà il problema, che si comporterà bene,
che non ruberà molto, che intrallazzerà solo un po’, che bisogna provare.
Quindi noi diciamo che sono pezzi di piccole storie che devono
passare. Che devono constatare con i propri occhi che non ci sarà nessuno che
risolverà il problema, ma che dobbiamo risolverlo noi stessi, stesse, come
collettivi organizzati.
Le soluzioni le dà il popolo, non il leader, non i sostenitori dei
partiti.
E non lo diciamo solo perché suona bene. È perché lo abbiamo visto
accadere realmente, è perché già lo facciamo.
-*-
Può
darsi che molto tempo fa, alcuni aderenti ai partiti di sinistra, prima di
istituzionalizzarsi, cercassero di creare coscienza tra il popolo. Non
cercavano il potere attraverso le elezioni, ma di smuovere il popolo perché si
organizzasse, e lottasse, e cambiasse il sistema. Non solo il governo. Tutto,
tutto il sistema.
Perché dico aderenti ai partiti di sinistra istituzionale? Be’,
perché sappiamo che ci sono
partiti di sinistra che non sono coinvolti negli intrallazzi di sopra, che
hanno le loro modalità, ma non si vendono, né si arrendono, né cambiano il loro
pensiero sul fatto che bisogna finirla con il sistema capitalistico. Perché lo
sappiamo, e noi come zapatisti
non lo dimentichiamo, che la storia della lotta di sotto è scritta anche con il
loro sangue.
Ma
la grana è la grana e il sopra è il sopra. E gli aderenti ai
partiti di sinistra istituzionale hanno cambiato il loro modo di pensare che è
diventato la ricerca di un posto, per i soldi. Semplicemente: i soldi. Cioè la
grana.
O pensate che creare coscienza si faccia disprezzando, umiliando,
criticando la gente di sotto? Dicendogli che sono dei mangiapanini che non
pensano? Che sono ignoranti?
Pensate che creino coscienza se, quando gli si dice: “senti tu, uomo
di partito di sinistra, quel capretto o capra, che tu dici essere la speranza,
è già stato di altri colori e non è che un ratto”, ti rispondono che sei
venduto a Peña Nieto?
Pensate che creino coscienza se dicono alla gente la menzogna che noi
zapatisti diciamo di non votare; magari perché stanno vedendo che forse non
otterranno l’elezione, ossia più grana, e stanno cercando un pretesto per
incolpare qualcuno?
Pensate che creino coscienza se stanno dicendo di non votare chi non
ha studiato ed è povero perché sono ignoranti che votano soltanto il PRI?
Se il Velasco del Chiapas dà ceffoni con la mano, questi uomini di
partito danno ceffoni con il loro razzismo mal nascosto.
Guardate che l’unica coscienza che stanno creando questi uomini di
partito è che, oltre a essere orgogliosi, sono degli imbecilli.
Cosa si credono?
Che dopo aver ricevuto i loro insulti, le loro menzogne e i loro rimbrotti,
la gente di sotto accorrerà a inginocchiarsi dinanzi al loro colore, a votare
per loro e a pregarli di salvarla?
Ecco cosa diciamo come zapatisti: ecco la prova che per essere un
politico di partito di sopra bisogna essere bavoso o svergognato o criminale, o
le tre cose insieme.
-*-
Noi zapatisti diciamo che non bisogna aver
paura che il popolo comandi. È la cosa più sana e giudiziosa.
Perché il popolo stesso cambierà le cose come ha veramente bisogno. E solo così esisterà un nuovo
modo di governare.
Non è che non capiamo che significhi eleggere o elezione. Noi
zapatisti abbiamo un altro calendario e un’altra geografia su come fare le
elezioni in territorio ribelle, resistendo.
I nostri villaggi eleggono già per conto proprio, e non si spendono
milionate né si consumano tonnellate di immondizie plastiche, di teloni con le
loro fotografie di ladruncoli e criminali.
Certo, abbiamo appena 20 anni di cammino nell’elezione delle nostre
autorità autonome, secondo la vera democrazia. Così abbiamo camminato, con la
Libertà che con cui stiamo e con l’altra Giustizia del popolo organizzato. Dove
si coinvolgono migliaia di donne e di uomini per scegliere. Dove tutte e tutti
sono d’accordo e si organizzano nella vigilanza affinché mantengano il mandato
dei villaggi. Dove i villaggi si organizzano per vedere quali saranno i lavori
spettanti alle autorità.
Cioè come il popolo comanda il suo governo.
I villaggi si organizzano in assemblee, dove si iniziano a esprimere
pareri e di conseguenza a venire fuori le proposte che vengono studiate, nei
loro pro e contro, e si analizza qual è la migliore. E prima di decidere le
portano a tutti i villaggi per l’approvazione e tornano in assemblea per la
presa di decisione secondo la maggioranza della decisione dei villaggi.
Questa è già la vita zapatista nei villaggi. È già una cultura di
verità.
Vi sembra che sia molto lento? Perciò noi diciamo che è in base al
nostro calendario.
Vi sembra che avvenga perché siamo popoli originari? Perciò diciamo
che è secondo la nostra geografia.
È chiaro che abbiamo commesso molti errori, molti sbagli. Certo che
ne faremo altri.
Ma sono i nostri sbagli.
Noi li commettiamo. Noi li paghiamo.
Non come nei partiti nei quali i dirigenti sbagliano e per di più
incassano, e quelli di sotto sono quelli che la pagano.
Perciò
la storia delle elezioni nel mese di giugno non ci fa né caldo né freddo.
Non
facciamo una chiamata né a votare né a non votare. Non ci interessa.
C’è
di più: nemmeno ci preoccupa.
Quel
che interessa a noi zapatisti è sapere di più su come resistiamo e affrontiamo
le molte teste del sistema capitalista che ci sfrutta, ci reprime, ci disprezza
e ci ruba.
Perché non è solo da un lato e in un modo che il capitalismo opprime.
Opprime se donna. Opprime se impiegato. Opprime se operaio. Opprime se
contadino. Opprime se giovane. Opprime se bambina o bambino. Opprime se
maestro. Opprime se studente. Opprime se artista. Opprime se pensi. Opprime se
sei umano, o pianta, o acqua, o terra, o aria, o animale.
Non importa che lo profumino o lavino, il sistema capitalista “gronda
sangue e fango, da tutti i pori, dalla testa ai piedi” (andatevi a vedere chi
lo ha scritto e dove).
Pertanto la nostra idea non è di promuovere il voto.
Tanto meno di promuovere l’astensione o il voto in bianco.
Il
nostro pensiero non è di fornire ricette su come far fronte al problema del
capitalismo. Non è nemmeno per imporre il nostro pensiero ad altri.
Il seminario serve a vedere le varie teste del sistema capitalista, a
cercare di capire se ha nuovi metodi per attaccarci o sono gli stessi di prima.
Se ci interessano i pensieri altrui è per vedere se è vero ciò che
vediamo arrivare, ovvero una crisi economica tremenda che si congiungerà ad
altri mali e farà molti danni a tutte e tutti da tutte le parti, in tutto il
mondo.
Perciò se è vero che sta per accadere questo, o che sta già
accadendo, bisogna pensare se ha senso agire allo stesso modo di prima.
Pensiamo che dobbiamo obbligarci a pensare, ad analizzare, a
riflettere, a criticare, a cercare il nostro proprio passo, il nostro proprio
modo, nei nostri luoghi e nei nostri tempi.
Ora chiedo a voi che
state leggendo queste righe: che votiate o no, vi danneggia pensare come va il
mondo nel quale viviamo, analizzarlo, capirlo? Pensare criticamente vi impedisce di
votare o di astenervi? Vi aiuta o no a organizzarvi?
-*-
Finendola
sulle elezioni:
Soltanto perché resti ben chiaro e non vi facciate ingannare sul
fatto che diciamo ciò che non diciamo.
Noi capiamo che ci sono quelli che credono di poter cambiare il
sistema votando alle elezioni.
Noi diciamo che è una cazzata perché è chi comanda a organizzare le
elezioni, a dire chi è candidato, a dire come si vota e quando e dove, a dire
chi vince, ad annunciarlo e a dire se tutto si è svolto in maniera legale o no.
Ma va bene, c’è gente che pensa di sì. Va bene, noi non diciamo di
no, ma nemmeno di sì.
Quindi, che votino per un
colore o trasparente, o non votino, quel che noi diciamo è che bisogna
organizzarsi e prendere nelle nostre mani il governo e obbligarlo a obbedire al
popolo.
Se avete già pensato di non votare, noi non diciamo che va bene, e
nemmeno diciamo che va male. Vi diciamo solo che pensiamo che non basti, che
bisogna organizzarsi. E ovviamente di prepararvi perché vi daranno la colpa
delle miserie della sinistra partitica istituzionale.
Se avete pensato di votare e già sapete chi voterete, è uguale, non
discutiamo se va bene o va male. Quel che vi diciamo chiaramente è di
prepararvi perché resterete molto arrabbiati per gli inganni e le frodi che
subirete. Perché a ingannare sono esperti quelli che stanno al Potere. Perché
quel che succederà è già deciso da quelli di sopra.
Sappiamo anche che ci sono leader che ingannano la gente. Le dicono
che ci sono solo due strade per cambiare il sistema: o la lotta elettorale o la
lotta armata.
Ecco ciò che dicono per ignoranza o per assenza di vergogna, o per
entrambe.
In primo luogo, essi non stanno lottando per cambiare il sistema, né
per prendere il potere, bensì per diventare governo. Non è la stessa cosa.
Dicono che una volta al governo faranno cose buone, ma hanno cura di mettere in
chiaro che non cambieranno il sistema, bensì che ne rimuoveranno gli aspetti
negativi.
Converrebbe che studiassero un po’ e capissero che essere governo non
è detenere il Potere.
Si vede come non sappiano nemmeno che rimuovendo gli aspetti negativi
del capitalismo non c’è più capitalismo. E vi dirò perché: perché il
capitalismo è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dei molti da parte di pochi.
Se ci aggiungete anche le donne, la faccenda non cambia. Se ci aggiungete anche
gli altrei, la faccenda
non cambia. Continua ad essere il sistema nel quale alcunei si arricchiscono a spese del lavoro di altrei. E sono
pochi gli altrei di
sopra, e sono molti gli altrei di
sotto. Se gli affiliati ai partiti dicono che ciò va bene e che bisogna solo
stare attenti che non passino il segno, che lo dicano pure.
Ma per arrivare a essere
governo non ci sono solo due vie come dicono loro (la via
armata e la via elettorale). Dimenticano che anche il governo si può comprare
(o hanno già dimenticato com’è arrivato al governo Peña Nieto?). E non solo
questo, forse non lo sanno ma si può comandare senza essere governo.
Se questa gente dice che si può fare solo con le armi o con le
elezioni, l’unica cosa che dicono è che non conoscono la storia, che non
studiano bene, che non hanno immaginazione, che sono degli svergognati.
Basterebbe che guardassero un po’ di sotto. Ma ormai gli si è torto
il collo dal tanto guardare di sopra.
Perciò noi zapatisti non ci stanchiamo di dire: organizzatevi,
organizziamoci, ciascuno nei suoi luoghi, lottiamo per organizzarci, lavoriamo
per organizzarci, pensiamo a iniziare a organizzarci e incontriamoci per unire
le nostre organizzazioni per un Mondo in cui i popoli comandano e il governo
obbedisce.
Riassumendo: come abbiamo detto prima, come diciamo ora: che tu voti o no, organizzati.
E quindi noi zapatisti pensiamo che bisogna avere un pensiero
adeguato per organizzarsi. Cioè si necessita la teoria, il pensiero critico.
Col pensiero critico analizziamo le modalità del nemico, di chi ci
opprime, ci sfrutta, ci reprime, ci disprezza, ci deruba, ma andiamo
verificando anche com’è la nostra strada, come sono i nostri passi.
Perciò stiamo chiamando tutta la Sexta a fare riunioni di pensiero,
di analisi, di teoria, di come vedete il vostro mondo, la vostra lotta, la
vostra storia.
Vi
chiamiamo a realizzare i vostri semenzai e a condividere ciò che lì seminerete.
-*-
Noi come zapatisti continueremo ad autogovernarci secondo il
principio che il popolo comanda e
il governo obbedisce.
Come dicono i compagni zapatisti: Hay lum tujbil vitil ayotik. Vuol dire: va molto bene
come siamo.
Un’altra: Nunca ya kikitaybajtic bitilon zapatista. Vuol dire:
non smetteremo mai di essere zapatisti.
Un’altra ancora: Jatoj kalal yax chamon te yax voon sok viil zapatista.
Vuol dire: Fino a quando morirò il mio nome sarà zapatista.
Dalle montagne del sudest messicano.
A nome di tutto l’EZLN, degli uomini, delle donne, dei bambini e
degli anziani dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Subcomandante Insurgente Moisés.
Messico, aprile-maggio 2015.
Traduzione a cura
dell’Associazione Ya Basta! Milano
Nessun commento:
Posta un commento