Nel 1901 Leone
Wollenborg, ministro delle Finanze del governo Giolitti, presentò una proposta
di legge che introduceva la progressività
delle imposte dirette. Si trattava di una piccola misura dal
potentissimo impatto, poiché avrebbe aperto la strada ad una redistribuzione
parziale delle ricchezze attraverso il meccanismo fiscale. Giolitti sembrava
essere d’accordo, ma il blocco degli industriali e degli agrari evitò che
l’apertura si potesse trasformare in una riforma concreta. Lo storico Paul
Corner individua in questo scacco, oltre che in altri numerosi elementi, uno
dei motivi per cui fallirono in gran parte i tentativi di inclusione del popolo
italiano nello Stato messi in opera dai governi liberali nel primo quindicennio
del Novecento. Secondo Corner questa ostinata esclusione delle masse popolari
contribuì a preparare il campo alla presa del potere del fascismo. Ci volle
la Costituzione repubblicana –
che incardinò nel suo testo la progressività delle imposte – a riaprire questa
strada di parziale redistribuzione dall’alto delle ricchezze del paese.
Lotta salariale e lotta
fiscale
D’altronde non è facile per il singolo cittadino
capire quanto il campo della redistribuzione di tipo fiscale sia un terreno di
aspra e feroce lotta economica. In effetti è
complesso spiegare quanto una tassazione progressiva possa trasformarsi in
beneficio economico per i ceti sociali più deboli ed
economicamente svantaggiati attraverso la redistribuzione di ricchezze drenate
dalle classi sociali più elevate. L’effetto non è di evidenza immediata (non
arrivano più soldi, ma – nel tempo – più servizi) e quindi può essere compreso
solo attraverso un ragionamento che comporta inferenze anche di tipo
matematico.
I partiti storici della sinistra hanno spesso
preferito praticare la lotta salariale come via principale per redistribuire le
ricchezze. È evidente infatti che la mobilitazione per un salario più alto, se
vincente, ha il vantaggio di fare percepire immediatamente il guadagno
economico ottenuto e l’ulteriore vantaggio di creare proseliti e far crescere
il numero dei militanti nel corso di una lotta che viene condotta non dai
rappresentanti politici ma direttamente dalle singole persone.
Ciononostante, comprendere il valore delle diverse
forme di prelievi fiscali è fondamentale per praticare consapevolmente la
propria cittadinanza.
Come si distribuisce in
Italia la ricchezza oggi?
Il recente rapporto sulla
disuguaglianza economica in Italia ci ricorda che nel 2016 l’1 per cento più
ricco degli italiani possedeva il 25 per cento della ricchezza nazionale,
il 20 per cento più ricco della popolazione possedeva il 66,41 per cento
della ricchezza e il 20 per cento più povero praticamente non aveva nulla (solamente lo 0,09 per
cento della ricchezza). Inoltre ci spiega che nel decennio dal 2006 al 2016 il
reddito nazionale disponibile lordo del 10 per cento più povero degli
italiani è diminuito del 23,1 per cento, cioè pur con il sistema di tassazione
progressivo (che redistribuisce parte delle ricchezze dei più ricchi in forma
di servizi sociali) è aumentata la povertà dei più poveri, così come la
ricchezza dei più ricchi.
Come mai i poveri sostengono
una tassazione vantaggiosa per i ricchi?
Eppure, pur essendo più
numerosi, i poveri finiscono per sostenere programmi elettorali che propongono
il passaggio dalla tassazione progressiva alla tassazione lineare, cioè alla
flat tax, che attenua la tassazione dei più ricchi (qui alcuni articoli di Sbilanciamoci per capire cos’è e il
contesto in cui nasce la flat tax). I nuovi apologeti della flat tax, cioè della tassa
lineare che a loro dire colpisce allo stesso modo il ricco e il povero, contano
anche sulla complessità del tema – di tipo matematico e di tipo fiscale – per
lanciare i loro slogan mistificanti sulla riforma, come se questa modifica
fosse una panacea per tutti i diversi componenti della società.
Negli ultimi anni i
sostenitori della flat tax vanno da Berlusconi a Putin fino agli ultimi arrivati
5 Stelle e Lega. Essi contano proprio su questo carattere
astratto e complesso della misura fiscale e sulla difficoltà a comprenderne gli
effetti per trasformare una iniziativa politica destinata a spostare ingenti
somme dai ceti popolari alle élite in qualche cosa di confuso ma emotivamente
positivo: come se la flat tax fosse il simbolo del “nuovo” rispetto al
“vecchio” e quindi vantaggioso in sé, anche per i meno abbienti. In fin
dei conti il populismo nelle sue versioni classiche e moderne funziona proprio
attraverso questi meccanismi di manipolazione, a volte semplicemente destinati
a creare senso identitario, altre volte finalizzati a una redistribuzione delle
ricchezze in senso oligarchico come se fossero un’elargizione al popolo. La
questione mi pare costituisca un problema.
Matematica civica
Come detto, una delle difficoltà nel togliere i veli
della propaganda alla questione sulla flat tax sta nella scarsa cultura
matematica presente nel paese. Così – poiché insegno matematica alla scuola
elementare – ho pensato di nutrire di senso civico il curricolo che sto
preparando per la mia classe e di preparare alcuni appunti per una serie di
esercitazioni di matematica elementare finalizzate all’insegnamento della
differenza tra tasse progressive e tasse lineari: un vero “compito di realtà”, come lo
chiamano oggi i pedagogisti. D’altronde la
matematica a scuola serveproprio a queste cose, ad operare in maniera più consapevole le
proprie scelte da cittadini; tante volte si studia la Costituzione come
documento in sé, mentre per capirne le caratteristiche conviene paragonare i
principi affermati da essa con i principi contro cui il testo prese forma. In
attesa che il Ministero e l’Invalsi si muovano in questa direzione (si fa per
ridere, ovviamente), vi presento brevemente la mia proposta.
Un percorso didattico nella
scuola primaria: comprendere le imposte dirette in tre mosse
Prerequisiti: conoscenza delle frazioni e in
particolare delle percentuali.
Classi cui è destinato: quarte e soprattutto quinte.
Passaggio iniziale: L’art. 53 della Costituzione
recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della
loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività”.
Ma cosa significa? Che i cittadini devono versare allo
Stato una parte dei loro guadagni, le imposte. Poi lo Stato userà quei soldi
per spese pubbliche, cioè ospedali, scuole, strade, ecc. destinati a tutti.
Ed è sempre stato così? È così dovunque? No. Ci sono
anche altri modelli di tassazione.
Proponiamo allora ai bambini, organizzati in piccoli gruppi, tre simulazioni in forma
di problemi, per capire i diversi modelli di tassazione direttaesistenti. Alla fine forse potremo
capire meglio il senso della imposizione progressiva presente nella
Costituzione (che è anche uno dei risultati della lotta contro il
nazifascismo). Ovviamente si tratta di modelli semplificati, utili a spiegare e
a capire i princìpi e le differenze generali: saranno le scuole medie e le
scuole superiori a precisare eventualmente il percorso di conoscenza.
Primo problema.
Lo stato dispotico antico, oligarchico, cioè in mano
alle famiglie più ricche, organizzerebbe le imposte per arricchirsi sempre di
più, prelevandole in modo massiccio dalla popolazione più o meno povera, i
sudditi. Così la simulazione potrebbe essere.
10 ricchi guadagnano 1.000 soldi a testa, ma non
pagano imposte [ = 0 soldi x 10 = 0 ]
1.000 sudditi poveri guadagnano 10 a testa, ma devono
versare il 40 per cento in tasse [ = 4 soldi x 1.000 = 4.000 ]
I 4.000 soldi riscossi (0 + 4.000) serviranno ad
aumentare la differenza di ricchezza tra ricchi e poveri, perché verranno
trattenuti nelle mani degli oligarchi e magari spese per finanziare l’esercito.
Secondo problema.
Facciamo ora finta di essere uno Stato che vuole
utilizzare i soldi delle imposte per occuparsi della salute dei suoi cittadini
(ma lo stesso discorso si potrebbe fare per l’istruzione, per la viabilità… e purtroppo
anche per l’esercito).
Applicando un’aliquota lineare, cioè una percentuale
di imposta uguale per ognuno, come la flat tax, avremmo la seguente situazione:
10 ricchi guadagnano 1.000 soldi a testa, ma versano
il 20 per cento di tasse [ = 200 soldi x 10 = 2.000 ]
1.000 poveri guadagnano 10 a testa, ma devono versare
il 20 per cento in tasse [ = 2 soldi x 1.000 = 2.000 ]
I 4.000 soldi riscossi (2.000 + 2.000) serviranno a
costruire e gestire ospedali e a rendere disponibili medicine, ma non modificheranno
la differenza di ricchezza tra ricchi e poveri, che rimarrà immutata. Ricchi e
poveri si faranno carico allo stesso modo degli ospedali.
Terzo problema.
L’aliquota “progressiva” è una tassazione che cresce
più che in proporzione. Applicando un’aliquota progressiva, come scritto nella
nostra Costituzione, potremmo avere ad esempio la seguente situazione:
10 ricchi guadagnano 1.000 a testa, ma versano il 40
per cento di tasse [ = 400 soldi x 10 = 4.000 ]
1000 poveri guadagnano 10 a testa, ma devono versare
il 10 per cento in tasse [ = 1 soldo x 1.000 = 1.000 ]
I 5.000 soldi riscossi (4.000 + 1.000) serviranno a
costruire e gestire ospedali migliori e a rendere disponibili medicine,
modificando (anche se di poco) la differenza di ricchezza tra ricchi e poveri
(il povero mantiene 9 soldi, il ricco ne mantiene 600), ma caricando sui ricchi
una parte maggiore del costo degli ospedali.
Esistono infatti malattie che comportano cure molto
costose, e che un povero non potrebbe pagarsi, mentre un ricco non ha questo
problema. La combinazione di un sistema di tasse progressivo e di un sistema di
ospedali pubblici permette ai poveri di affrontare con più tranquillità la
vita, pur sapendo che qualora un giorno diventassero ricchi toccherebbe a loro
contribuire maggiormente alla salute di tutti.
Conclusione
Questa è la ragione matematica per cui chi è ricco –
comprensibilmente dal suo punto di vista egoistico – spera che il sistema di
tasse diventi lineare, perché gli permetterebbe di non intaccare la propria
ricchezza per contribuire alla salute di tutti.
Questa è anche la ragione per cui chi è povero – se ha ben
compreso la matematica – spera che il sistema di tasse rimanga progressivo e
anzi aumenti il tasso di progressività, perché ciò gli permetterebbe di avere
un sistema di ospedali migliore e di contribuire alla salute di tutti e alla
propria meno di quanto vi debbano contribuire i cittadini più ricchi.
La progressività delle tasse
mira cioè a un rapporto solidale tra i cittadini. A redistribuire parti delle ricchezze
dei più ricchi per migliorare i servizi più importanti per tutti i cittadini.
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