Sulla questione libica, Francia e Italia si guardano di
traverso non solo perché si contendono il ruolo di pacieri nella speranza di
assicurarsi un posto a tavola nella Libia che verrà, ma anche perché si
rapportano in maniera diversa nei confronti dei due governi presenti in Libia.
L’Italia collabora esclusivamente con Al-Serraj, capo di governo riconosciuto
dalle Nazioni Unite, che però controlla solo la Tripolitania e pochi altri
territori della parte occidentale del paese. La Francia, invece, sostiene più
volentieri il generale Haftar, capo militare che controlla non solo la
Cirenaica ma tutta la parte centrale e orientale del paese. Due scelte di campo
non casuali che fanno assumere ai due rivali non tanto il volto dei pacieri
disinteressati, quanto delle potenze coloniali assetate di controllo.
Ovviamente la questione petrolifera è sempre in primo
piano, considerato che la Libia possiede le maggiori riserve di petrolio
dell’Africa, le none nel mondo, circa 48 miliardi di barili (il 3% circa
dell’intero ammontare delle riserve mondiali). Prima del rovesciamento di
Gheddafi, nel 2011, la Libia produceva 1,65 milioni di barili di petrolio al
giorno e 17 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Le due risorse
rappresentavano il 65% del prodotto lordo nazionale e contribuivano al 95%
delle entrate governative. Ma dal 2013, la produzione si è praticamente
dimezzata per l’attacco ai pozzi da parte delle innumerevoli milizie armate che
tempestano la Libia.
Da un punto di vista operativo l’estrazione e la vendita
degli idrocarburi è affidata alla National Oil Corporation (NOC), un’azienda di
stato che opera non solo in proprio, ma anche per il tramite di società
compartecipate da multinazionali, senza escludere la possibilità di permettere
a quest’ultime di estrarre su licenza. Tra queste ENI che sotto varie forme
societarie gestisce diversi giacimenti di gas e petrolio non solo onshore,
ossia sulla terra ferma, ma anche offshore, ossia in mare, principalmente nella
parte ovest del paese, quella sotto il controllo del governo Al-Serraj.
Tuttavia la maggior parte del petrolio libico si trova nella parte centrale del
paese, quella sotto comando del generale Haftar. Alcuni pozzi di questa zona
sono gestiti dalla società Waha Concessions nel cui azionariato compare anche
Total che da vari anni sta cercando una strategia per affermarsi in Libia. Con
successo, dal momento che è presente anche in altre società che gestiscono
altri due giacimenti: l’uno nel Mar Mediterraneo, l’altro nel Fezzan, la
regione più a sud del paese.
Ma la difesa delle proprie imprese è solo uno dei temi
che divide Francia e Italia. L’altro è il controllo del territorio su cui i due
paesi sono di nuovo concorrenti. L’obiettivo principale dell’Italia è fermare
l’arrivo di migranti attraverso il Mar Mediterraneo e poiché gli imbarchi
avvengono nella parte occidentale della Libia, i legami sono stati stretti con
Al-Serraj a cui è stata offerta amicizia e sostegno economico, in cambio del
controllo dei flussi migratori. Così fece il governo Renzi e poi il governo
Gentiloni per continuare col governo Conte.
Ovviamente l’Italia sa che una politica efficace contro
flussi migratori richiede un blocco dei passaggi più a sud, già nel Niger, per
cui vorrebbe avere più influenza nelle regioni del Sahel. Ma l’Africa sahariana
ha una storia coloniale con la Francia e in questi paesi non si muove foglia
senza che la Francia non voglia. E la volontà della Francia è di non avere
altre presenze straniere all’infuori di lei o dei suoi stretti alleati, per cui
l’Italia non ha grandi prospettive di poter inviare propri contingenti. Ma dopo
il Niger la rotta dei migranti passa per la Libia e qui l’Italia potrebbe
essere facilitata in nome dei trascorsi coloniali. Ma il territorio libico a
ridosso del Niger è il Fezzan ormai una terra di nessuno dove decine di gruppi
armati si fronteggiano per il controllo di porzioni di territorio. Una situazione
di anarchia che ha facilitato il proliferare di varie altre anomalie. Non solo
l’esplosione di ogni forma di traffico illegale, dal passaggio clandestino dei
migranti al contrabbando di armi, droghe e oro, ma anche l’insediamento di
gruppi armati islamisti che fanno da spalla a gruppi analoghi presenti in altri
paesi del Sahel. Ed è proprio quest’ultimo aspetto che più preoccupa la Francia
inducendola a perseguire scelte di politica estera che le assicurino non solo
la stabilizzazione del Fezzan, ma anche la possibilità di avere una presenza
nella regione. Fra i due governi oggi presenti in Libia, quello che ha più
probabilità di prendere il controllo del Fezzan non è Al Serraj, ma Haftar che
gode di maggiori simpatie da parte dei gruppi locali. Di qui la seconda ragione
che spinge la Francia a stringere amicizia con Haftar in aperto contrasto con
l’Italia che almeno nel Fezzan vorrebbe insediarcisi lei. Vecchie logiche
coloniali avanzano.
da qui
Grazie. Rilancerò anche quest'analisi nel mio blog.
RispondiEliminaricordare che siamo stati i padroni della Libia, e che qualcosa rimane sempre, è utile, per capire e approfondire i fatti
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