è sempre bene leggere cosa era (e cosa è) la schiavitù, per non dimenticare.
Colson Whitehead mette fra i protagonisti, anzi, il protagonista è la ferrovia sotterranea, una ferrovia misteriosa che porta al nord, libero dalla schiavitù.
chi ha visto 12 anni schiavo sa di cosa si tratta.
la cosa terribile è l'esistenza di bande di legali cacciatori di schiavi fuggiti, capaci di ogni violenza pur di (ri)portare neri al Sud (come anche il film racconta)
quello che stupisce Cora e tutti i neri schiavi è la violenza e la gratuità e impunità della crudeltà.
non so se questo libro è un capolavoro, lo diranno i posteri, solo dico che è un libro necessario.
buona lettura.
…Colson Whitehead scrive una storia che non soltanto
sovverte qualche canone, una pretesa letteraria onnipresente e quasi banale, ma
mescola alcuni ingredienti in una ricetta che ha una certa pretesa, non del tutto
campata in aria, di originalità.
La storia è di schiavismo nelle sterminate piantagioni
di cotone del sud degli Stati Uniti, quindi possiamo approssimativamente
collocarci nella prima metà dell’Ottocento, comunque prima della guerra di
secessione tra stati Confederati e stati Unionisti. Determinare un riferimento
storico però non è indispensabile e forse anche sbagliato da assumere. Nel
senso che per quel che sappiamo della storia, la vicenda potrebbe benissimo
essersi svolta in un tempo e luogo completamente immaginario, dove nessuna
guerra civile americana si è svolta e lo schiavismo non è mai stato abolito
dagli stati del sud.
Questo non è un romanzo storico. Chi lo assume come
tale fa una supposizione del tutto arbitraria (e si perde gran parte del gusto,
dico io).
La storia segue la vita della protagonista, Cora,
giovane schiava in una piantagione della Georgia. La storia è quella di una
fuga per la libertà, dagli orrori della schiavitù verso un mitico nord nel
quale anche i neri sono liberi. Niente di originale in questo, anzi, storia
classica, raccontata molte volte, cinematografata, televisiva, mitizzata,
manipolata e distorta a piacere da chiunque, razzisti e attivisti, liberal e
conservatori. Storia ancora non conclusa, come l’attualità ci ricorda, le
immagini degli orrori dello schiavismo americano toccano corde sensibili nelle
coscienze di molti e forse hanno una funzione civica per i moltissimi con
evidenti problemi di memoria. Tuttavia, chi leggendo il libro si accontenta di
questo, si accontenta dell’attualità.
Whitehead fa un’altra operazione, sfruttando la
vicenda tradizionale della storia americana e anche il momento propizio per
toccare certi temi: scrive una storia gotica della natura dell’uomo…
…La ferrovia sotterranea conta 376 pagine
ma non me ne sono neanche accorta. Non riuscivo a staccarmene, troppo presa
dagli eventi, dai personaggi e dalle storie che costellano il cammino di Cora.
C'è Caesar che per primo dà il via a questo lungo e difficile viaggio, c'è il
capostazione Lumbly, il terribile cacciatore di schiavi Ridgeway, gli spietati
fratelli Randall, c'è la tenuta dei Valentine dove gli schiavi liberati
assaggiano per la prima volta un brandello di libertà e ci sono figure
femminili straordinarie come la vecchia Ajarry e Mabel.
E, infine, l'altro grande personaggio, la
ferrovia sotterranea, che assume contorni e sfumature diversi a ogni tappa, a ogni nuova
stazione. Cosa ci sarà oltre quelle scalette che salgono in superficie,
oppressione o libertà? L'incognita è sempre in agguato: La ferrovia
sotterranea è più grande delle persone che ci lavorano: comprende anche tutti
voi. Le piccole diramazioni, le grosse direttrici. Abbiamo le locomotive più
all'avanguardia e quelle antiquate, e abbiamo carrelli a mano come quello che
hai visto. La ferrovia arriva dappertutto, in posti che conosciamo e altri che
non conosciamo. C'è questo tunnel qui, proprio sotto di noi, e nessuno sa dove
porta. Se continuiamo a tenere in funzione la ferrovia, e nessuno di noi arriva
a capirlo, magari potresti capirlo tu…
… In un mondo in cui i giornali fanno della violenza uno spettacolo e si
rincorrono nel pubblicare foto di bambini spiaggiati o di neonati morti di fame
e in cui la narrativa, letteraria, cinematografica e televisiva poco importa,
la iperdrammatizza e la enfatizza, Whitehead infatti fa una cosa
rivoluzionaria: lascia parlare la violenza da sola, senza didascalie, senza
troppi indugi e senza retorica.
Ne La ferrovia sotterranea di violenza ce n'è ad ogni
pagina, praticamente ad ogni riga. Sarebbe stato difficile d'altronde il
contrario, visto che il romanzo è la storia della drammatica fuga di una
giovane schiava dalla piantagione dei suoi proprietari attraverso gli Stati
Uniti del primo Ottocento. La bravura di Whitehead sta proprio nel lasciare che
la violenza insita in ogni cosa che racconta si faccia avanti da sola, senza
iperrealistici e inutili indugi. La morte è quasi sempre questione di un
momento, di una frase. E anche quando è resa lenta e terrificante dalla
tortura, questa arriva al lettore in poche istantanee, quelle che bastano.
«Quando ho scritto La ferrovia sotterranea non
ho pensato all'America contemporanea». Ecco il segreto, la confessione dell'autore,
il trucco: non c'è nessuna volontà morale o educativa nella penna di Whitehead.
C'è solo il piacere (in questo caso piuttosto doloroso) di raccontare una
storia di libertà e di sofferenza, di razzismo, di eroismo e codardia, di
umanità e disumanità. «Volevo semplicemente scrivere qualcosa che fosse attuale
nel 2015, ma anche nel 1995, nel 1985 e così via», continua, «L'America era un
paese razzista 150 anni fa e lo è tutto tuttora, quindi è ovvio che quando
parli di una storia di schiavi e di razzismo negli Stati Uniti d'America, anche
si stratta di una storia che appartiene a un mondo scomparso da 150 anni, la
prima cosa che ti viene in mente è l'America di Trump. Ma non scrivo libri per
mandare messaggi, nemmeno in questo caso»…
…Se
la condizione della vita degli schiavi e i costumi degli Stati schiavisti sono
realistici, l’unica libertà che Whitehead si è preso è stata quella di inventare la ferrovia sotterranea.
Questo è l’espediente che utilizza l’autore per spostare i suoi personaggi dal
Sud verso il Nord degli Stati Uniti. I treni sotterranei non sono mai esistiti,
ma io voglio credere che qualche bianco, nel profondo Sud o nelle colonie
dell’Est, abbia aiutato qualche schiavo a fuggire dall’inferno.
L’America in quel periodo non era un buon posto per chi stava dalla parte degli schiavi:
gli schiavisti erano numerosi e la legge era dalla loro parte; c’erano
punizioni molto cruente per i bianchi che aiutavano gli schiavi a fuggire o
peggio se li nascondevano in casa in attesa di farli scappare. La legge
permetteva agli schiavisti di poter recuperare gli schiavi di loro proprietà
anche a distanza di chilometri e spesso anche se si erano rifugiati negli Stati
abolizionisti…
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