martedì 23 settembre 2025

Austerità, militarismo, censura: Trump ci mostra il loro legame - Clara Mattei

 

Le università controllate, la distruzione del welfare per finanziare politiche securitarie e sgravi ai ricchi, il sostegno a Israele nel massacro in Palestina

Quasi 700 giorni di genocidio a Gaza e lo strazio continua. Solo un paio di settimane fa, con un largo voto bipartisan, il Senato americano ha ancora una volta affossato il tentativo di fermare la vendita di bombe e fucili a Israele per un valore di 675 milioni di dollari. Una cifra ridicola, simbolica rispetto a quanto annualmente gli Stati Uniti spendono per rifornire di armi quel Paese, che testimonia la complicità della classe politica statunitense con il massacro in corso. Intanto le università statunitensi si preparano a riaprire in un clima culturale che sembra aver ormai superato per intensità repressiva persino quello del maccartismo: molte oggi appaiono come ghetti militarizzati, con check point elettronici e sorveglianza costante sui docenti.

Rashid Khalidi, professore emerito alla Columbia e titolare della cattedra Edward Said, ha recentemente rinunciato al suo insegnamento. In una lettera aperta al presidente dell’università, ha denunciato l’impossibilità di insegnare liberamente la storia del Medio Oriente dopo che l’ateneo ha firmato un accordo con l’amministrazione Trump, adottando la definizione IHRA di antisemitismo: volutamente ambigua, confonde critica politica e odio razziale. Non è un caso isolato. Columbia è il baricentro simbolico delle Ivy League: università d’élite che oggi si rivelano per ciò che sono sempre state, istituzioni governate come corporation, dove gli studenti si indebitano per essere indottrinati dal sapere dominante. Trump non fa altro che mostrare questa realtà nella sua forma più cruda. Antonio Gramsci l’aveva già compreso: l’università è parte integrante dell’apparato del potere statale, essenziale nella costruzione del consenso per un ordine socio-economico fondamentalmente antidemocratico. Se un tempo la maschera era quella del pluralismo, oggi il volto è apertamente autoritario.

Abbiamo quindi un compito urgente: squarciare il velo dell’ideologia liberale, analizzando con lucidità le radici economiche di questo mondo capovolto, dove il valore d’uso della vita è subordinato al valore monetario. Non vi è metafora più potente: bambini scheletro, amputati, trucidati… e il titolo in borsa di Leonardo S.p.A. che schizza a +274% da ottobre 2023. L’intera economia globale è coinvolta. Nel suo rapporto all’Onu del luglio 2025, Francesca Albanese denuncia una fitta rete di facilitatori che alimentano l’industria bellica: studi legali, società di consulenza, trafficanti d’armi, agenti, broker. Una rete tentacolare che trasforma la distruzione della vita palestinese in dividendi record per giganti come Alphabet, Amazon, Microsoft, Vanguard, BlackRock e le grandi multinazionali del petrolio e delle materie prime.

Il caso palestinese non è un’eccezione, è una chiave di lettura. È la metafora della nostra economia: un sistema che può sopravvivere solo attraverso austerità e militarismo. La spesa sociale è una minaccia per l’ordine di classe: dare risorse ai cittadini significa ridurre la dipendenza dal mercato e aprire varchi per costruire alternative economiche. La spesa militare, invece, non apre conflitti redistributivi, non politicizza l’economia e serve anche a risolvere un problema cronico: la sovrapproduzione. Le aziende producono più beni di quanti i salariati possano acquistare, ma la domanda statale per armi e controllo sociale garantisce nuovi mercati, nuovi investimenti, nuova “crescita”.

Lo conferma l’ultima manovra firmata Trump: il “One Big Beautiful Bill”, approvato il 4 luglio, rappresenta l’aritmetica perfetta dell’austerità. Quasi 200 miliardi di dollari tagliati all’assistenza alimentare – che lasceranno due milioni di statunitensi senza cibo – serviranno a finanziare centri di detenzione, sorveglianza di frontiera e tecnologia bellica. Oltre 1.000 miliardi verranno tagliati da Medicaid, causando la perdita di copertura sanitaria per 16 milioni di persone, ma chi guadagna più di mezzo milione l’anno riceverà sgravi fiscali per 168 miliardi. E invece di ridurre il debito, la legge lo aumenterà di oltre 3.000 miliardi in 10 anni. Altro che prudenza economica! L’austerità è un meccanismo di controllo, pensato per piegare le aspirazioni collettive e garantire l’obbedienza sociale. Povertà, disoccupazione e disuguaglianza non sono “effetti collaterali”: sono strumenti con cui il sistema si preserva. Basti pensare che oggi, negli Usa, il Paese più ricco del mondo, il 44% dei lavoratori americani a tempo pieno non guadagna abbastanza per soddisfare i propri bisogni fondamentali e oltre la metà della popolazione vive senza sicurezza economica. L’ordine del capitale non potrebbe reggersi senza il duetto inscindibile tra militarismo e austerità. Trump, con la sua brutalità, ci fa un favore: ci costringe a vedere ciò che la retorica liberale ha sempre nascosto. Tocca a noi ora decidere cosa fare di questa consapevolezza.

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