L’ordine di evacuazione ai palestinesi arriva con i missili, distrutto un palazzo di 12 piani con centinaia di tende sotto. È solo il primo. Chi dà l’ordine politico è già criminale di guerra, ma anche chi dà e chi esegue quegli ordini militari ormai lo sono.
Hamas l’alibi per ogni orrore
E’ salito a
21 morti, di cui 13 a Gaza City, il bilancio dei morti negli attacchi a Gaza
dall’alba. Lo scrive la Wafa citando fonti mediche. «Colpita la Torre Al-Ra’i e
le tende sottostanti situate all’incrocio tra Beirut Street e Arab League
Street. L’esercito israeliano aveva esortato la popolazione di Gaza City a
evacuare la città e a spostarsi urgentemente verso sud, verso una inesistente
‘zona umanitaria’». Nella giornata di ieri, le forze israeliane hanno ucciso
più di 50 palestinesi a Gaza, tra cui almeno sette bambini, durante gli
attacchi a Gaza City. L’attacco al centro urbano è continuato durante la notte,
con attacchi mortali alle abitazioni nel campo profughi di Shati, dove sono
morte cinque persone di cui un bambino, e a una palazzina abitativa nello
stesso campo in sui ne sono morte altre cinque. Secondo i giornalisti di Al
Jazeera sul campo, le forze israeliane stanno inoltre continuando a demolire
edifici e abitazioni in città. Amnesty International, citata dall’emittente
qatarina, ha avvertito che l’escalation dell’attacco israeliano a Gaza City
avrà «conseguenze catastrofiche e irreversibili per i palestinesi».
Il terrore è
l’unico strumento che possa garantire lo sfollamento della popolazione di Gaza
City. E Israele lo sta utilizzando, alzando ogni giorno il livello di
distruzione degli attacchi e avvicinandosi sempre più alle aree densamente
popolate. Dal Manifesto: «Ieri gli aerei di Tel Aviv hanno consegnato con i
missili un ordine di evacuazione che ha fatto tremare la terra e spostare
l’aria. Un primo colpo di avvertimento ha centrato la torre Mushtaha, una
costruzione di dodici piani. Dopo soli quindici minuti, i missili israeliani
hanno completamente abbattuto il grattacielo, con un’enorme potenza di fuoco
ripresa da più telecamere. Nella torre risiedevano decine di palestinesi
sfollati e tutta l’area è coperta da centinaia di tende e di profughi».
Ministro criminale confesso
«A Gaza il
catenaccio sta per essere rimosso dalle porte dell’inferno. Porta che, –
specifica iI ministro della guerra Israel Katz-, una volta aperta non si chiude
più». Il portavoce in lingua araba dell’esercito, Avichay Adraee, ha confermato
che altre imponenti residenze verranno attaccate nei prossimi giorni. I
militari parlano di strutture utilizzate da Hamas, senza portare alcuna prova a
sostegno. La proprietà della torre Mushtaha ha respinto le accuse, dichiarando
che l’edificio ospitava solo i profughi. Andraee dichiara che verranno
considerati strumenti di Hamas anche le telecamere posizionate ai piani alti
dei palazzi. L’esercito intende distruggerle, proprio come accaduto ad agosto
all’ospedale Nasser di Khan Younis, dove i militari hanno colpito la telecamera
di Hussam al-Masri, il giornalista della Reuters ucciso insieme ad altre
diciannove persone, tra cui quattro colleghi. Nonostante l’agenzia di stampa
internazionale abbia confermato la gestione della trasmissione, l’esercito ha
dichiarato che la telecamera «rappresentava una minaccia immediata».
Testimoni e immagini ‘minaccia
immediata’
L’operazione
di distruzione degli edifici di Gaza City e la deportazione di un milione di
residenti vanno avanti tra la fame e la miseria. L’Unicef ha fatto sapere che
nel mese di luglio 13mila bambini palestinesi sono stati ricoverati per
malnutrizione. Nelle prime due settimane di agosto i ricoveri erano già 7.200.
L’organizzazione delle Nazioni unite che si occupa dei bambini ha dichiarato
che a Gaza City «l’infanzia non può sopravvivere». Nonostatei tentativi di
alcuni funzionari di convincere il premier a trattare con Hamas, Netanyahu e i
suoi principali alleati non intendono fermare l’esercito. Secondo fonti del
Wall Street Journal, ministri e responsabili di sicurezza starebbero tenendo in
questi giorni colloqui privati con il premier, consigliandogli di accettare un
cessate il fuoco temporaneo. Il timore diffuso è che l’occupazione di Gaza City
non raggiungerà l’obiettivo di sconfiggere Hamas e che l’esercito dovrà dunque
spingersi ancora più in profondità. Occupando i campi centrali, di fatto i
militari controlleranno tutta la Striscia e saranno costretti a mettere in
piedi una sorta di amministrazione per gestire la popolazione.
Cacciata dei palestinesi verso
l’Egitto
Per
evitarlo, il premier v ha annunciato che intende aprire il valico di Rafah, per
spingere i palestinesi verso l’Egitto. Ma il Cairo ha dichiarato che non
collaborerà ai tentativi di Israele di espellere i palestinesi da Gaza,
precisando che se Tel Aviv dovesse aprire il valico, l’Egitto lo chiuderebbe
dal suo lato. Netanyahu ha quindi accusato il vicino arabo di voler
«imprigionare i residenti di Gaza che vogliono lasciare la zona di guerra», con
un riferimento surreale alla libertà di scegliere il proprio luogo di residenza
come «diritto umano fondamentale in ogni momento».
Cisgiordania, peggio del ‘far west’
dei ‘pellerossa’
In
Cisgiordania intanto, ieri trenta coloni israeliani hanno attaccato il
villaggio di Khalet al-Daba’a, a Masafer Yatta, ferendo almeno dieci persone,
tra cui un neonato, un bambino e un’anziana. Intento la stessa popolazione
palestinese non sostiene più l’Autorità Nazionale Palestinese, l’ANP di Abu
Mazen, per la sua sudditanza a Israele e Stati Uniti. E clamorose incapacità
politiche. Abu Mazen e il suo vice Hussein Sheikh, scrive Michele Giorgio, si
erano convinti che i riconoscimenti annunciati dello Stato di Palestina da
parte della Francia e di altri Paesi occidentali avrebbero rilanciato il loro
ruolo sulla scena diplomatica, anche in vista della gestione futura di Gaza.
Poi Trump peggio di Netanuahu
«Gli Stati
Uniti li hanno gelati con la decisione annunciata da Rubio», denunciano da ANP.
La revoca dei visti d’ingresso comunicata dal Segretario di Stato Usa, che
impedirà al presidente e ad altri funzionari dell’Anp e dell’Olp di partecipare
all’Assemblea generale dell’Onu. L’audio incriminato: nella registrazione, due
uomini discutono del presunto imminente scioglimento dell’Anp e della situazione
nei Territori occupati. Per il governo palestinese si tratta di «pura
disinformazione. La registrazione, afferma, è «falsa». Allo stesso tempo la
rapidità con cui la voce si è propagata e l’allarme che ha generato raccontano
molto sullo stato d’animo della popolazione palestinese, che da lungo tempo
percepisce l’Anp come piegata ai voleri di Israele e degli Usa, fragile e
paralizzata politicamente.
L’ANP anche in bancarotta
Alla
crescente incapacità della leadership dell’Anp di incidere sui processi
politici si è aggiunta la preoccupazione del collasso senza orizzonte che,
temono in tanti, potrebbe portare caos e instabilità nelle città palestinesi,
destinate a diventare bantustan a tutti gli effetti se Israele, come prevede il
piano presentato dal ministro Bezalel Smotrich, procederà all’annessione di
gran parte della Cisgiordania senza assorbire la popolazione palestinese.
L’ipotesi di un crollo dell’Anp si è rafforzata dopo la decisione di
Trump, sotto la pressione di Israele, di prendere di mira Abu Mazen, che pure è
l’esponente palestinese più moderato e pronto al dialogo con Tel Aviv e
Washington. Pesa anche la crisi finanziaria prodotta dal blocco israeliano dei
trasferimenti fiscali: oltre otto miliardi di shekel (più di due miliardi di
euro) trattenuti che privano l’Anp di risorse vitali. Insegnanti, infermieri,
agenti di polizia ricevono stipendi parziali o in ritardo, mentre ospedali e
scuole sono in grande affanno.
Se l’Autorità dovesse cedere – avverte – molti temono che il vuoto
potrebbe essere occupato da milizie locali o da formule ibride e pericolose».
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