LA BALLATA DELLO STRONZIO –
Stefano Benni (12 maggio, 1986)
C’è chi teme l’isotopo
e le bizze del protone
chi l’orrendo plutonio
dall’infernale nome
chi vede iodio piovere
su monti fiumi e prati
e inquinar perfino
gli amati surgelati
poi il vento porta via
tutta la scoria infame
ma giuro, in fede mia,
che lo stronzio rimane
(e sempre rimarrà)
Lo stronzio è un elemento
direi fondamentale
in ogni umano evento
fatale o naturale
elemento che un giorno
senza sospetto alcuno
Mendeleiev mischiò
agli altri novantuno
lo si trova in natura
in forme varie e strane
alcune minerali
alcune quasi umane
lo stronzio è quel ministro
di corpulenta mole
che propaganda guerra
perfino nelle scuole
lo stronzio è lo scienziato
che alla tivù dibatte
di chiudere le centrali
ma soltanto del latte
lo stronzio alla domanda
se siamo radioattivi
risponde: accontentatevi
di essere ancora vivi
(fin quando durerà)
Il buon iodio di solito
al mare riposava
o disciolto in tintura
le ferite curava
non chiese certo lui
di andare militare
a difendere la patria
nel Corpo nucleare
Il radicchio alla nascita
non è certo assassino
non ci risulta attacchi
a morsi il contadino
ma lo stronzio è diverso
è un caso straordinario
lo stronzio è volontario
e sempre lo sarà
lo stronzio si prosterna
a armieri e inquinatori
canta il Rinascimento
degli speculatori
lo stronzio ama il progresso
di un amore infinito
piuttosto muore subito
ma muore progredito
(sai che felicità)
Reaganiano o sovietico
sotterraneo o palese
di miniere di stronzio
è ricco ogni paese
non credete allo stronzio
che dice «passerà»
non è solo un revival
la radioattività
non credete allo stronzio
che finge commozione
e intanto firma il piano
di una nuova esplosione
bombardieri e atomiche
non partono da soli
ci son tracce di stronzio
sul pulsante dei voli
Nelle acque minerali
scienziati competenti
ci firmano le analisi
di tutti gli ingredienti
E garanzie analoghe
chiedono gli italiani:
sia scritto da domani
visibile all’esterno
di ogni ente e governo
industria o parlamento
«contiene stronzio puro
al cinquanta per cento»
(almeno si saprà)
Di seguito lo scritto di Stefano Benni per Mattia, in carcere dal 9
dicembre 2013 con l’assurda accusa di terrorismo.
“A volte si
è più liberi dietro un muro, che in un deserto di indifferenza”
Per Mattia
da tua madre
vengo a sapere del tuo momento difficile. Non ti conosco. Ma ho avuto la tua
età e mi sono ribellato, e ho provato rabbia e ho conosciuto, anche se per
breve tempo, la prigione militare. Non ho nessuna lezione da darti, se non
questa: quando ero chiuso in caserma, leggevo, parlavo con i miei compagni,
scrivevo. Tutto, pur di non sprecare il mio tempo, pur di non darla vinta a chi
mi aveva privato della libertà. E ci sono riuscito.
Non conosco
la tua storia, immagino sia quella di molti giovani che vivono in questo paese
apparentemente senza anima e senza speranza. Mio figlio ha scelto di lavorare
all’estero, nelle emergenze umanitarie. Tu hai scelto di batterti per le cose
in cui credi. Finché ci saranno giovani come voi, anche se diversi nelle idee e
nelle forme di lotta, mi viene da pensare che questo paese abbia ancora un
pezzo di anima e un respiro di speranza. A volte si è più liberi dietro un
muro, che in un deserto di indifferenza. Tieni duro
Stefano
Benni
Orsi a
Montreal – Stefano Benni
Stamattina ho aperto
gli occhi e c’era la neve
Neve sui secchi abeti dell’ospedale
E ho pensato: beh anche loro invecchiano
Anche loro provano il morso di questo inverno
Come me, albero disseccato disteso in un letto
Con la flebo in un ramo e una chioma incolta di
foglie
E non importa, alberi miei, se voi avrete la
primavera
E io forse no. Vi auguro sole e scoiattoli
E vi ringrazio perché avete voluto assomigliarmi
Fred stanotte è venuto a tenermi compagnia
Mi leggeva Melville e le sue poesie di guerra
Poesia e diarrea mi accompagnano spesso la notte
E ho imparato che nessuna può niente contro
l’altra
Se la poesia mi incanta, la diarrea grida: basta
E chiede giustamente un attimo di attenzione
Ma all’uscita del bagno la poesia aspetta
E dice: ora ascolta anche la tua anima
Ho letto un fascicolo di Wildlife sugli orsi
Di come è dura la loro vita, al polo
Bianchi e terribili ma anche loro si ammalano
E muoiono e spesso non hanno da mangiare
E mi sono sentito come un vecchio orso
Sperduto nel polo di questi bianchi corridoi
E se un giorno arriverò a vedere il disgelo
Mi metterò in cammino verso nord
Andrò a pescare col mio amico Fred l’orso bruno
Da due mesi sto in ospedale, non so se ne uscirò
Ma forse quando uscirò non ci sarà più la neve
Saluterò gli alberi e dirò: tenete duro ragazzi
Anch’io tengo duro e Fred, e gli orsi
Lontano da qui, dove non arriva la metropolitana
E il vento gelido urla e non c’è riparo
Un po’ come andar contro ai dati delle analisi
Ma l’orso si alza scrolla la neve e riparte
Verso qualche miraggio o tana o nuova avventura
Perché vedete, se la vita diventa più corta
C’entra più vita dentro, ed è come se un ramo
Si riempisse di linfa, o un torrente si
gonfiasse d’acqua
Non puoi dirgli che l’inverno incombe o il mare
è vicino
Scorrerà forte, in un incredibile infanzia
Così siamo per metà decrepiti e per metà bambini
E un po’ poesia e un po’ diarrea
Un po’ vecchi alberi, e orsi, e numeri in una
corsia
In un punto del Polo nord chiamato Montreal
E a te, proprio a te che affretti il passo
Davanti alla bianca scogliera dell’ospedale
Quasi temessi l’onda o il vento della malattia
Vorrei dirti: fermati, non aver paura
Bevi un caffè alla mia salute, compra un rivista
di orsi
E non preoccuparti della piccole vendette e dei
privilegi
Un giorno sarai davanti al bianco della tua
anima
Davanti al ghiaccio e alla solitudine
Sii pronto a ridere, almeno una volta
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