mercoledì 10 settembre 2025

ricordo di Stefano Benni


LA BALLATA DELLO STRONZIO – Stefano Benni (12 maggio, 1986)

C’è chi teme l’isotopo

e le bizze del protone

chi l’orrendo plutonio

dall’infernale nome

chi vede iodio piovere

su monti fiumi e prati

e inquinar perfino

gli amati surgelati

poi il vento porta via

tutta la scoria infame

ma giuro, in fede mia,

che lo stronzio rimane

(e sempre rimarrà)

Lo stronzio è un elemento

direi fondamentale

in ogni umano evento

fatale o naturale

elemento che un giorno

senza sospetto alcuno

Mendeleiev mischiò

agli altri novantuno

lo si trova in natura

in forme varie e strane

alcune minerali

alcune quasi umane

lo stronzio è quel ministro

di corpulenta mole

che propaganda guerra

perfino nelle scuole

lo stronzio è lo scienziato

che alla tivù dibatte

di chiudere le centrali

ma soltanto del latte

lo stronzio alla domanda

se siamo radioattivi

risponde: accontentatevi

di essere ancora vivi

(fin quando durerà)

Il buon iodio di solito

al mare riposava

o disciolto in tintura

le ferite curava

non chiese certo lui

di andare militare

a difendere la patria

nel Corpo nucleare

Il radicchio alla nascita

non è certo assassino

non ci risulta attacchi

a morsi il contadino

ma lo stronzio è diverso

è un caso straordinario

lo stronzio è volontario

e sempre lo sarà

lo stronzio si prosterna

a armieri e inquinatori

canta il Rinascimento

degli speculatori

lo stronzio ama il progresso

di un amore infinito

piuttosto muore subito

ma muore progredito

(sai che felicità)

Reaganiano o sovietico

sotterraneo o palese

di miniere di stronzio

è ricco ogni paese

non credete allo stronzio

che dice «passerà»

non è solo un revival

la radioattività

non credete allo stronzio

che finge commozione

e intanto firma il piano

di una nuova esplosione

bombardieri e atomiche

non partono da soli

ci son tracce di stronzio

sul pulsante dei voli

Nelle acque minerali

scienziati competenti

ci firmano le analisi

di tutti gli ingredienti

E garanzie analoghe

chiedono gli italiani:

sia scritto da domani

visibile all’esterno

di ogni ente e governo

industria o parlamento

«contiene stronzio puro

al cinquanta per cento»

(almeno si saprà)






Di seguito lo scritto di Stefano Benni per Mattia, in carcere dal 9 dicembre 2013 con l’assurda accusa di terrorismo.

“A volte si è più liberi dietro un muro, che in un deserto di indifferenza”

Per Mattia

da tua madre vengo a sapere del tuo momento difficile. Non ti conosco. Ma ho avuto la tua età e mi sono ribellato, e ho provato rabbia e ho conosciuto, anche se per breve tempo, la prigione militare. Non ho nessuna lezione da darti, se non questa: quando ero chiuso in caserma, leggevo, parlavo con i miei compagni, scrivevo. Tutto, pur di non sprecare il mio tempo, pur di non darla vinta a chi mi aveva privato della libertà. E ci sono riuscito.

Non conosco la tua storia, immagino sia quella di molti giovani che vivono in questo paese apparentemente senza anima e senza speranza. Mio figlio ha scelto di lavorare all’estero, nelle emergenze umanitarie. Tu hai scelto di batterti per le cose in cui credi. Finché ci saranno giovani come voi, anche se diversi nelle idee e nelle forme di lotta, mi viene da pensare che questo paese abbia ancora un pezzo di anima e un respiro di speranza. A volte si è più liberi dietro un muro, che in un deserto di indifferenza. Tieni duro

Stefano Benni

da qui





Orsi a Montreal – Stefano Benni

Stamattina ho aperto gli occhi e c’era la neve
Neve sui secchi abeti dell’ospedale
E ho pensato: beh anche loro invecchiano
Anche loro provano il morso di questo inverno
Come me, albero disseccato disteso in un letto
Con la flebo in un ramo e una chioma incolta di foglie
E non importa, alberi miei, se voi avrete la primavera
E io forse no. Vi auguro sole e scoiattoli
E vi ringrazio perché avete voluto assomigliarmi

Fred stanotte è venuto a tenermi compagnia
Mi leggeva Melville e le sue poesie di guerra
Poesia e diarrea mi accompagnano spesso la notte
E ho imparato che nessuna può niente contro l’altra
Se la poesia mi incanta, la diarrea grida: basta
E chiede giustamente un attimo di attenzione
Ma all’uscita del bagno la poesia aspetta
E dice: ora ascolta anche la tua anima

Ho letto un fascicolo di Wildlife sugli orsi
Di come è dura la loro vita, al polo
Bianchi e terribili ma anche loro si ammalano
E muoiono e spesso non hanno da mangiare
E mi sono sentito come un vecchio orso
Sperduto nel polo di questi bianchi corridoi
E se un giorno arriverò a vedere il disgelo
Mi metterò in cammino verso nord
Andrò a pescare col mio amico Fred l’orso bruno

Da due mesi sto in ospedale, non so se ne uscirò
Ma forse quando uscirò non ci sarà più la neve
Saluterò gli alberi e dirò: tenete duro ragazzi
Anch’io tengo duro e Fred, e gli orsi
Lontano da qui, dove non arriva la metropolitana
E il vento gelido urla e non c’è riparo
Un po’ come andar contro ai dati delle analisi
Ma l’orso si alza scrolla la neve e riparte
Verso qualche miraggio o tana o nuova avventura

Perché vedete, se la vita diventa più corta
C’entra più vita dentro, ed è come se un ramo
Si riempisse di linfa, o un torrente si gonfiasse d’acqua
Non puoi dirgli che l’inverno incombe o il mare è vicino
Scorrerà forte, in un incredibile infanzia
Così siamo per metà decrepiti e per metà bambini
E un po’ poesia e un po’ diarrea
Un po’ vecchi alberi, e orsi, e numeri in una corsia
In un punto del Polo nord chiamato Montreal

E a te, proprio a te che affretti il passo
Davanti alla bianca scogliera dell’ospedale
Quasi temessi l’onda o il vento della malattia
Vorrei dirti: fermati, non aver paura
Bevi un caffè alla mia salute, compra un rivista di orsi
E non preoccuparti della piccole vendette e dei privilegi
Un giorno sarai davanti al bianco della tua anima
Davanti al ghiaccio e alla solitudine
Sii pronto a ridere, almeno una volta



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