La recente pubblicazione, da parte di Adelphi, della lunga lettera al
fratello sotto il titolo di Potrebbe anche non esserci più un mondo,
datata novembre 1929, ci permette di mettere in rilievo alcune ombre del
pensiero politico dello scrittore di Providence: imperialismo, dominio
dell'uomo bianco, razzismo e rifiuto della democrazia.
Una doverosa premessa.
Se dobbiamo trovare una caratteristica comune alle varie forme di fascismo
(nazismo compreso), non possiamo che soffermarci sulla netta dicotomia tra
razze superiori, destinate al governo del mondo, e razze inferiori, ritenute
barbare e quindi naturalmente adatte a una condizione di schiavitù o duro
sfruttamento. C'è indubbiamente anche altro in comune - retorica contro la
plutocrazia, la rendita antinazionale, la borghesia affaristica di contro al
nobile contadino legato alla terra e alle sacre tradizioni - ma soffermarci su
questo aspetto ci permette di evidenziare come tale visione dell'umanità sia
un'eredità, portata all'estreme conseguenze dal nazi-fascismo, di parte del
patrimonio della cultura liberale. Quest'ultima, tutt'altro che estranea agli
stermini coloniali (si pensi a quanto accaduto nei confronti dei nativi nella
terra poi chiamata America e ai massacri compiuti dall'Inghilterra
tardovittoriana in India) ha in diverse occasioni esaltato con fierezza il
dominio razziale. Nei suoi approfonditi studi lo storico e filosofo Domenico
Losurdo[1] è risalito alle origini statunitensi
del famigerato termine Untermensch: siamo nel 1922 quando lo storico
Lothrop Stoddard pubblica il libro The Menace of the Under Man nel
quale la minaccia alla civiltà bianca era rappresentata dai popoli di colore.
Certo si tratta di un autore iscritto al KKK, ma in un discorso a Birmingham
(in Alabama) nel 1921 fu menzionato direttamente dal presidente repubblicano
Harding in un discorso nel quale denunciava che il problema razziale negli Usa
era solo agli inizi. Sono gli anni della segregazione razziale e dei linciaggi,
ma anche della durissima repressione del movimento operaio di ispirazione
socialista, e nei quali teorie razziali e discriminazione di classe si
intrecciano inesorabilmente: chi mette in discussione l'assetto capitalista è
sempre un elemento straniero, marionetta di un complotto della sovversione
internazionale. Famoso il caso della condanna a morte di Sacco e Vanzetti al
termine di un processo nel quale il giudice Thayer aveva esortato i giurati a
"comportarsi come soldati che servono la patria sul campo di battaglia
contro i nemici stranieri". Qualche anno dopo, nel 1929 a Gastonia (North
Carolina), gli operai tessili in sciopero, contro i quali intervennero la
Guardia nazionale e miliziani della parafascista American Legion, furono
accusati di essere parte di una cospirazione straniera[2].
Lovecraft e una pesante tradizione.
Chiarisco subito: il celebre scrittore horror/fantasy non è né un fascista
né un nazista e neppure un conclamato razzista, ma senza dubbio vive e respira
in un ambiente in cui il razzismo, l'ostilità nei confronti delle masse e la
necessità di mantenere il dominio dell'uomo bianco sono assai diffusi. Ancora a
metà del Novecento negli Usa una trentina di Stati vietavano per legge i
rapporti sessuali e matrimoniali anti-razziali. E ancor meno questo lungo
articolo intende mettere in discussione l'indubbio genio letterario dello
scrittore di Providence, a cui ancora si rifanno celebri registi di film horror
(pensiamo al Carpenter de Il seme della follia). Tuttavia la
recente pubblicazione, da parte di Adelphi, della lunga lettera al fratello
sotto il titolo di Potrebbe anche non esserci più un mondo, datata
novembre 1929, ci permette di mettere in rilievo alcune ombre del suo pensiero
politico che possiamo definire come reazionario. Troppo vicina al crollo della
Borsa dell'ottobre precedente per tenerne conto, la lettera è scritta in un
periodo nel quale la segregazione razziale domina nel Sud e quasi il 60% degli
statunitensi non possiede il reddito sufficiente per assicurarsi il
soddisfacimento dei bisogni elementari della vita. In Europa il fascismo è
ormai regime in Italia, mentre i nazisti iniziano la rincorsa al potere in
Germania: le vecchie democrazie liberali sono, quindi, messe in discussione
proprio quando il movimento operaio (Italia, Francia, Spagna e Germania) gode -
o godeva - di forza e influenza come mai anche grazie all'esistenza dell'Unione
sovietica. Ed è questa la civiltà alla quale fin da subito Lovecraft si
dichiara estraneo parlando di "becera massa" di "barbarie di
villani", figli del processo di industrializzazione e conseguente
politicizzazione, che hanno "poco a che fare con la nostra civiltà [...]
non più della barbarie polinesiana o degli indiani Sioux". Non solo: parla
di "piaga da estirpare, qualora possibile, altrimenti fuggire"[3]. Inoltre l'americano medio non può certo essere rappresentato dallo
"squallore di un insediamento di negri in Alabama" o da una
"comunità urbana di mangiaspaghetti"[4]. La vera nemica contro cui prendersela e lottare è la "bestia nera
della democrazia" caratterizzata dal "sordo rancore del
buzzurro"[5]. La democrazia, parto a lui indigesto dell'altrettanto indigesta civiltà
delle macchine, mette a rischio il predominio politico dei
"gentiluomini": quest'ultimi non vengono rappresentati come una casta
chiusa (ma va sempre tenuta presenza la segregazione dei neri e lo sterminio /
marginalizzazione degli indigeni) tuttavia come predestinati da sangue e
benessere economico alla salvaguardia della civiltà; una sorta di semi-casta
che deve essere lasciata in pace "senza il continuo assillo di
rivaleggiare con una materia estranea, male assimilata [...]"; ad essa,
inoltre, deve essere garantita la "continuità delle sfumature e delle
sottigliezze ereditarie". Pur ammettendo un processo di
cooptazione/selezione all'interno della massa dei lavoratori ("plebei
superiori"), tuttavia questa aristocrazia di sangue, buone maniere e di
cultura deve continuare a primeggiare di fronte alla "debolezza delittuosa
della politica"[6]. L'umanità ha il dovere di preservare i suoi "purosangue" e ogni
mezzo per fiaccarne la forza è declassato a "artificio innaturale"[7].
Proclamando apertamente l'esigenza di mantenere a tutti i costi la
supremazia anglo-sassone sul mondo, non si fa scrupoli nell'indicare i popoli
arabi e i cinesi suoi contemporanei come "sporchi, cenciosi, ignoranti,
mentalmente sterili" e, per forza di cose, esposti alla dominazione e allo
sfruttamento degli occidentali. Così si esprime nella lettera: "L'idea di
appartenere a qualcosa di diverso dalla civiltà che governa il mondo è così oltraggiosa
per me - così disastrosa per il mio senso di dignità personale che, per la mia
coscienza, una minaccia a quella civiltà ha tutta l'irruenza di un insulto
specifico. Il mantenimento della supremazia mondiale anglosassone è
imprescindibile per la mia immunità personale da insulti, affronti e
umiliazioni"[8]. Non è tutto, perché ad essere delineata è una vera e propria piramide
razziale, nella quale il miscuglio è un pericolo: "per dirla tutta è
chiarissimo che le razze più isolate e aristocratiche sono sempre quelle che
salgono più in alto sulla scala che porta fuori dall'ottusità, dall'ignoranza e
dall'insensibilità animale"[9]. Tra le "razze" per Lovecraft sussiste ancora una naturale e
insormontabile "repulsione", tanto che solo il conflitto è l'unica
via di un loro possibile rapporto. Certo più sfumato rispetto ai teorici
fascisti (e anche liberali!), ma il mondo da lui presentato si avvicina
all'immagine di un palcoscenico sul quale si svolge un atavico conflitto che
oppone le razze civili/aristocratiche a quelle barbare o semibarbare: "La
repulsione tra certi estremi razziali è ancora molto forte e, in taluni casi,
insormontabile. Una fusione bianco-mongola non è quasi concepibile, meno ancora
lo è un'inclusione dei neri. Perfino un gruppo con una vena di mulatto
eviterebbe la fusione con i neri puri, quindi la scomparsa di una razza nera
separata è quanto mai improbabile se non per un massacro. In pratica - continua
il ragionamento - è assai probabile che i filoni occidentale, mongolo, indù e
negroide mai e che l'unica forma di contatto sarà il conflitto"[10].
Consapevole che un grande scrittore come Lovecraft vada giudicato per le
sue opere - che il sottoscritto ritiene anche dei capolavori del genere -
tuttavia il suo pensiero e il suo operare vanno calati nell'epoca che li
ospita, nel linguaggio e nelle parole che la attraversano. Il suo è un pensiero
- a meno che non pensiamo che vivessi isolato da tutto e da tutti! - che ha
radici fortemente reazionarie, classiste, razziste e imperialiste proprio
quando i popoli coloniali, sotto la spinta dell'esempio sovietico, iniziano la
lotta per la loro liberazione.
Diego Angelo Bertozzi
[1] Faccio riferimento a D. Losurdo, Il linguaggio dell'impero,
Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 99-103.
[2] Sul processo a Sacco e Vanzetti e, in generale, sul movimento
sindacale statunitense rinvio a R. O. Boyer e H. M. Morais, Storia del
movimento operaio negli Stati Uniti 1861-1955, Bari, De Donato, 1974.
[3] H.P. Lovecraft, Potrebbe anche non esserci più un mondo, Milano,
Adelphi, 2025, pp. 13-14.
[4] Ivi, p.15.
[5] Ivi, p. 16-17.
[6] Ivi, pp. 110-111.
[7] Ivi, pp. 120-121.
[8] Ivi, p. 104.
[9] Ivi, pp. 37-38. All'inizio del secolo il presidente T. Roosevelt
guardava alla storia come a un campo di battaglia tra la civiltà cristiana
occidentale, guidata dell'avanguardia anglosassone, e la barbarie e il
dispotismo. Si veda A. Stephanson, Destino manifesto, Milano,
Feltrinelli, 2004, pp. 140-141.
[10] Ivi, p. 38.
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