lunedì 7 agosto 2017

Vogliono che a Gaza diventiamo dell’Isis - Amy Goodman


A Gaza le restrizioni imposte da Israele continuano a limitare l’elettricità a sole quattro ore al giorno creando una catastrofe umanitaria per i suoi 2 milioni di residenti. L’Autorità Palestinese ha collaborato con l’assedio israeliano, per quanto riguarda il taglio dell’energia elettrica, nel tentativo di isolare e indebolire il suo rivale politico, Hamas, il gruppo che controlla Gaza negli ultimi 10 anni. Gaza è sotto assedio israeliano da oltre un decennio. Nel 2012 l’Organizzazione mondiale della sanità ha avvertito che Gaza sarebbe stata inabitabile entro il 2020, ma ora lo stesso Ente dice che le condizioni di vita a Gaza si sono deteriorate più velocemente del previsto e che l’area è già diventata invivibile. Queste sono le parole del coordinatore umanitario U.N. per il territorio palestinese occupato:
Vedo questo incredibile, inumano e ingiusto processo di strangolamento graduale di 2 milioni di civili a Gaza che davvero non costituiscono minaccia per nessuno. Non so – sapete, parliamo della vivibilità di Gaza. Quando hai due ore al giorno di elettricità, come è successo all’inizio di questa settimana, quando hai tassi di disoccupazione del 60%, con un futuro veramente così incerto, per me, per te e, probabilmente per la maggior parte delle persone che osservano, la soglia della vivibilità è stata superata da parecchio tempo .

AMY GOODMAN: Per approfondire la  situazione, andiamo direttamente a Gaza, dove siamo riusciti a contattare Raji Sourani, avvocato e direttore del Centro palestinese per i diritti umani a Gaza. Ha ricevuto il premio Robert F. Kennedy per i diritti umani nel 1991, è stato anche definito due volte da Amnesty International “Prisoner of conscience”. Benvenuto a Democracy Now! Raji puoi descrivere quello che sta accadendo adesso a Gaza?
Raji Sourani
RAJI SOURANI: Beh, è  il 50esimo anniversario della belligerante e criminale occupazione israeliana, e sono passati 11 anni da quando è stato imposto l’assedio su Gaza, che rimane un assedio illegale, inumano e consiste in una punizione collettiva.  In questo momento, l’assedio è al culmine, stiamo vivendo la piu’ grande strage umana e, come Israele ha aveva promesso, ci sta facendo sprofondare ai tempi del Medioevo. Nel corso di 3 offensive sono riusciti a isolare Gaza dal resto del mondo e a sottometterla. Nel centro di questo uragano ci sono la popolazione civile e le strutture civili prese di mira. Dopo tutti questi anni siamo ancora incapaci di ricostruire le distruzioni fatte.
Tutto questo ci ha condotto ad una situazione dove il 65% della popolazione è senza stipendio o è disoccupata, il 90% vive sotto i limiti di povertà. Quasi l’85% della popolazione dipende da diverse organizzazioni per razioni di cibo (UNRWA, World Food Program). Effettivamente stanno transformando Gaza in un allevamento d’animali dove la comunità internazionale ogni tanto butta  rifiuti di cibo e medicine. Non possiamo depurare la nostra acqua e le fogne scaricano nel nostro mare inquinandolo e rendendo l’acqua non potabile. Hanno portato la popolazione al punto di un collasso in una situazione senza speranza per il futuro. Ci sono due milioni di persone che stanno soffrendo tutto questo da 11 anni.
L’ultima cosa che accade è la mancanza di elettricità. Prima ci concedevano sei o sette ore al giorno. Adesso solo due ore. Ti puoi immaginare le disastrose conseguenze in tutti gli aspetti della vita quotidiana, nell’assistenza medica, in chirurgia, dialisi, operazioni cardiache, su persone che stanno soffrendo, sul cibo che dovrebbe essere congelato. Tutti gli aspetti della vita sono al punto di un collasso, e siamo sicuri che ancora non si e’ visto il peggio di cui è capace la mentalita criminale e diabolica di Israele in questa parte del mondo.
AMY GOODMAN: Potresti descrivere in modo più dettagliato cosa significa non avere elettricità? Voglio dire, cosa significa per le persone in una qualsiasi città. Anche a New York anni fa abbiamo subito il blackout, ovviamente,  catastrofico. Ma spiega cosa vuol dire avere due ore,  se sei fortunato quattro  ore di elettricità al giorno, come influisce sulla vita quotidiana, sul modo in cui colpisce gli ospedali, gli effetti sull’acqua pulita, ecc.
RAJI SOURANIGaza è una delle zone più densamente popolate della Terra e ora si costruiscono edifici di 14, 16 piani. E la missione è impossibile, intendo pompare acqua fino a quei piani, perché serve elettricità anche per pompare questa acqua inquinata. Quindi, anche l’acqua disponibile non si può utilizzare. In secondo luogo, le aziende di desalinizzazione, non funzionano. Voglio dire, se funzionano, funzionano solo due ore, che non sono sufficienti, dovrebbero funzionare almeno 20 ore al giorno per fornire Gaza di acquaI depuratori non possono funzionare, se non funzionano le acque non possono essere trattate e così le acque reflue sono scaricate in mare. E questo colpisce, tutto il mare è contaminato. E… nessuno può bagnarsi, perché è completamente inquinato.
Se andate in una macelleria troverete carne da consumare in giornata. Non potendo congelarla, si guasta  e non è più commestibile il giorno dopo. Il resto, lo buttano nella spazzatura. La maggior parte delle persone qui e’ povera e dipende dalla carne e dai pesci congelati importati dall’esterno.
Se andate negli ospedali, ecco, è il vero disastro. Le sale operatorie non possono funzionare e non si possono effettuare le operazioni. Le macchine per la dialisi sono ferme per la maggior parte del tempo  o guaste; quindi molti pazienti dializzati non possono farla. Per tutti coloro che hanno bisogno di sistemi respiratori automatici o unità di terapia intensiva, si può immaginare cosa succede  quando manca  l’energia elettrica che li alimenta. Anche cose più semplici, tipo le casalinghe che non possono usare la lavatrice, non possono conservare cibo nei loro frigoriferi e così via. Per quanto riguarda le aziende è missione impossibile farle funzionare. Voglio dire, Gaza è quasi senza gelati,  per il momento, o altri tipi di cibo che ha bisogno di energia elettrica. La maggior parte di Gaza per  20/22 ore al giorno, è al buio. Di notte non si può avere la luce nelle strade, e questo causa anche un numero di infortuni mortali. Succede qui. E la gente, come risultato di tutto questo, paga  con la propria vita.
E riguardo lo studio, chi vuole solo tornare da scuola, dal lavoro ai piani alti dei condomini, non puo’, voglio dire, sapete, andare avanti e indietro per 14/16 piani (senza ascensore ndt.). Potete immaginare le persone che sono malate o con problemi cardiaci, che vogliono spostarsi, andare in ospedale o essere curate. Non è una vita normale. Siamo in pieno medio evo, mentre continuiamo a pagare bollette per l’elettricità che non sono meno care rispetto a quelle europee.

AMY GOODMAN: Raji Sourani, avvocato premiato per l’impegno sui diritti umani, che ci parla dalla città di Gaza. Sullo sfondo, si sente un generatore. Raji, puoi dirci come la situazione è arrivata a questo punto? Parlare di ciò che dice il governo israeliano, quello che si dice di Hamas e quale sorta di soluzione  vedete per uscire da questa situazione.
RAJI SOURANI: Bene, penso alle  belle spiagge di Gaza, penso che abbiamo uno dei più grandi giacimenti di gas del Mediterraneo. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è una condotta per portarlo a Gaza e alimentare una centrale elettrica, cosi’ potremmo avere una  centrale per noi e forse per tutta la regione. Ma c’è mancanza di uomini d’affari, di tecnici. C’è mancanza  di professionisti, mancanza di opportunità.
L’occupazione ci vuole così, farci vivere in queste condizioni. Vogliono trasformare Gaza da patria di Hamas a paese dell’ISIS. Quando metti insieme 2 milioni di persone sotto  pressione, nessuno che possa entrare o uscire. Il movimento degli individui è missione impossibile. Quando ti tolgono la possibilità  di ricevere assistenza medica specializzata, quando  ti rendono impossibile soddisfare i bisogni fondamentali, quando ti  isolano dal mondo esterno, quando ti proibiscono di spostarti all’esterno per ricevere assistenza medica importante o per studiare, quando non ti è permesso importare ed esportare normalmente merci, ma solo in base alle loro regole, quando si crea  giorno e notte morte e  distruzione intorno, quando  fai perdere la speranza di un domani, questa è la ricetta per promuovere l’ ISIS. Io intendo vivere in questa parte del mondo, ma ciò che abbiamo qui, il Corano dell’ISIS, è la legge della giungla. Questo è quello che abbiamo qui!
Tutto ciò che stiamo cercando, chiedendo, è il rispetto delle regole del diritto, nulla di meno, nient’altro. Ci sono 2 milioni di civili che vivono in questa parte del mondo. Sono sottomessi.
Persino l’ICRC, Human Rights Watch, Amnesty International, nell’arena internazionale e nella comunità internazionale, tutti concordano che questa  è punizione illegale, inumana e collettiva e dovrebbe essere subito e totalmente rimossa assicurando alla gente il diritto di movimento. Non stiamo chiedendo altro che ciò che il diritto sancisce e dovrebbe  essere garantito dalla comunità internazionale, i diritti  garantiti nel diritto internazionale e nel diritto internazionale umanitario. Questo non è un crimine di guerra. Questo è un crimine contro l’umanità. Ma non vediamo nessuno muoversi in questo senso. Nessuno pensa, dopo 50 anni, di porre fine all’occupazione. Se non alla fine dell’occupazione, che è nostro diritto: è il nostro diritto assoluto a livello individuale e collettivo – ma almeno, voglio dire, ci diano il diritto di movimento. Il diritto di poter godere delle condizioni minime per un essere umano.

AMY GOODMAN: In qualche modo, che tipo di effetto ha avuto il nuovo presidente degli Stati Uniti, il Presidente Trump, sulla situazione? E cosa pensi che gli americani possano fare?
RAJI SOURANI: Gli americani possono fare molto, molto. L’America è un grande paese e puo’ contribuire positivamente. Il presidente Eisenhower, nel 1957, quando Israele occupò Gaza in un giorno, ordinò loro di uscire e lasciarono Gaza.
E ovviamente, dal momento che il Presidente Trump è salito alla  presidenza, penso che i palestinesi siano uno dei capri espiatori della sua politica e che stiamo pagando molto e pesantemente, sta sostenendo al 100 %, in modo totale, la politica israeliana criminale contro il Popolo palestinese. Non parla di fine dell’occupazione. Non parla della fine delle sofferenze dei palestinesi. Non parla di una soluzione a due stati. Sta solo lasciando agli israeliani il pieno controllo dei palestinesi. Non ha criticato il governo americano, in maniera continuata, condannando la politica degli insediamenti e la politica dell’assedio. Non sta facendo altro che sostenere  la politica israeliana. Ogni critica a Israele negli Stati Uniti o nell’UNESCO, la considera un crimine, e ha fatto  giuramento. E il suo rappresentante al Consiglio di sicurezza dell’U.N. ha dichiarato: “Non permetteremo che accada  nulla contro lo stato di Israele”, come se Israele fosse un piccolo Dio, mini Dio, al di sopra di ogni critica, non stanno facendo nulla.
Non siamo noi a parlare contro Israele. Dimentica ciò che le organizzazioni palestinesi dei diritti umani e la società civile stanno dicendo contro Israele. Ascolta invece cosa dicono le organizzazioni israeliane per i diritti umani sulle politiche di Israele. Guarda cosa  sta dicendo B’Tselem contro Israele. Guardate a come tutte le organizzazioni internazionali per i diritti umani, senza eccezione, criticano Israele e le politiche sui crimini di guerra e sui crimini contro l’umanità. Anche se vogliamo ricorrere alla ICC, Corte Penale Internazionale, per denunciare le responsabilità di Israele, l’U.S. minaccia.
Così, effettivamente, il presidente Trump dà a Israele la licenza di uccidere. Danno loro l’autorizzazione incondizionata a fare tutto ciò che vogliono contro i civili palestinesi. Non siamo in difesa di Hamas o Fatah o PFLP. Difendiamo – siamo in difesa dei civili palestinesi, che – nel diritto internazionale – hanno diritto ad una protezione assoluta. Diritto contemplato nelle Convenzioni di Ginevra in riferimento alla protezione dei civili, il che significa che vi è obbligo reale per legge di proteggere i civili palestinesi nei Territori Occupati. Questi sono invece nell’occhio del ciclone delle politiche penali israeliane nei Territori Occupati.
AMY GOODMAN: Voglio ringraziarti, Raji Sourani, per esserti collegato con noi dalla città di Gaza in queste condizioni estremamente difficili, quello che l’U.N. chiama “invivibile”. Ultimi 30 secondi di collegamento satellitare con te, Raji, per il tuo commento finale?
RAJI SOURANI: Non abbiamo il diritto di rinunciare e non ci arrendiamo. Abbiamo una giusta, giusta causa. Siamo forti, abbastanza forti, perché stiamo combattendo per lo Stato di diritto, non per il governo della giungla, come vuole Israele. Manteniamo il nostro livello di superiorità morale in un’occupazione criminale. Sappiamo che non siamo soli. Per la libertà, persone libere impegnate in tutto il mondo solidarizzano con noi. Solidarizzano con la giustizia, lo stato di diritto, la  dignità dell’uomo.
AMY GOODMAN: Raji Sourani ci ha parlato dalla città di Gaza. Adesso siamo   a New York, collegati con Tareq Baconi, autore del libro in uscita, Hamas Contained: The Rise & Pacification of Palestinian Resistance, collaboratore di  Al-Shabaka, network di politica palestinese.  Ha anche scritto un recente articolo: “Come  dieci anni di blocco israeliano hanno portato Gaza al collasso”.
Molto brevemente, Tareq, tu sei qui negli Stati Uniti anche se naturalmente sei stato a Gaza,  non c’è praticamente nessuna copertura per ciò che sta accadendo a Gaza, quindi la maggior parte degli americani non è informata.
TAREQ BACONI: Credo che sia assolutamente giusto. Penso che siano due i modi in cui Gaza e’ rappresentata nei media americani. È rappresentata come nient’altro che una catastrofe umanitaria, una sorta di realtà post-apocalittica in cui la vita è catastrofica che, ovviamente, è un lato della situazione a Gaza. L’altro modo in cui viene spesso rappresentata è come un rifugio di terroristi, si conosce come un’enclave nel Mediterraneo governata da un’organizzazione terroristica sanguinaria.
Entrambi i modi di rappresentare Gaza sono estremamente semplicistici. Non lasciano spazio alla comprensione della complessità della situazione, alla comprensione di quello che sta  affrontando quotidianamente la popolazione di Gaza  su un piano umano. Questo disumanizza tutto nella Striscia di Gaza; toglie ogni spazio all’empatia o alla comprensione della complessità e elimina il fatto che questo è un problema politico creato dall’uomo.
AMY GOODMAN: Le cose sono peggiorate da quando il presidente Trump è entrato in carica?
TAREQ BACONI: Assolutamente. Penso che le cose siano andate molto peggio, e in un periodo molto breve, per una serie di ragioni. Penso che ciò che vediamo accadere nella regione, diciamo ora tra il GCC e il Qatar (ndt. Il Consiglio di cooperazione del Golfo – in inglese Gulf Cooperation Council, GCC), si rispecchia nel microcosmo che è ora Gaza o nei territori palestinesi. Il modo in cui questi paesi hanno trovato sostegno nell’amministrazione Trump, il modo in cui hanno iniziato a muoversi giorno dopo giorno contro  “l’estremismo islamico”, vediamo che succede su scala molto ridotta nei territori palestinesi. Quindi la decisione del presidente Mahmoud Abbas in Cisgiordania di iniziare a stringere il blocco di Gaza rappresenta un segnale per l’amministrazione  Trump dicendo: “Sai questa è  la realtà: sto prendendo una  posizione dura contro l’estremismo islamico, sto prendendo una posizione dura contro Hamas. Se c’è un processo di pace che sta per iniziare, io sono il tuo uomo in terra.” E così il messaggio gioca in questa logica di isolare la Striscia di Gaza e di utilizzare 2 milioni di abitanti come pedine politiche.
AMY GOODMAN: Qual’è la tua sensazione, in questo momento, riguardo Israele nei confronti di Hamas e delle vittime che sono i 2 milioni di persone a Gaza? Quale soluzione intravedi?
TAREQ BACONI: Vedi, penso che Gaza sia stato un problema per Israele, anche ancor prima che Hamas fosse creato, prima che prendesse il potere.Quindi l’idea che le politiche israeliane verso la Striscia di Gaza siano in qualche modo condizionate da Hamas è un errore di lettura della storia della situazione. La ragione per cui Gaza presenta un simile problema per gli israeliani è che in maggioranza si tratta di profughi, che hanno diritti politici, che rivendicano i loro diritti politici. E così Hamas, in un certo senso, per Israele è come una foglia di fico, una scusa per mantenere le politiche di isolamento e le politiche di contenimento. Quindi, anche se Hamas dovesse essere rimosso dal confronto domani, le politiche attuate a Gaza non necessariamente cambieranno. E così, a mio avviso, finché non cominciamo a parlare di Gaza come di un problema politico, piuttosto che di un problema economico o di un problema religioso, finché non affrontiamo i nodi politici che animano la resistenza a Gaza – il diritto al ritorno, il diritto all’autodeterminazione, il Dr. Sourani ha parlato molto eloquentemente circa il diritto di vivere e la libertà di movimento – finché non cominciamo a parlare di questi diritti politici, la situazione a Gaza non cambierà.
E l’U.S. ha un grande ruolo da svolgere in questo. Gli Stati Uniti, non solo sotto l’amministrazione Trump, ma anche nelle precedenti amministrazioni, hanno svolto un ruolo molto forte nel sostenere le politiche israeliane per dividere la Striscia di Gaza dalla Cisgiordania e per impedire qualsiasi forma di governo di unità tra AP e Hamas. Il blocco non è per nulla criticato dagli Stati Uniti, anche se è una forma di punizione collettiva e anche se tutti sanno che tre attacchi militari hanno causato migliaia di morti, di morti civili, sproporzionati e crimini contro l’umanità. Così, finché non affrontiamo Gaza come problema politico anziché come problema umanitario, finché non lo vediamo come parte integrante della lotta palestinese per l’autodeterminazione, nulla cambierà.
AMY GOODMAN: Tareq Baconi, voglio ringraziarla per essere stato con noi.
TAREQ BACONI: Grazie.
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Fonte italiana e traduzione: Invictapalestina.org
La seguente intervista e’ stata condotta il 17 luglio  2017 per “Democracy Now!” da Amy Goodman, giornalista e autrice statunitense. L’articolo è ricavato da un intervento televisivo trascritto in inglese da Democracy Now! e tradotto in italiano da Invictapalestina.
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