domenica 20 agosto 2017

La solidarietà che non può naufragare - Domenico Chirico


L’altra notte un filmato arriva sul mio cellulare. Da Raqqa a Napoli in un secondo. È il video appena girato di una donna ferita giunta in fin di vita in uno dei centri medici allestiti fuori dalla città siriana di Raqqa da Un ponte per… con la Mezzaluna Rossa Curda. In un minuto la donna è assistita, curata, riportata in vita. Grazie a medici e ai defibrillatori che abbiamo acquistato insieme a 15 ambulanze. Ambulanze che corrono senza sosta da Raqqa ai centri medici messi su in palazzi abbandonati e pieni di buchi di proiettili.
Oggi siamo di fronte a nuovi e – se mai possibile – peggiori rischi. Perché è diffuso il timore che Daesh possa sferrare attacchi chimici. Diversi sono i sospetti che a Raqqa siano conservate armi chimiche e varie organizzazioni dell’Onu si stanno organizzando per fare formazioni a chi opera sul campo su come affrontare un’emergenza sanitaria causata da agenti chimici. E su come lavorare sulla decontaminazione in un contesto dove gli ospedali sono pochi e non attrezzati.
La battaglia di Raqqa va avanti ormai da alcuni mesi senza sosta. Le forze curdo-arabe del SDF, con l’appoggio della Coalizione internazionale, e in particolare degli Stati Uniti, conquistano ogni giorno pezzi di territorio a Daesh. Raqqa sarà liberata nei prossimi mesi, ma intorno rimangono solo macerie e persone terrorizzate. Anche gli operatori umanitari sono spesso target di attacchi e molti presidi sanitari sono stati bombardati negli ultimi anni.
Nonostante gli incerti successi, vite salvate, persone accolte mentre fuggono, questi sono giorni molto tristi. Sono giorni in cui da un lato osserviamo sul campo gli effetti della guerra e cerchiamo di lenirli, con i nostri limitati mezzi e limitate forze; dall’altro ogni giorno leggiamo uno sproporzionato attacco alle Ong, che mina il senso del nostro impegno.

Un attacco condotto soprattutto in Italia e non in altri paesi dell’Unione Europea. Un attacco contro quel tessuto sano di solidarietà della società civile che ancora ci difende e ci protegge dalla barbarie che osserviamo in luoghi come la Siria. Chi ha orchestrato questo attacco e i suoi sostenitori di tante forze politiche dovrebbero esserne consapevoli. Perché ogni passo indietro contro la barbarie è un passo indietro per tutti. Come accettare i centri di detenzione in Libia la cui essenza di lager è nota da un decennio.
In Siria, come al largo della Libia, il problema è lo stesso. In che misura riusciremo ad arginare gli effetti nefasti delle guerre, della violenza cieca di questi anni? Facendo guerra ai più disperati? Respingendoli contro il Diritto Internazionale in alto mare? Lasciandoli soli fuori da Raqqa dopo anni alla mercé di Daesh? Infrangendo tutti e sistematicamente – non solo i brutti e cattivi – quel sistema di fragili regole di convivenza che il mondo si è faticosamente dato dopo la seconda guerra mondiale?

Questo attacco alle Ong ci rende tutti più deboli. Sia chi sta soccorrendo le vittime di Daesh, sia chi sta in mare. Tre Ong si sono già ritirate dalle acque a largo della Libia. Domani il nostro impegno darà fastidio anche altrove. E rimarranno un giorno tante persone bisognose sole. E ci sarà sempre più rabbia delle vittime e dei persecutori.

Nessun commento:

Posta un commento