non è solo una storia di sport, è la storia di un grande uomo, che ha dato tanto e ricevuto tanto.
e scopri che è anche una grande storia d'amore (non è solo amicizia), fra il Giornalista e il Pugile (nella prefazione anche Mina, senza l'accento, dichiara il suo amore).
è anche la storia degli Usa, vista con le parole del pugile e del giornalista in tempi recenti, nei quali era normale scrivere all'ingresso dei locali pubblici "Vietato l'ingresso ai cani e ai negri", c'erano sedili per neri e bianchi, negli autobus, i bambini neri non potevano andare a scuola con i bianchi, nel paese faro della democrazia e della civiltà.
Muhammad Ali ha reso il mondo migliore, è sicuro.
leggete questo libro, non sarete delusi, promesso.
ps: nel blog c'è tanto su Muhammad Ali, e i neri degli Stati Uniti d'America (per chi vuole conoscere e ricordare)
Scostante, svogliato, spaccone. Così Muhammad Ali
si presentò all'intervista con un giornalista italiano, siamo a fine anni '60,
nello studio dell'avvocato Eskridge. Scoprì che non era "uno dei soliti
giornalisti del nord del mondo" venuto a giudicarlo. Nacque un rapporto
speciale che ora Gianni Minà cuce in questo "Il mio Ali" con una
raccolta di 72 suoi vecchi articoli e alcune fotografie private. È il diario di
una parabola totale (il campione, l'icona, l'uomo) raccontata da un testimone
ravvicinato, partecipe e coinvolto. Con alcune pagine sorprendenti:
un'intervista a Burt Lancaster che nel 1971 fu telecronista del match contro
Frazier; un articolo di Giovanni Arpino del 1979 su una visita in Italia e il
singolare prologo firmato (con un gioco di cognomi) da Mina. Che di Ali scrive:
"Continua a essere bellissimo, anche col suo tremare che commuove e che lo
incastona nell'immortalità. Il gioiello di un'era".
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