C’è un certo sadismo nel cattivo giornalismo che funge da cassa di
risonanza alle posizioni dell’opposizione venezuelana, senza alcuna
interpretazione critica e, va da sé, senza alcuna terzietà con le posizioni del
governo legittimamente in carica. Le opposizioni dicono dittatura, i giornali
fanno eco: dittatura. Le opposizioni parlano di trionfo nel loro referendum e
questi replicano: trionfo. Sette milioni di voti, sette milioni di voti, pur in
assenza di controlli terzi, perché dovremmo credere alle belle facce di
Capriles o Lilián Tintori, rappresentati, dalle agenzie di immagine che li
gestiscono, come dei Mahatma Gandhi, ma bianchi, giovani e belli. Dicono
Costituente truffa e i media replicano ‘costituente truffa’, volta, si sente
ripetere fino alla noia, ad ampliare i poteri di Maduro.
Ma se l’opposizione boicotta
la Costituente (convocata in maniera inoppugnabilmente legittima) questa sarà
per forza di cose monopolizzata dal chavismo e il risultato sarà un indurimento
del muro contro muro. C’era alternativa al boicottaggio per quella che in
origine era stata concepita come un’istanza di dialogo? Certo che c’era. Se si
fossero presentati e avessero ottenuto quell’ampissima maggioranza che
millantano, si sarebbero potuti prendere lo sfizio di eliminare la stessa
presidenza, altro che ampliare i poteri. Ma all’opposizione che vuole la
cancellazione tout court del chavismo dalla faccia della terra, il dialogo non
interessa.
Nel rifiuto della Costituente
c’è la pervicace volontà della spallata finale della MUD, che col chavismo non
vuole dialogare a nessun costo, neanche a prezzo di una guerra civile,
nonostante questo continui a rappresentare mezzo paese e nonostante la
situazione, pur grave, sia lungi da un 8 settembre e dalla dissoluzione dello
Stato. Stanotte il governo canterà vittoria e ovviamente sarà una vittoria
amara e non risolutiva che approfondirà il solco che divide i venezuelani verso
l’abisso. Ma domattina chi ha a cuore la pace in Venezuela dovrà continuare a
cercare istanze di dialogo senza assecondare né gli avventurismi delle destre
né l’arroccamento del campo popolare.
Il grande Pepe Mujica afferma
che bisogna avere “rispetto e affetto” per il Venezuela bolivariano, dove
evidentemente ben poco va come vorremmo, ma dove allo stesso tempo il “regime
change” auspicato da una banda di sinceri democratici come Trump, Almagro, Peña
Nieto, Santos, Felipe González, perfino dal sordido dittatorello brasiliano, il
fantoccio Temer, sarebbe il peggiore dei mali. Altro che rispetto e affetto.
Nessun commento:
Posta un commento