ambientato in un futuro non troppo lontano, qualsiasi cosa si faccia verrà perdonata, chi vuole soffrire lo faccia, ma la società ti perdona, riscrive, ridefinisce, riclassifica quello che hai fatto, le parole sono potenti.
ma tu sai che hai fatto qualcosa che non dovevi, vuoi espiare, vuoi pagare, non vuoi passarla liscia, ma la società buona, un grande fratello accogliente, che invita all'oblio, ha le sue regole, non si può scappare.
libro che non lascia scampo, da non dimenticare (dopo averlo letto, naturalmente).
ma tu sai che hai fatto qualcosa che non dovevi, vuoi espiare, vuoi pagare, non vuoi passarla liscia, ma la società buona, un grande fratello accogliente, che invita all'oblio, ha le sue regole, non si può scappare.
libro che non lascia scampo, da non dimenticare (dopo averlo letto, naturalmente).
Copenaghen, una sera qualunque, un appartamento come tanti in
un condominio come tanti: bonsai sul tavolino, finestra con vista su un albero
morente. Un uomo, dopo una lite violenta, uccide sua moglie. Una storia come
tante. Ma l’azione si svolge in un prossimo futuro, appena posteriore al
nostro, e in una società che molto somiglia all’ideale modello della
socialdemocrazia scandinava, deformata quel che basta a renderla più
universale. Inquietante realizzazione di un’utopia, con l’amara constatazione
che “ogni passo nella direzione giusta ne determina sempre troppi in quella
sbagliata”. Il mitico stato che si prende cura del “bene comune dalla culla
alla tomba”, si è trasformato in una gabbia di conformismo, regno del consenso
e dell’eufemismo, in cui tutto è pianificato e obbligatorio, compresa la
felicità. Poiché l’omicidio non è che insufficiente adattamento sociale,
Torben, l’assassino, viene sottoposto a cure psichiatriche e rimesso in
libertà. Ma, contro le regole di un sistema che nega la responsabilità
individuale, Torben si ostina a voler essere giudicato e punito per quel che ha
fatto. L’uomo che voleva essere colpevole è in realtà la storia di un kafkiano
“processo” alla rovescia: l’inutile e sempre più assurdo tentativo del
protagonista di dimostrare la propria colpa, l’angosciante senso di isolamento,
la spirale di dubbi e incertezze, lo sfaldarsi dell’identità e della realtà
stessa, diventano sinonimi della condizione umana in un mondo che rifiuta la
dimensione etica e che si illude di delegare alla scienza la soluzione dei
problemi morali. Solitari destinati a perdere in un’impari lotta contro il loro
tempo, malati di trascendenza, i personaggi di Stangerup, figli di Kierkegaard,
preferiscono sempre e comunque prendere il rischio della loro verità e provare
a essere “Quel singolo” che il filosofo danese voleva scrivere sulla sua tomba.
Nessun commento:
Posta un commento