lunedì 7 agosto 2017

Salvataggi in mare: il caso della Iuventa e l’attacco alle ong - Benigno Moi



«…siamo solo un gruppo di ragazzi che vuole dare una mano ed essere parte della soluzione, non del problema»

La Procura di Trapani ha aspettato solo un giorno. Il 31 luglio il ministero dell’Interno impone alle Organizzazioni Non Governative che operano nel salvataggio a mare nelle acque di fronte alla Libia di firmare il “Codice di condotta” che regolamenta, in 13 punti, le attività di salvataggio nel Mediterraneo.
La maggioranza delle ONG, fra cui Medici senza frontiere (Premio Nobel per la Pace 1999) dichiarano di non accettare molti dei punti contenuti nel codice e non firmano. Il ministero di Marco Minniti nel comunicato emesso alla fine dell’incontro con le ONG dichiara, fra l’altro: «l’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse» 1
Il 2 agosto la Procura di Trapani mette sotto sequestro giudiziario l’imbarcazione Iuventa, dell’organizzazione tedesca Jugend Rettet, impegnata da mesi nell’attività di soccorso davanti alle coste della Libia e fatta conoscere agli italiani da un servizio della trasmissione RAI 2 di Enrico Lucci e Valentina Petrini, «NEMO, nessuno escluso», proprio nella prima puntata del programma di Rai 2http://www.raiplay.it/video/2016/10/Davide-e-Matteo-quotFilmmakersquot-030e5c17-3208-465c-8087-38b67cb43739.html
Tutto questo nonostante: «i più alti gradi della Marina militare, della Guardia costiera e della Guardia di finanza, escludono che siano mai emerse prove di rapporti tra Ong e trafficanti, sottolineando la piena collaborazione in quel tratto di mare tra organismi di coordinamento, imbarcazioni statuali e navi delle associazioni umanitarie. Anche la magistratura siciliana, nel corso delle audizioni, riconosce la sostanziale correttezza delle Ong».2
Quali sono allora le ragioni vere del “giro di vite” volute dal governo italiano e dalla comunità europea nei confronti delle ONG? Non si tratta solo di farsi dettare l’agenda dal populismo delle destre xenofobe, non si tratta solo del tentativo di forzare il coinvolgimento degli Stati di appartenenza delle stese ONG, come sembrerebbe indicare uno dei 13 punti del Codice.3 Di fatto siamo di fronte a qualcosa di più profondo, che va ad incidere su alcuni dei princìpi che davamo per acquisiti e scontati, e su cui si pensava si dovesse riconoscere la nostra civiltà giuridica e morale.
Indurre a sospettare che il bene possibile, rappresentato da un’attività umanitaria, possa rivelarsi un male contagioso – i soccorritori alleati ai carnefici – contribuisce potentemente a ridurre in macerie princìpi fondamentali”.4 E si mette in discussione il valore della cosiddetta legge del mare, «quell’obbligo-diritto-dovere al soccorso e al salvataggio come valore irrinunciabile»5. Ma non solo: «È da un ventennio almeno che si assiste a forme di pressione sulle organizzazioni non governative da parte di diversi livelli istituzionali – europei, nazionali e internazionali – affinché il Diritto internazionale dei diritti umani venga ricondotto all’interno delle compatibilità politiche di Stati e governi (…)».
È dalla “guerra umanitaria” del Kosovo, infatti, che comincia questa tendenza che ha come obiettivo quello di far perdere progressivamente alle Ong le loro caratteristiche di base quali l’indipendenza e la neutralità, valori fondativi in coerenza anche con le Convenzioni internazionali che regolano queste attività. Chi non ricorda la progressiva sostituzione delle organizzazioni civili con i militari durante la campagna afgana seguita all’11 settembre o la scorta dei carabinieri alla Croce rossa italiana berlusconalizzata in Iraq?”.
Ed è sconfortevole l’unanimità, o quasi, con cui la stampa affronta la questione delle operazioni di salvataggio, agendo da megafono acritico dei luoghi comuni più beceri, delle accuse leghiste o di qualche giudice voglioso di protagonismo che poi ammette di non avere alcuna prova per le sue accuse. Non chiedendosi da dove stiano fuggendo le persone soccorse in mare e trovando la soluzione nel riconsegnarle a pseudo governi libici (quale Libia?) più o meno riconosciuti dai governi occidentali, scopertamente complici dei veri trafficanti.
Che poi, se vogliamo ragionarci un po’ con la mente serena, se dovessimo fare una graduatoria degli “autori delle nefandezze” coinvolti nel fenomeno delle migrazioni: fra le multinazionali che impoveriscono e avvelenano i Paesi di partenza dei profughi; la Banca Mondiale che strozza col debito i Paesi del “Terzo Mondo”; i produttori/venditori/utilizzatori delle armi che restano il motore della nostra economia; i dittatori grandi e piccoli che lasciamo a governare per conto dei nostri affari quei Paesi, dove esportiamo le nostre immondizie; i bravi cittadini europei che vanno in Africa, Asia e Sudamerica in cerca di ragazzini/ragazzine…. Siamo proprio certi che fra tutti i soggetti coinvolti in questa inumana catena, collocheremo proprio gli scafisti nel gradino più basso? Sono l’ultimo anello, arrivano quando l’unica operazione possibile è strapparli ai lager, danno quella speranza – o illusione di speranza – che invece dovrebbe essere assicurata con i canali ufficiali di accoglienza. Lo fanno per soldi, come lo facevano le mammane quando l’aborto era illegale. Figure che spariscono quando si elimina la domanda.


COLONNA SONORA CONSIGLIATA
WALTZ DEGLI SCAFISTI (le luci della centrale elettrica, dall’album «Terra»)
In una città cinese in Africa / una cometa è caduta in una zona disabitata / senti la distanza nel cammino / tra le tue origini e il tuo destino / senti le profezie i canti dei muezzin e delle tifoserie / in una città italiana in Argentina / il vulcano ha coperto di cenere le macchine della zona / tu sei l’unica con gli occhi chiari / non si sa da dove vieni parli di viaggi interstellari / senti sono mie tutte le cantilene le carte nautiche e le fantasie / gli scafisti si orientano con le stelle / le nostre storie sono troppo belle / non cercare di capirle / in una città indiana in Australia / guarda il sole tramontare in una cava mineraria / onde alte come una frontiera / mucche sacre energie rinnovabili ogni sera / senti le poesie è un canto di sirene e di suonerie / in una base americana sulla Luna / portano pesi leggeri portano fortuna / i bambini hanno nomi di divinità / anche i tuoi occhi chiari si abitueranno all’oscurità / senti sono mie le coperte termiche dorate le stelle sparpagliate e le tecnologie / gli scafisti si orientano con le stelle / le nostre storie sono troppo belle / non cercare di capirle.

ALTRI LINK UTILI (e sotto una piccola nota della “bottega”) RIPRESI DA “COMUNE INFO”
E COME MEZZO DI DISSUASIONE, LA MORTE
Dedicato a chi resta in città. Provate a leggere questa storia, e fate conto di essere sotto l’ombrellone a fare cruciverba, rebus ma soprattutto il gioco delle differenze. Pronti? La parola chiave è “dissuasione” e le due scene si svolgono tra i flutti del Mediterraneo e nell’arido deserto alla frontiera tra Usa e Messico. Nel sonnolento villaggio di Arivaca, 700 abitanti, non succedeva mai niente. Adesso, magari c’entra qualcosa Trump, è diventato un campo di addestramento per imponenti dimostrazioni di forza degli Stati Uniti: posti di blocco, elicotteri, camionette e fuoristrada pieni zeppi di uomini armati fino ai denti. Il problema è che quelli di Arivaca, attraverso Ong come No Más Muertes oppure nelle loro case, insistono a voler assistere i migranti che attraversano il deserto della Sonora. Offrono alimenti, acqua, primo soccorso e un luogo dove poter riposare. Sanno bene che questo fa la differenza tra la vita e la morte in queste zone assolate dell’Arizona, a 18 km dal confine col Messico, dove resti umani si trovano ogni tre giorni. Non garantire la sopravvivenza è invece parte della strategia migratoria Usa da diversi anni; il governo la definisce “prevenzione per mezzo della dissuasione”. Lisa Jacobson e altri volontari da questo lato del confine, la chiamano invece “dissuasione per mezzo della morte”. (Laura Carlsen )
L’EUROPA HA BISOGNO DI QUEI MIGRANTI 
Scrive Guido Viale : ” L’Europa ha bisogno dei migranti e per “integrarli” deve innanzitutto offrire a loro e, insieme, ai 25 milioni di disoccupati creati con la crisi, un lavoro. Per mettere tutte quelle persone al lavoro ci vuole un grande piano di investimenti diffusi. Quel piano è la conversione ecologica, come prescritto dagli impegni presi al vertice di Parigi. Ma è un piano che non può riguardare solo l’Europa: deve coinvolgere anche i paesi di origine dei nuovi arrivati: non si tratta di “aiutarli a casa loro”, bensì di aiutarli qui in Europa (che non è “casa nostra”) ad aver voce e a rendersi parte attiva della pacificazione dei loro p aesi in guerra; e, quando potranno tornarvi (e molti non aspettano altro), della loro ricostruzione, del loro risanamento ambientale e sociale, della loro conversione ecologica, con progetti e interventi analoghi a quelli da sviluppare qui.”( Guido Viale )
IL GOVERNO IDENTITARIO
È già fallita Defend Europe, la missione promossa dalla Generazione Identitaria dell’estrema destra europea per ostacolare il salvataggio dei migranti di fronte alle coste libiche. Non solo perché le proteste degli antirazzisti, da Catania a Tunisi, stanno rispondendo in modo adeguato a quel disegno criminale ma perché il governo italiano li ha preceduti, con ben altro spiegamento di forze, nello svolgimento di quella stessa funzione. Certo, per fregiarsi definitivamente del prestigioso primato europeo nell’abbandono di migliaia di persone nelle acque del Mediterraneo centrale – per non parlare dei migranti condannati per anni alle torture nei lager libici – c’è ancora da sbaragliare la temibile concorr enza di Macron. Ma il giovane avventuriero francese non ha né l’esperienza sul campo, né la fantasia per inventare un dispositivo letale come il Codice di Condotta Minniti (Fulvio Vassallo Paleologo )

UNA PICCOLA NOTA DELLA “BOTTEGA”
Chi oggi leggerà «il manifesto» e «Il fatto quotidiano» (cioè gli unici due quotidiani italiani che, pur pieni di difetti, non hanno padroni in redazione) vedrà che sulla questione Iuventa/ong dicono… l’opposto. Non solo gli editoriali di Luigi Manconi e Marco Travaglio si schierano su barricate contrapposte ma anche le cronache di questi due quotidiani (da sempre fuori dal “coro”, è bene ribadirlo) raccontano – o selezionano – notizie che sembrano appartenere a due mondi differenti. Così in questa grande cagnara è sempre più difficile distinguere i fatti (pochi) dalle interpretazioni (molte): la “bottega” ovviamente ci proverà ma sarà un lavoro lungo. Aiutateci: con articoli, proposte, commenti, link… Come abbiamo già scritto e come ribadisce qui sopra Benigno Moi qui non crediamo che le ong siano “il vero problema” e che dunque si parli tanto di loro – e si indaghi – per non dover ragionare su altre questioni, politiche, economiche e di umani diritti: nei Paesi di migranti e profughi ma anche qui dove viviamo, nell’Occidente che noi pensiamo giusto chiamare Uccidente. (db)
da qui

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