1.L’impatto economico e finanziario dei crediti fiscali trasferibili nell’edilizia
Il Fondo
Monetario Internazionale ha riconosciuto che il rapporto debito/Pil in Italia è
crollato di 20 punti % nel periodo 2020/23 grazie all’introduzione dei crediti
fiscali trasferibili nel settore edilizio. Si tratta della performance migliore
tra i paesi avanzati
E’ opportuno
sottolineare che se questa misura non fosse stata sabotata dal governo Draghi con
i blocchi alla circolazione dei crediti fiscali e con innumerevoli modifiche
normative che hanno creato un’incertezza enorme, i risultati sarebbero stati
ancora migliori.
Se nei
prossimi anni il rapporto debito/Pil tenderà a crescere, seppure in modo limitato,
la causa non sta negli incentivi edilizi bensì nella stagnazione del Pil e nei
suddetti blocchi alla cessione che hanno fatto impennare lo sconto finanziario
e hanno fatto sprecare quantità consistenti di crediti fiscali riducendo
l’afflusso di euro nell’economia e il moltiplicatore.
Avevamo
trovato la chiave per ridurre il rapporto debito/Pil attraverso politiche
espansive ma i governi Draghi e Meloni – con il sostegno di tutte le forze
politiche, nessuna esclusa – hanno distrutto questa misura prima introducendo
una serie di limiti alle cessioni e poi eliminando la trasferibilità dei
crediti fiscali.
Nel novembre
2022, il ministro dell’Economia Giorgetti aveva dichiarato: “Ci sono
osservazioni da parte di soggetti esterni…Stiamo attenti, evitiamo di dire che
questi crediti di imposta devono circolare liberamente. Non dobbiamo proprio
dirla questa cosa qua, è meglio per tutti e per lo Stato italiano in
particolare”. Questa dichiarazione faceva trasparire un avvertimento
minaccioso svelando il vero motivo dell’attacco alla trasferibilità dei crediti
di imposta. Secondo diversi commentatori i crediti d’imposta generati dai bonus
edilizi nel momento in cui possono circolare liberamente nell’economia vengono
considerati dalla BCE come una pericolosa forma di moneta fiscale.
Assolutamente falso: i crediti fiscali sono titoli di Stato che consentono di
scontare le tasse. Il mercato decide liberamente di accettarli e scambiarli
contro merci, servizi o euro. Questo meccanismo non mette in discussione l’euro
come moneta unica a corso legale.
2.
Classificazione dei crediti fiscali e falso in bilancio
Aver
classificato i crediti fiscali del superbonus come “pagabili” è stato un errore
enorme sia perché ha fatto scattare una procedura di infrazione per il deficit del
2023 che è stato pari al 7,2% del Pil sia perché pregiudica la possibilità di
emettere nel futuro crediti fiscali trasferibili in quanto sarebbero
contabilizzati immediatamente come maggiore spesa facendo impennare il deficit
pubblico.
I crediti
fiscali sono stati classificati come pagabili perché essendo trasferibili è
stato sostenuto che esiste un’elevata probabilità che siano sfruttati
integralmente (non vadano persi). Niente di più falso: il SEC 2010 che
rappresenta il regolamento sulla contabilità dei paesi dell’eurozona stabilisce
che un credito fiscale è pagabile se esiste il diritto al rimborso cash e non
se può circolare.
Se non
esiste il rimborso cash per la parte che non viene portata in compensazione, un
credito fiscale è “non pagabile” anche se può circolare senza limiti. Un
credito fiscale non pagabile ha un impatto sul bilancio pubblico solo nel
momento in cui viene esercitato. Ciò significa che non sarà assunto alcun
impegno di spesa da parte dello Stato ma si avrà una riduzione delle entrate
future. La riduzione delle entrate future naturalmente va considerata accanto
alla crescita dell’economia e quindi al maggiore gettito fiscale che viene
generato.
Inoltre,
bisogna ricordare che non è il deficit ma il fabbisogno del settore statale il
vero indicatore del saldo finanziario (differenza tra entrate e uscite) della
finanza pubblica nel corso dell’anno.
Se mettiamo
a confronto il deficit e il fabbisogno degli anni 2023/2024 possiamo vedere che
nel 2023 il deficit è stato molto alto, pari al 7,2% del Pil, ma il fabbisogno
è stato inferiore di 15 miliardi di euro rispetto a quello del 2024 (110 contro
125 miliardi di euro). Eppure nel 2024 il rapporto deficit/Pil è stato circa la
metà di quello del 2023 proprio perché non sono stati contabilizzati i crediti
fiscali nell’edilizia. Ciò dimostra inequivocabilmente che il deficit del 2023
è stato gonfiato classificando i crediti fiscali come pagabili.
Nessuna
forza politica ha denunciato questo imbroglio che è stato sfruttato per
bloccare la circolazione dei crediti fiscali poiché il messaggio che è passato
è stato che i crediti fiscali trasferibili avevano fatto esplodere il deficit
(ma non il debito pubblico) mettendo a rischio i conti dello Stato e per questo
la trasferibilità doveva essere eliminata.
I crediti
fiscali trasferibili non pagabili rappresentano l’unico strumento che abbiamo a
disposizione per finanziare l’economia senza incorrere nella tagliola del 3%.
3. PNRR e
Moneta Fiscale
Ormai è
chiaro che il PNRR non si sta rivelando in grado di dare quella spinta alla
ripresa della nostra economia. Su 194 miliardi di euro potenzialmente
disponibili finora ne sono stati spesi solo 64 di cui circa 30 sono relativi ai
crediti d’imposta nell’edilizia e nell’industria. Sarà interessante vedere come
saranno scaricate le colpe dal governo e dall’opposizione. Il problema è che il
sistema Paese non era attrezzato per gestire un programma complesso e pieno di
burocrazia come il PNRR. Il PNRR era una grossa trappola e noi dovevamo starne
alla larga. Avevamo la Moneta Fiscale che se gestita in modo corretto sarebbe
stata molto più efficace ed efficiente del PNRR.
Conclusioni
I dazi di
Trump, la pressione verso l’aumento delle spese militari, la stagnazione
dell’economia impongono al nostro Paese di rilanciare la domanda interna per
sostenere la crescita ma i vincoli del Patto del Stabilità impediscono
qualsiasi capacità di manovra.
I crediti
fiscali trasferibili rappresentano l’unico strumento che abbiamo a disposizione
per finanziare l’economia evitando di chiedere soldi in prestito sui mercati
finanziari. Si tratta di uno strumento pienamente legale all’interno
dell’eurozona che possiamo gestire in modo autonomo senza chiedere niente a
nessuno. Solo lo sconto in fattura può rilanciare la domanda interna perché
consente di pagare 50 ciò che costa 100. Lo sconto in fattura si regge sulla
cessione senza limiti dei crediti fiscali che devono circolare liberamente e
possono essere monetizzati con un basso tasso di sconto finanziario.
Alla luce
dell’esperienza passata, occorre mettere a punto la misura dei crediti fiscali
trasferibili introducendo controlli più stringenti al momento
dell’assegnazione, indirizzando gli incentivi in modo più mirato, mettendo un
tetto alle emissioni annuali dei crediti ed estendendo la trasferibilità dei
crediti fiscali agli investimenti industriali e all’acquisto di beni ad elevata
efficienza energetica.
Sarebbe bene
che le forze politiche, le categorie produttive, la tecnocrazia e i mezzi di
informazione ne prendessero atto il prima possibile.
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