E la democrazia? Beh, quella serve per riempire il nulla che nulleggia delle marionette che occupano le poltrone del potere...
I meno sprovveduti tra gli abitanti del Vecchio Continente dovrebbero convenire che la rappresentazione dell'Europa – regione geografica, l’insieme disordinato di stati nazionali (sovrani solo sulla carta) o la cosiddetta Unione (Ue) – si colloca decisamente sopra le righe, in buona sostanza non risponde al vero. Coloro che sono persuasi del contrario, possono interrompere qui la lettura di un testo che troverebbero inutilmente corrosivo nei riguardi dei loro convincimenti.
Tale
riflessione d’esordio presume un rispecchiamento dell’Ue che potremmo
riscontrare tra le liane della giungla amazzonica, dal momento che la
comprensione della sua identità legale e istituzionale, così come della sua
essenza teleologica richiede un dispendio di energie di norma superiore a
quanta se ne ha a disposizione. In assenza del sottostante, un popolo
europeo - che solo la storia avrebbe potuto costruire, ma non lo ha
fatto - il livello di coesione delle sue cosiddette classi dirigenti, simile a
quello delle onde in modulazione di frequenza, cambia orientamento a seconda
del punto cardinale da cui sorge la luna.
È
sufficiente uno sguardo distratto, o qualche pagina web, per comprendere che il
tempo presente è quello in cui l’Europa – la cui storia millenaria, tragica e
arruffata come poche, resta peraltro sconosciuta ai più – vede dileguare quei
lineamenti che un tempo le avevano meritato la qualifica di civiltà.
Il continente è oggi null’altro che una regione-bersaglio guidata a
meri fini estrattivi da entità solfuree ma brutali, vale a dire
dai detentori del capitale globale, quelli che smittianamente decidono
sullo stato di emergenza, una sofisticata terminologia
questa per significare che sulle questioni che contano davvero son loro a
decidere. Costoro ponderano l'Europa in una forma diversa rispetto ai cittadini
europei (in larga parte frastornati dal rumore di fondo della Grande Menzogna)
o extra-europei, questi distanti e ancor più indifferenti. E la democrazia?
Beh, quella serve per riempire il nulla che nulleggia delle marionette che
occupano le poltrone del potere. Vediamo.
Quali siano
i guai che affliggono la regione chiamata Europa dovrebbe essere noto, ma
proprio per questo non è conosciuto (Hegel) e dunque repetita iuvant.
Con il termine detentori del capitale globale s’intendono qui
i Proprietari e Controllori del Capitale Finanziario Globale che valutare
l’Europa (e invero ogni regione del mondo) solo come territorio da cui estrarre
benefici, ricchezze, lavoro e profitti di ogni sorta, per essere scartato
quando diventa inservibile allo scopo.
Tali
individui, capitalisti sino al midollo, non sono titolari di un particolare
passaporto – statunitense, britannico, tedesco, francese o svizzero (i noti-gnomi di
Basilea), gli altri paesi contando assai meno - non sono leali né all'Occidente
né all'Oriente, non hanno una bandiera all’ombra della quale combattere, non si
riconoscono in alcun popolo, storia, lingua, tradizioni o valori; nei loro
cuori, ammesso che ne abbiano uno, non è la terra dei loro padri a far vibrare
le corde profonde; non vedono il mondo come un luogo dove solidarietà e giustizia
possono rendere sopportabili le sofferenze dell’umana esistenza, non hanno
dunque alcun intento di migliorarlo; non colgono l’effervescenza di culture,
popoli e nazioni. A tale aggregato post-umano - frutto incestuoso della
tossicità globalista neocapitalista - l’ottusità ontologica rende tutto ciò
invisibile.
Essi vedono
esclusivamente zone di opportunità, la cui valenza dipende dai benefici che ne
derivano e dall’ammontare di risorse estraibili: lavoro umano, dati, logistica,
trasporti, terre rare, petrolio, gas, mercati di consumo e via dicendo. Ogni
altro lineamento umano, etico, sociale, è ai loro occhi privo di attrazione,
come si trattasse della carcassa di un elefante.
Anche il
tempo, ça va sans dire, costituisce talora una variabile che può
moltiplicare i ritorni, poiché tali risorse diventano più effervescenti nei
momenti di crisi. Queste a loro volta, se non sorgono spontaneamente, vengono
fatte emergere con tecniche adeguate.
Alla luce di
tale illustrazione, il territorio europeo è assunto dai detentori del
capitale globale non come un aggregato di nazioni, con una loro
storia, priorità, specificità e obiettivi, ma null’altro che utilità,
un asset in atto o in potenza, acquisibile all’occorrenza per
generare profitto, se necessario attraverso un profondo rimescolamento sociale,
identitario, economico, e dunque tramite travaglio e sofferenza, obliterando
richieste, bisogni, caratteristiche e via dicendo di popoli e culture. E lo
Stato, si dirà, e i Governi? Ebbene, è finanche banale rilevarlo, essi svolgono
il ruolo di comparse, sono incaricati di dar senso alla nozione di contorno,
vestiti con la livrea dei giorni di festa per servire le tavole imbandite
di lorsignori, mentre ai popoli questuanti non resta che
raccogliere le briciole che di tanto in tanto cadono dalla tavola.
Tornando al
punto, è quanto mai evidente che i paesi europei sovrani non
sono, e ancor meno democratici, come vedremo. A suo tempo, il
nostro Machiavelli aveva definito le due qualità che consentono di qualificare
un paese come sovrano: non avere soldati di un altro paese sul
proprio territorio ed essere padroni della propria moneta. Oggi occorre
aggiungerne una terza, il controllo dei fattori della produzione, vale a dire
il lavoro (oggi globalizzato, rispondente al minimo
comun multiplo) e il capitale (insaziabile e libero di
muoversi ovunque accresca i profitti, attraverso la compressione del
fattore lavoro). Governi e classi dirigenti - corpi eterei che fluttuano
nell’aire come fumi usciti da un camino - non hanno alcun controllo su quanto
sopra. Essi non rispondono a istanze democratiche, non sono
sospinti da valori etici o bisogni dei popoli, non perseguono l’avanzamento
culturale, l’equità distributiva e la partecipazione, ma – in cambio di misere
ricompense in denari, onori e carriere – servono i privilegi delle élite
finanziarie, quel potere lontano situato in luoghi incorporei.
In Europa,
Regno Unito, Germania e Francia sono alla testa di siffatti amici di
merende, a loro volta al guinzaglio mobile del sistema
corporativo americano, legati tra loro da interessi palesi e occulti, ricatti e
corruzione di ogni genere, sotto la campana del neocapitalismo globalista. I
politici eletti, è bene ripeterlo, brillano per la loro irrilevanza: del resto,
chiunque può ricoprire un’alta carica politica. Per essere ministro non v’è
necessità di mostrare cultura, etica, preparazione e attitudine. Ciò che rileva
è solo la disponibilità a obbedire al contesto, adeguandosi
all’ottimizzazione della funzione estrattiva.
L'Unione
Europea è il luogo della selezione funzionariale per
eccellenza, alla quale sono preposti individui selezionati per una particolare
insignificanza e propensione alla nullità, incaricati di applicare senza
fastidiosi interrogativi ogni direttiva che emani dall’Olimpo capitalistico. La
sovranità è stata esternalizzata, il governo (che le Costituzioni dei paesi
membri vogliono democratico) viene privatizzato, la democrazia è
oggi mera rappresentazione formale. Il voto non cambia nulla, essendo pura
cosmesi, un prodotto estetico che proietta spettacoli TV mangia-tempo da
apprezzare distesi sul divano, dopo cena. La democrazia, per rispecchiare
l’essenza del termine, richiede partecipazione e rispetto dei principi costitutivi di
una popolazione (la guerra è stata ripudiata decenni
orsono dai nostri padri dopo l’immane tragedia dell’ultimo conflitto, ma quell’imperativo
categorico è tradito ogni giorno da chi governa).
All’ombra di
tali riflessioni, la guerra in Ucraina non è un conflitto geopolitico, ma
strumento policromo al servizio del capitale globalizzato. Quest’ultimo vede
l’Europa quale terra di saccheggio. Tuttora relativamente ricca di risorse,
intende accelerarne la deindustrializzazione, recidendone i legami con la
regione euro-asiatica, gonfiando ancor più, se mai ce ne fosse bisogno, il
debito dei paesi membri, fabbricando un nemico immaginario per militarizzare un
continente che necessita di tanto ma non di ciò, distruggendo la coesione
sociale con migrazioni massive, lasciando che il continente sia governato da
svalvolati non eletti che intimidiscono i cittadini con guerre, crisi
e urgenze prefabbricate.
La
distruzione del North Stream non è stata solo un incredibile atto di sabotaggio
da parte di un alleato, ma un evento cruciale di ristrutturazione strategica
dell’economia europea. Tutto il continente, in particolare la Germania,
dipendeva dal gas russo. Contratti energetici a lungo termine, economici e
affidabili, consentivano all’industria europea di vivere e prosperare. Con la
distruzione del gasdotto è stato bruciato il combustibile che alimentava il
sistema. Oggi, l'energia giunge in Europa da fornitori lontani e precari, per
lo più americani (pedine di punta della catena delle plusvalenze globaliste) a
prezzi quadruplicati. A questo si aggiunge l'uso militare della narrazione
sull'energia verde. La transizione verso le rinnovabili non protegge il clima,
giustificando lo smantellamento dell'industria pesante, la riduzione della
capacità produttiva, l’import di tecnologia e di sistemi digitali ad alta
intensità di capitale.
Come
rilevato, la seconda funzione della guerra in Ucraina è la militarizzazione.
L'Europa (vale a dire i detentori del capitale globale, che
sovrintendono alle malefatte di tale Ursula Gertrud Albrecht,
nipote di un nazista e coniugata von der Leyen) ha deciso che
occorrono centinaia di miliardi di euro per costruire armi ed eserciti per
difendere l’Europa! Si tratta invero di creare un'economia di guerra senza
guerra: keynesismo militare. Tale massiccia spesa pubblica, concentrata nel
settore privato della produzione bellica, richiede un forte ridimensionamento
dei servizi sociali, il decadimento delle infrastrutture e dei beni pubblici,
mentre i produttori di morte (Raytheon, GE, Boeing, Lockheed Martin,
Rheinmetall etc… vedono le loro tasche riempirsi ancor più). In parallelo, la
militarizzazione si estende alla sfera civile: media, istruzione, società civile,
tutto è sotto sorveglianza, reso conforme a rigidi protocolli di
sicurezza. Il dissenso, demonizzato o criminalizzato, è qualificato disinformazione.
Il nemico è all’interno: il cittadino che contesta la guerra esprime preoccupazioni populiste.
Il collasso economico dell'Europa non è un incidente emerso dalla storia come
un fulmine sotto il cielo d’agosto. Esso è frutto di pianificazione
consapevole. L'inflazione, i costi dell'energia, la svalutazione della moneta,
gli shock della catena di approvvigionamento servono a spazzare via la classe
media, espandere la dipendenza dalle piattaforme aziendali, erodere il settore
pubblico, creare le condizioni per la centralizzazione digitale dell’economia e
della finanza. Le politiche migratorie e identitarie sono volte a
generare frammentazione sociale controllata. Le migrazioni di massa
non devono favorire l'integrazione, ma devono minare la coesione sociale. Una
società frammentata è più agevole da governare. Se i gruppi sociali sono tra
loro agguerriti, hanno meno propensione a organizzarsi contro il potere. Chiaro
e semplice. L'Europa – in crisi demografica strutturale e infastidita dall’uso
della libertà e della critica - precipita verso l’abisso di una crisi
permanente, sull'orlo perenne del collasso, che giustifica l’emergenza e la
sorveglianza su un popolo sempre più inquieto. La condizione di
caos pilotato non costituisce l’evidenza di un fallimento di governance,
quanto del suo successo. Tale strategia non intende garantire stabilità e
progresso, ma solo ottimizzare profitti e privilegi.
Come sopra
adombrato, uno degli obiettivi della guerra in Ucraina è quello di recidere il
legame di Russia-Cina con l’Europa. Questa deve restare sottomessa al capitale
globalista e americano-centrico, resa schiava dell’ideologia della guerra,
della Nato (forse con una minima diversa colorazione, ma sempre bellicosa),
dell’indebitamento pubblico cronico, o delle ricette persecutorie del FMI. La
prospettiva di recupero della sovranità da parte degli stati-nazione deve
essere distrutta per sempre. Asservita a soggetti lontani, possessori di
capitali immensi, l’Europa deve convertirsi in un enorme deposito di armi
inutilizzabili (perché nessuno vuole l’olocausto nucleare!) prodotte da sistemi
iper-indebitati, de-socializzati, promiscui, ma sempre obbedienti a coloro che
siedono sulle montagne del capitale globalizzato.
È così che,
lentamente, assistiamo al crepuscolo della civiltà europea. Cultura, economia,
politica e impianto etico delle nazioni europee vengono svuotati. L'Europa non
viene conquistata da eserciti stranieri, ma convertita, in apparenza
pacificamente, in un asset economico/finanziario a gestione globalista. Non si
tratta di una crisi di leadership, del tutto assente, ma di una
rappresentazione teatrale quale riflesso dell’ontologia della mercificazione
dell’esistenza umana.
Se taluno
pensasse che tali ceti dirigenti stiano fallendo, ebbene sarebbe in errore.
Essi sono i vincitori. Questi non sono interessati a costruire un'Europa
migliore, ma a svuotarla e poi scartarla. Come un tempo i re regnavano ma non
governavano, oggi i governi amministrano ma non governano. E a meno che noi
europei si capisca il dramma storico di tale prospettiva, si continueranno a
confondere i sintomi con la malattia, a cercare risposte dalle medesime istanze
e individui che gestiscono il collasso. Non si tratta di conquistare territori
altrui, ma di un conflitto per decidere le fondamenta etiche della nostra
società nell'era post-stato-nazione. L'Europa è il banco di prova, il resto del
mondo seguirà.
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