Ho la
sgradevole sensazione di essere circondato da persone stupide e cattive. Ho
l’impressione che il loro numero cresca e crescano sia in stupidità che in
cattiveria. Lo attestano le cose che dicono, che scrivono, che leggono, il loro
modo di fare i conti e di votare, tutti i loro comportamenti insomma.
Si è
aggiunta la convinzione di essere pure io, giorno dopo giorno, più stupido e
cattivo. D’altro canto se è un’epidemia perché dovrei esserne esente? È
l’associazione di stupidità e cattiveria che mi preoccupa. Provo a vederle
separatamente.
Due cose
stima Einstein essere infinite, la stupidità umana e l’universo, con qualche
dubbio sul secondo. Non potrò che sfiorare l’argomento. Lo faccio iniziando da un
classico: Il discorso sulla stupidità, tenuto a Vienna l’11 marzo
del 1937 da Robert Musil, con successo tale da replicarlo la settimana
successiva.
Per dare il
giusto risalto ai contorni del concetto di stupidità, va innanzitutto
indebolito il giudizio secondo cui la stupidità sarebbe esclusivamente o
prevalentemente un deficit intellettuale. La stupidità autentica è un po’ dura
di comprendonio, come si dice… Non analizza né sottilizza. Sue sono niente di
meno che le rosee guance della vita! In una parola, è la cara “limpida
stupidità” che, se non fosse a volte così credulona, confusionaria e
addirittura incorreggibile testona, da portare alla disperazione, sarebbe
addirittura graziosa.
Molto più
preoccupante è la stupidità pretenziosa: non è una malattia mentale ma
una malattia dello spirito, la più pericolosa per la stessa vita. Ciascuno
di noi dovrebbe certamente stanarla in se stesso, senza aspettare di
riconoscerla dalle grandi esplosioni storiche. Ma come
riconoscerla? Quale marchio a fuoco imprimerle che renda impossibile
non riconoscerla? Questo è un punto molto importante, date le condizioni di
vita attuali, così complicate, difficili e confuse che la stupidità
occasionale del singolo diventa facilmente la stupidità costituzionale della collettività.
Ciò alla fine porta l’indagine fuori dal campo delle qualità personali verso
l’idea di una società spiritualmente difettosa… Si potrebbe da più punti di
vista parlare di “imitazione sociale di difetti spirituali”. Gli esempi ci
invadono.
Anche io ho
la sensazione di un’invasione. E sono preoccupato perché, come Musil, so
che quando gli uomini si trovano in tanti si permettono tutto ciò che è
proibito ai singoli. Inoltre non c’è praticamente nessun
pensiero importante che la stupidità non sia in grado di utilizzare, essa è
mobile in tutti i sensi e può indossare tutti i vestiti della verità. La verità
invece ha solo una veste in ogni occasione, e solo una via, ed è sempre in
svantaggio.
Un consiglio
il conferenziere ce lo offre: con sforzo abbiamo imparato a mantenere
gli errori entro limiti noti e occasionalmente a migliorare le stime, sino al
punto da correggere le nostre azioni. Nulla vieta di trasferire questo modo
esatto e orgogliosamente umile di giudicare e di fare ad altri campi. Saremmo
già a metà strada verso una forma di vita piena di speranze.
Qui Musil si
arresta: E con il piede sul confine dichiaro di non essere più in grado
di proseguire.
Un passo più
in là e usciremmo dal dominio della stupidità, che anche dal punto di vista
teorico è molto vario, e metteremmo piede nel regno della saggezza, un
territorio inospitale e in generale evitato.
Esattamente
un anno dopo questa conferenza l’Austria sarà invasa dalla Germania hitleriana
alla quale non è sufficiente avere un vicino alleato clerico-fascista, ma lo
vuole nazista. Musil, con la moglie ebrea, si rifugerà in Svizzera, come era
tornato in Austria da Berlino quanto Hitler aveva preso il potere.
Dietrich
Bonhoeffer, in attesa di essere impiccato (lo sarà giusto mentre la guerra
finisce) riflette sulla stupidità. Per il bene la stupidità è un nemico
più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si
può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza; il
male porta sempre con sé il germe dell’autodissoluzione, perché dietro di sé
nell’uomo lascia almeno un senso di malessere. Ma contro la stupidità non
abbiamo difese. Qui non si può ottenere nulla, né con proteste, né con la
forza; le motivazioni non servono a niente. Ai fatti che sono in contraddizione
con i pregiudizi personali semplicemente non si deve credere – in questi casi
lo stupido diventa addirittura scettico – e quando sia impossibile sfuggire ad
essi, possono essere messi semplicemente da parte come casi irrilevanti. Nel
far questo lo stupido, a differenza del malvagio, si sente completamente
soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità
passa rabbiosamente all’attacco. Perciò è necessario essere più guardinghi nei
confronti dello stupido che del malvagio. Non tenteremo mai più di persuadere
lo stupido: è una cosa senza senso e pericolosa.
Se vogliamo
trovare il modo di spuntarla con la stupidità, dobbiamo cercare di conoscerne
l’essenza. Una cosa è certa, che si tratta essenzialmente di un difetto che
interessa non l’intelletto, ma l’umanità di una persona. Ci sono uomini
straordinariamente elastici dal punto di vista intellettuale che sono stupidi,
e uomini molto goffi intellettualmente che non lo sono affatto. Ci accorgiamo
con stupore di questo in certe situazioni, nelle quali si ha l’impressione che
la stupidità non sia un difetto congenito, ma piuttosto che in determinate
situazioni gli uomini vengano resi stupidi, ovvero si lascino rendere tali. Ci
è dato osservare, inoltre, che uomini indipendenti, che conducono vita
solitaria, denunciano questo difetto più raramente di uomini o gruppi che
inclinano o sono costretti a vivere in compagnia. Perciò la stupidità sembra
essere un problema sociologico piuttosto che un problema psicologico. È una
forma particolare degli effetti che le circostanze storiche producono negli
uomini; un fenomeno psicologico che si accompagna a determinati rapporti
esterni.
Osservando
meglio, si nota che qualsiasi ostentazione esteriore di potenza, politica o
religiosa che sia, provoca l’istupidimento di una gran parte degli uomini.
Sembra anzi che si tratti di una legge socio-psicologica. La potenza dell’uno
richiede la stupidità degli altri. Il processo secondo cui ciò avviene, non è
tanto quello dell’atrofia o della perdita improvvisa di determinate facoltà
umane – ad esempio quelle intellettuali – ma piuttosto quello per cui, sotto la
schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione di potenza, l’uomo viene
derubato della sua indipendenza interiore e rinuncia così, più o meno consapevolmente,
ad assumere un atteggiamento personale davanti alle situazioni che gli si
presentano. Il fatto che lo stupido sia spesso testardo non deve ingannare
sulla sua mancanza di indipendenza. Parlandogli ci si accorge addirittura che
non si ha a che fare direttamente con lui, con lui personalmente, ma con
slogan, motti, ecc. da cui egli è dominato. È ammaliato, accecato, vittima di
un abuso e di un trattamento pervertito che coinvolge la sua stessa persona.
Trasformatosi in uno strumento senza volontà, lo stupido sarà capace di
qualsiasi malvagità, essendo contemporaneamente incapace di riconoscerla come
tale. Questo è il pericolo che una profanazione diabolica porta con sé. Ci sono
uomini che potranno esserne rovinati per sempre.
Ma a questo
punto è anche chiaro che la stupidità non potrà essere vinta impartendo degli
insegnamenti, ma solo da un atto di liberazione. Ci si dovrà rassegnare al
fatto che nella maggioranza dei casi un’autentica liberazione interiore è
possibile solo dopo essere stata preceduta dalla liberazione esteriore; fino a
quel momento, dovremo rinunciare ad ogni tentativo di convincere lo stupido.
Del resto,
siffatte riflessioni sulla stupidità comportano questo di consolante, che con
esse viene assolutamente esclusa la possibilità di considerare la maggioranza
degli uomini come stupida in ogni caso. Tutto dipenderà in realtà
dall’atteggiamento di coloro che detengono il potere: se essi ripongono le loro
aspettative più nella stupidità o più nell’autonomia interiore e nella intelligenza
degli uomini.
Io mi
ritrovo provvisto sia della stupidità limpida che di
quella pretenziosa individuate da Musil. La prima mi appare
accompagnare, come altri malanni, più le rughe della vecchiaia che le
rosee guance della vita. Quanto alla forma pretenziosa non
osservo il consiglio del conferenziere. Non sono orgogliosamente umile,
ma orgoglioso e basta, con ben scarsi motivi. Spesso ripeto come precetti idee,
che sono state per me apertura e scoperta e sono ora chiusura alle ragioni
degli altri. Non ascolto e parlo. Senza ascolto è solo chiacchera.
Che fare
quando è impossibile non riconoscerla dalle grandi
esplosioni storiche, che Musil vide e noi vediamo? Ci aiuta Bonhoeffer,
rientrato dagli Usa in Germania, allo scoppio della guerra, per opporsi anche
più attivamente. Ci dice che è il contesto a renderci stupidi, quando ci porta
al confronto, piccoli e inermi quali siamo, con potenze smisurate. Sotto
la schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione di potenza,
l’uomo viene derubato della sua indipendenza interiore e rinuncia
così, più o meno consapevolmente, ad assumere un atteggiamento personale
davanti alle situazioni che gli si presentano. Del
contesto, però, siamo tutti responsabili. Chi detiene più potere più degli
altri. Ma intanto non dobbiamo farci derubare di quel po’ di potere che
spetterebbe a ciascuno – un sessantamilionesimo come italiano, un
quattrocentomilionesimo come europeo, un settemiliardesimo come cittadino del
mondo – per partecipare alla liberazione, unica via possibile e necessaria, per
chi non voglia consegnarsi a capitani volgari e pericolosi. Una strada, diversa
dalla stupidità, per evitate la fatica di pensare e di imparare, è sperimentare
assieme il piacere di pensare e di imparare. Vale la pena di provarci.
Le due opere
citate, Discorso sulla stupidità e Resistenza e resa.
Lettere e scritti dal carcere, editi in anni vicini, si trovano facilmente.
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