venerdì 28 giugno 2019

Stupidi e cattivi, ma più stupidi - Daniele Lugli




Ho la sgradevole sensazione di essere circondato da persone stupide e cattive. Ho l’impressione che il loro numero cresca e crescano sia in stupidità che in cattiveria. Lo attestano le cose che dicono, che scrivono, che leggono, il loro modo di fare i conti e di votare, tutti i loro comportamenti insomma.

Si è aggiunta la convinzione di essere pure io, giorno dopo giorno, più stupido e cattivo. D’altro canto se è un’epidemia perché dovrei esserne esente? È l’associazione di stupidità e cattiveria che mi preoccupa. Provo a vederle separatamente.
Due cose stima Einstein essere infinite, la stupidità umana e l’universo, con qualche dubbio sul secondo. Non potrò che sfiorare l’argomento. Lo faccio iniziando da un classico: Il discorso sulla stupidità, tenuto a Vienna l’11 marzo del 1937 da Robert Musil, con successo tale da replicarlo la settimana successiva.
Per dare il giusto risalto ai contorni del concetto di stupidità, va innanzitutto indebolito il giudizio secondo cui la stupidità sarebbe esclusivamente o prevalentemente un deficit intellettuale. La stupidità autentica è un po’ dura di comprendonio, come si dice… Non analizza né sottilizza. Sue sono niente di meno che le rosee guance della vita! In una parola, è la cara “limpida stupidità” che, se non fosse a volte così credulona, confusionaria e addirittura incorreggibile testona, da portare alla disperazione, sarebbe addirittura graziosa.
Molto più preoccupante è la stupidità pretenziosa: non è una malattia mentale ma una malattia dello spirito, la più pericolosa per la stessa vita. Ciascuno di noi dovrebbe certamente stanarla in se stesso, senza aspettare di riconoscerla dalle grandi esplosioni storiche. Ma come riconoscerla? Quale marchio a fuoco imprimerle che renda impossibile non riconoscerla? Questo è un punto molto importante, date le condizioni di vita attuali, così complicate, difficili e confuse che la stupidità occasionale del singolo diventa facilmente la stupidità costituzionale della collettività. Ciò alla fine porta l’indagine fuori dal campo delle qualità personali verso l’idea di una società spiritualmente difettosa… Si potrebbe da più punti di vista parlare di “imitazione sociale di difetti spirituali”. Gli esempi ci invadono.
Anche io ho la sensazione di un’invasione. E sono preoccupato perché, come Musil, so che quando gli uomini si trovano in tanti si permettono tutto ciò che è proibito ai singoli. Inoltre non c’è praticamente nessun pensiero importante che la stupidità non sia in grado di utilizzare, essa è mobile in tutti i sensi e può indossare tutti i vestiti della verità. La verità invece ha solo una veste in ogni occasione, e solo una via, ed è sempre in svantaggio.
Un consiglio il conferenziere ce lo offre: con sforzo abbiamo imparato a mantenere gli errori entro limiti noti e occasionalmente a migliorare le stime, sino al punto da correggere le nostre azioni. Nulla vieta di trasferire questo modo esatto e orgogliosamente umile di giudicare e di fare ad altri campi. Saremmo già a metà strada verso una forma di vita piena di speranze.
Qui Musil si arresta: E con il piede sul confine dichiaro di non essere più in grado di proseguire.
Un passo più in là e usciremmo dal dominio della stupidità, che anche dal punto di vista teorico è molto vario, e metteremmo piede nel regno della saggezza, un territorio inospitale e in generale evitato.
Esattamente un anno dopo questa conferenza l’Austria sarà invasa dalla Germania hitleriana alla quale non è sufficiente avere un vicino alleato clerico-fascista, ma lo vuole nazista. Musil, con la moglie ebrea, si rifugerà in Svizzera, come era tornato in Austria da Berlino quanto Hitler aveva preso il potere.
Dietrich Bonhoeffer, in attesa di essere impiccato (lo sarà giusto mentre la guerra finisce) riflette sulla stupidità. Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza; il male porta sempre con sé il germe dell’autodissoluzione, perché dietro di sé nell’uomo lascia almeno un senso di malessere. Ma contro la stupidità non abbiamo difese. Qui non si può ottenere nulla, né con proteste, né con la forza; le motivazioni non servono a niente. Ai fatti che sono in contraddizione con i pregiudizi personali semplicemente non si deve credere – in questi casi lo stupido diventa addirittura scettico – e quando sia impossibile sfuggire ad essi, possono essere messi semplicemente da parte come casi irrilevanti. Nel far questo lo stupido, a differenza del malvagio, si sente completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità passa rabbiosamente all’attacco. Perciò è necessario essere più guardinghi nei confronti dello stupido che del malvagio. Non tenteremo mai più di persuadere lo stupido: è una cosa senza senso e pericolosa.
Se vogliamo trovare il modo di spuntarla con la stupidità, dobbiamo cercare di conoscerne l’essenza. Una cosa è certa, che si tratta essenzialmente di un difetto che interessa non l’intelletto, ma l’umanità di una persona. Ci sono uomini straordinariamente elastici dal punto di vista intellettuale che sono stupidi, e uomini molto goffi intellettualmente che non lo sono affatto. Ci accorgiamo con stupore di questo in certe situazioni, nelle quali si ha l’impressione che la stupidità non sia un difetto congenito, ma piuttosto che in determinate situazioni gli uomini vengano resi stupidi, ovvero si lascino rendere tali. Ci è dato osservare, inoltre, che uomini indipendenti, che conducono vita solitaria, denunciano questo difetto più raramente di uomini o gruppi che inclinano o sono costretti a vivere in compagnia. Perciò la stupidità sembra essere un problema sociologico piuttosto che un problema psicologico. È una forma particolare degli effetti che le circostanze storiche producono negli uomini; un fenomeno psicologico che si accompagna a determinati rapporti esterni. 
Osservando meglio, si nota che qualsiasi ostentazione esteriore di potenza, politica o religiosa che sia, provoca l’istupidimento di una gran parte degli uomini. Sembra anzi che si tratti di una legge socio-psicologica. La potenza dell’uno richiede la stupidità degli altri. Il processo secondo cui ciò avviene, non è tanto quello dell’atrofia o della perdita improvvisa di determinate facoltà umane – ad esempio quelle intellettuali – ma piuttosto quello per cui, sotto la schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione di potenza, l’uomo viene derubato della sua indipendenza interiore e rinuncia così, più o meno consapevolmente, ad assumere un atteggiamento personale davanti alle situazioni che gli si presentano. Il fatto che lo stupido sia spesso testardo non deve ingannare sulla sua mancanza di indipendenza. Parlandogli ci si accorge addirittura che non si ha a che fare direttamente con lui, con lui personalmente, ma con slogan, motti, ecc. da cui egli è dominato. È ammaliato, accecato, vittima di un abuso e di un trattamento pervertito che coinvolge la sua stessa persona. Trasformatosi in uno strumento senza volontà, lo stupido sarà capace di qualsiasi malvagità, essendo contemporaneamente incapace di riconoscerla come tale. Questo è il pericolo che una profanazione diabolica porta con sé. Ci sono uomini che potranno esserne rovinati per sempre.
Ma a questo punto è anche chiaro che la stupidità non potrà essere vinta impartendo degli insegnamenti, ma solo da un atto di liberazione. Ci si dovrà rassegnare al fatto che nella maggioranza dei casi un’autentica liberazione interiore è possibile solo dopo essere stata preceduta dalla liberazione esteriore; fino a quel momento, dovremo rinunciare ad ogni tentativo di convincere lo stupido.
Del resto, siffatte riflessioni sulla stupidità comportano questo di consolante, che con esse viene assolutamente esclusa la possibilità di considerare la maggioranza degli uomini come stupida in ogni caso. Tutto dipenderà in realtà dall’atteggiamento di coloro che detengono il potere: se essi ripongono le loro aspettative più nella stupidità o più nell’autonomia interiore e nella intelligenza degli uomini.
Io mi ritrovo provvisto sia della stupidità limpida che di quella pretenziosa individuate da Musil. La prima mi appare accompagnare, come altri malanni, più le rughe della vecchiaia che le rosee guance della vita. Quanto alla forma pretenziosa non osservo il consiglio del conferenziere. Non sono orgogliosamente umile, ma orgoglioso e basta, con ben scarsi motivi. Spesso ripeto come precetti idee, che sono state per me apertura e scoperta e sono ora chiusura alle ragioni degli altri. Non ascolto e parlo. Senza ascolto è solo chiacchera.
Che fare quando è impossibile non riconoscerla dalle grandi esplosioni storiche, che Musil vide e noi vediamo? Ci aiuta Bonhoeffer, rientrato dagli Usa in Germania, allo scoppio della guerra, per opporsi anche più attivamente. Ci dice che è il contesto a renderci stupidi, quando ci porta al confronto, piccoli e inermi quali siamo, con potenze smisurate. Sotto la schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione di potenza, l’uomo viene derubato della sua indipendenza interiore e rinuncia così, più o meno consapevolmente, ad assumere un atteggiamento personale davanti alle situazioni che gli si presentano. Del contesto, però, siamo tutti responsabili. Chi detiene più potere più degli altri. Ma intanto non dobbiamo farci derubare di quel po’ di potere che spetterebbe a ciascuno – un sessantamilionesimo come italiano, un quattrocentomilionesimo come europeo, un settemiliardesimo come cittadino del mondo – per partecipare alla liberazione, unica via possibile e necessaria, per chi non voglia consegnarsi a capitani volgari e pericolosi. Una strada, diversa dalla stupidità, per evitate la fatica di pensare e di imparare, è sperimentare assieme il piacere di pensare e di imparare. Vale la pena di provarci.
Le due opere citate, Discorso sulla stupidità Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere, editi in anni vicini, si trovano facilmente.

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