Questa settimana, l’inviato degli Stati
Uniti in Medio Oriente Jason Greenblatt ha fatto un tweet su un Iftar del
Ramadan –la cena serale con cui i Musulmani terminano il loro digiuno
quotidiano per il Ramadan. Questo Iftar si è svolto a Hebron e i coloni
israeliani ne sono stati gli ospiti d’onore.
“Una base per la pace, un meraviglioso
esempio di ciò che potrebbe essere possibile,” ha scritto Greenblatt,
condividendo un tweet originale di Uri Karzen, vicedirettore generale per gli
insediamenti illegali a Hebron.
Si potrebbe anche pensare che i due
avessero ragione. Dopo tutto, chi non ama vedere Ebrei e Musulmani condividere
il pane nella terra che entrambi abitiamo? Io stesso, un Palestinese che ha
vissuto tutta la sua vita sotto l’occupazione israeliana nella città di Hebron,
sarei ben felice di sperimentare un Iftar con i miei amici –molti dei quali
sono Ebrei– che celebrasse l’uguaglianza, la giustizia e la libertà.
Ma il raduno promosso da Greenblatt è
ben lungi dall’essere un fondamento per la pace. Anzi, il contrario: mina
qualsiasi speranza di pace e prosperità.
L’Iftar palestinese che Greenblatt ha
pubblicizzato come un modello per la convivenza, è stato ospitato da Asharaf
Jaabari, uno dei Palestinesi meno rispettati nella comunità di Hebron. Fin dal
2002, Jaabari è stato accusato da decine di persone di rubare denaro, e ci
sono almeno sei ordini di arresto nei suoi confronti. I suoi fratelli lo hanno
rinnegato e la maggior parte della sua famiglia lo evita. Eppure ecco che lui e
altri ospitano un Iftar Kosher con i coloni della comunità di Hebron, che sono
considerati tra i più fanatici e violenti dell’intero movimento dei coloni
–sono descritti così persino da altri coloni.
La coesistenza –il fondamento per la
pace, come l’ha chiamata Greenblatt– non consiste nel prendere la gente
rinnegata dalla società israeliana e da quella palestinese e vantarsi che essi
hanno trovato un terreno comune. E non consiste nel fatto che dei Palestinesi
che hanno rubato ai Palestinesi spezzino il pane con i coloni che hanno rubato
case e terra ai Palestinesi.
Questo Iftar aveva a che fare con la
coesistenza quanto il piano di pace di Greenblatt, Kushner e Trump ha a che
fare con la pace.
Più o meno tra un mese, hanno affermato
Greenblatt e altri, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump prevede di
rilasciare il suo “Piano di Pace”. Ma sappiamo già che il piano non avrà nulla
a che fare con la pace. Da quello che sappiamo del piano –cioè molto poco– esso
coinvolge Sauditi ed Egiziani che offrono sviluppo economico in cambio delle
nostre speranze e dei nostri sogni di vivere in libertà e uguaglianza.
Una cosa è riconoscere che si tratta di
uno scambio e che Trump sta cercando di tacitare l’anelito dei Palestinesi per
la libertà, la giustizia e l’autodeterminazione. Ma è tutt’altra cosa fingere
che questa “bustarella” sia giustizia.
Eppure, questo è ciò che sta facendo il
team di Trump. Ed è ironico, dato che sono proprio le politiche di Israele
–aiutate dal sostegno economico e diplomatico degli Stati Uniti– ad aver
limitato e compromesso l’economia palestinese in modo tale da non poter
realizzare le infrastrutture necessarie per una crescita economica sostenuta.
Dall’occupazione israeliana in poi, l’economia della Palestina ha subito un
processo di de-sviluppo; mentre l’economia degli insediamenti sale alle stelle,
noi di Hebron non possiamo nemmeno gestire un semplice mercato ortofrutticolo
sulla strada principale della nostra città. Gli agricoltori palestinesi sono
costretti a lasciare le loro terre per diventare lavoratori non qualificati o
semi-qualificati per gli insediamenti e per l’economia di Israele.
Quello che il piano di pace degli Stati
Uniti farà sicuramente, sarà creare un’ulteriore divisione nella società
palestinese: una piccola percentuale di Palestinesi facoltosi che barattano la
loro libertà e la libertà del loro popolo per un paio di piscine e permessi
mensili per visitare il mare a Tel Aviv.
Questo spiega il tweet di Greenblatt.
Trump, suo genero Jared Kushner e Greenblatt stanno cercando qualche
Palestinese disposto ad accettare il loro piano di pace, privo, com’è, di
diritti umani. Incapaci di venderlo a decenti e normali Palestinesi –come sono
coloro che passano le loro giornate preoccupandosi per i loro figli che saranno
arrestati, picchiati e imprigionati dai militari– loro invece stanno lavorando
per vendere tutto ciò a dei ladri.
La verità è che non è possibile per un
popolo oppresso vivere in coesistenza con i suoi oppressori. La coesistenza non
è un prigioniero che augura una buona notte al suo carceriere, uno schiavo che
invita il suo padrone per il tè, o anche un uomo bianco che si siede
cortesemente sul retro dell’autobus con il suo vicino afroamericano durante la
segregazione razziale. Nessun falso piano di pace economica sarà sufficiente
per la giustizia, così come nessun aiuto umanitario può darci dignità,
eguaglianza e libertà.
L’unica risposta è che quelli dotati del
privilegio, usino il loro privilegio per stare accanto a quelli che sono
oppressi. Questo è ciò che accadde quando rabbini e ministri si unirono alla
marcia di Martin Luther King da Selma a Montgomery.
È una vera solidarietà come quella, non
un Iftar kosher con i coloni, che porterà la pace.
Sono profondamente orgoglioso di poter
dire che lavoro a stretto contatto ed ho profonde amicizie con molti Ebrei
americani. Le nostre amicizie sono basate sul rispetto reciproco e
sull’obiettivo comune di poter costruire un futuro in cui il nostro popolo
abbia rispetto e pieni diritti. Lavoriamo insieme, co-resistendo
all’occupazione in una intesa che riconosce i diritti e i privilegi che essi
hanno e che a me sono negati. Facciamo questa co-resistenza in modo che un
giorno potremo effettivamente coesistere insieme.
Mi sto avvicinando alla fine di un lungo
processo in un tribunale militare, dove l’esercito israeliano ha portato 18
accuse contro di me, per cose che in una società libera non sarebbero mai state
considerate un crimine. Le accuse contro di me riguardano la protesta senza
permesso, la critica dell’occupazione e l’organizzazione pacifica per porre le
basi dei diritti umani del mio popolo. Per tutto questo, mi aspetto di scontare
una pena detentiva di circa due anni. Sopporterò con orgoglio questo periodo e
aspetterò di tornare alla mia comunità e al mio lavoro, anche se ciò significa
che andrò incontro a un altro periodo di prigionia.
Attendo con ansia, dopo che avrò
trascorso la mia prigionia, di condividere con la mia gente Ramadan Iftars e
Passover Seders. Nel frattempo, non permettiamo l’ipocrisia di un Iftar
ospitato da ladri palestinesi e presenziato da coloni ladri.
(Issa Amro è un difensore
dei diritti umani che vive a Hebron.
Traduzione di Simonetta )
Nessun commento:
Posta un commento