mercoledì 12 giugno 2019

Il Naufragio dei Gilets Jaunes – MICHEL ONFRAY




Il vantaggio con BHL (Bernard Henry-Levy ) [1] è che si sbaglia continuamente e basta pensare il contrario di quello che lui scrive o dice, per essere sicuri e certi di stare nel vero. È una vera performance intellettuale, un destino unico nella stessa storia delle idee, il fatto di essere la bussola che indefettibilmente indica il Sud! Promuovendo se stesso e il suo One Man Show in tutte le capitali d’Europa dove le sale si riempiono di invitati mondani come ce ne sono in ogni grande città, spiega che non si esibirà sulla scena di Parigi con il suo gobbo, senza dire che lì dalle sue parti l’inganno sarebbe più facilmente smascherato perché basterebbe filmare l’uscita dalla sua rappresentazione per vedervi tutta la gente in capannelli e capire che nessuno di quelli aveva pagato l’ingresso…
In una benevola intervista di Le Figaro del 20 maggio 2018, il nostro Sud-magnetico proclama che il movimento dei Gilets-Jaunes si è auto divorato. Ah che bel modo di dire! Dei Gilets-Jaunes cannibali, autofagi, che mangiano se stessi, ed ecco una tesi che è bella e profonda e non ha che un inconveniente: quello di essere falsa…
Si capisce che questa storia di un movimento che sarebbe la causa della sua propria morte possa essere la sua teoria perché da una parte gli permette di affermare fino alla fine che i Gilets-Jaunes sono dei cretini incapaci e che dunque essi sono all’origine della loro sfortuna – e si sa che la sfortuna dei Gilets-Jaunes é la fortuna di BHL.; d’altra parte questa balla da snob di St.Germain des Près gli permette di nascondere sotto il tappeto le vere ragioni non già di un banchetto di cannibali, ma di un’orgia di Stato.
Perché i Gilets-Jaunes non si sono divorati da soli, sono stati smembrati, spellati, sminuzzati, tagliati, rullati, appiattiti, privati degli occhi, battuti, pestati, pugnalati, frantumati e poi mangiati dall’apparato dello Stato, in questo aiutato contro ogni buon senso dai sindacati e dai partiti politici che apparentemente sono all’opposizione, ma che alla fine, come utili idioti, lavorano con e per questo Stato. E a questo bisogna aggiungere i giornalisti.
Chi è che ha preparato questo banchetto costituito dai Gilets-Jaunes?
Cominciamo dai nemici che si sono immediatamente dimostrati tali esprimendo il loro disprezzo. Riconosciamone i meriti. Emmanuel Macron, capo banda degli interessi dello Stato maastrichtiano e incidentalmente anche Presidente della Repubblica, ha cominciato con il disprezzo. Due o tre settimane di silenzio. Per un chiacchierone come lui, è stato un record. È vero che in altri tempi aveva teorizzato la rarefazione della parola presidenziale: per una volta, si sarebbe potuto credere che onorasse una promessa.
Nel frattempo, per la France Insoumise [2], queste tre settimane sono state l’occasione per vomitare su questa piccola gente che esponeva le sue difficoltà, era il momento di dire: ”Questi sono dei faziosi di estrema destra, sono soltanto una manodopera lepenista “. Mi ricordo la pettinatura sapientemente spettinata e fissata col gel di Eric Coquerel [3] nella sala delle Quattro Colonne che spiegava che c’erano “i fascisti” e “gli arrabbiati”, che gli arrabbiati erano vestiti bene ma senza cravatta, mentre gli altri, vestiti in giallo, erano i fascisti… la puntuale reazione semantica di Mélenchon [4] aveva probabilmente inventato l’omofonia fascisti contro arrabbiati (il gioco di parole in francese è “fachos” contro “fâchés” – intraducibile), e i giornalisti hanno preso il collegamento con golosità.
Le redazioni sono saltate sull’occasione: questa calda attualità ha deliziato le catene di informazione continua. È buono per l’audience, dunque per i cronisti, dunque per la cassaforte. Nessuna analisi, nessun commento politico, nessuna interpretazione in prospettiva storica, ma interminabili discussioni su delle reti televisive dove lo sproloquio sostituiva il contenuto.
I caporedattori spinti fuori dalla routine da parte delle redazioni che avevano chiesto qualcosa di folcloristico, hanno messo sotto i proiettori i Gilets-Jaunes marchiati dai loro giubbotti fluorescenti e dal loro essere imbarazzanti in tutto: i loro corpi, i loro gesti, le loro parole, il loro modo di esprimersi, le loro facce, i loro atteggiamenti, le loro frasi fatte, le loro manifestazioni. Si trattava di trovare i personaggi capaci di esemplificare gli aspetti specifici e anche di illustrare la versione “camera delle meraviglie” di questa gente. Si faceva salire alla capitale lo zoo di provincia, i parigini esibivano i loro campioni.
Dato che ormai tutti sono diventati giornalisti da quando si sono moltiplicati i portatili che permettono di fotografare, filmare, registrare e poi mandare il tutto alle redazioni che non hanno altro da fare che buttare nella pattumiera o mettere in rete queste cose, in funzione degli interessi del mercato, è stato possibile, scegliendo le immagini adeguate, diffondere la parola del potere che criminalizzava i Gilets-Jaunes.
Una rete televisiva ha così montato in un reportage di qualche minuto la totalità degli eccessi per poter dimostrare che veramente, il Presidente della Repubblica e BHL avevano ragione di dire che quelli erano fondamentalmente antisemiti, omofobi, razzisti, xenofobi, transfobi, misogini, fallocrati, visto che le immagini lo dimostravano. Queste cose erano state girate la maggior parte delle volte presso gli sbarramenti forzati, situazioni nelle quali la bestia riprende il sopravvento in chiunque: guardiani delle barricate ed esaltati. Si erano fatte vedere solo le bestie vestite di giallo.
Gli intellettuali organici al potere maastrichtiano si sono fatti portavoce del discorso ufficiale: il Ministero dell’Interno forniva le espressioni linguistiche ai pensatori. Dopo la fine dei totalitarismi del ventesimo secolo, non si erano mai visti tanti intellettuali fare causa comune con la cabina di regia dei capi della polizia! Specialista dell’umanesimo kantiano, Luc Ferry [5] faceva sapere che bisognava farla finita con tutto questo e che l’esercito e la Polizia non avevano le armi per niente.
Macron, i giornalisti, la France Insoumise, la sinistra istituzionale, il Partito Socialista e il Partito Comunista Francese, la Confederazione Generale del Lavoro, durante le prime settimane hanno tutti marciato la mano nella mano col potere.
Passiamo adesso ai nemici doppiogiochisti che si sono presentati come amici e che hanno fatto combutta con i Gilets-Jaunes, ma che preparavano l’omicidio del piccolo popolo vestito di giallo. Lo stesso Coquerel, sempre tanto accuratamente spettinato, riportava ora la parola del “Condottiero” (Macron) che, come spesso avviene, era cambiata. La nuova parola d’ordine era: “Basta col baston in compagnia di Macron!” Via il contrasto tra i cattivi fascisti e i buoni arrabbiati. I Gilets-Jaunes arrivavano a federare, a cristallizzare, a mobilitare, a interessare là dove Mélenchon aveva annaspato nella confusione per un anno e dunque diventavano improvvisamente interessanti. Nuova Parola d’ordine: “Marcia indietro, recuperiamo i fascisti nella schiera degli arrabbiati e avanti tutta!”.
Dato che c’è comunque un collegamento diretto tra tutti i Robespierristi, la Confederazione Generale del Lavoro e il Partito Comunista Francese si sono messi a parlare di “convergenza delle lotte” con la Francia detta “insubordinata” (insoumise). Il giallo ha incominciato a scomparire sotto le bandiere rosse. I megafoni hanno incominciato a coprire la voce dei Gilets-Jaunes e i furgoni del sindacato ricoperti di adesivi della CGT sono diventati gli accessori indispensabili dei cortei. Si sono viste allora apparire delle bandiere anarchiche, degli striscioni del sindacato SUD [6], delle bandiere palestinesi, dei cartelloni LGBT. Sempre meno giallo e sempre più rosso…
I neri hanno scelto questo momento per introdurre la loro divisione cromatica, assorbendo altrettanto giallo.
I neri sono quelle Orde ben organizzate di Black Block a proposito dei quali nessuno riuscirà a farmi credere che non siano stati strumentalizzati da Macron e Castaner [7]. L’ipotesi più ampia è che dei poliziotti ordinariamente adibiti a questo genere di bassa manovalanza si siano infiltrati per fare danni, una tecnica vecchia come il mondo – erano gli agenti infiltrati dell’antichità; l’ipotesi bassa invece che, informato dai messaggi sulla rete, il potere abbia lasciato fare. Mi sembra che almeno la prova della versione bassa sia stata data: le catene televisive hanno in effetti ripreso degli individui in ginocchio che stavano smontando coscienziosamente il pavé senza che mai nessuno li abbia disturbati. L’ho detto molte volte e mi si perdoni la ripetizione, ma questa per me è la prova e la confessione della strategia di Macron. Place Beauvau, si guardino le televisioni e gli altri schermi di sorveglianza. Se non è stato dato ordine di interrompere questa demolizione del pavé, è perché Macron aveva interesse che queste pietre fossero lanciate contro le forze di polizia e contro le vetrine dei negozi. D’altra parte è quello che poi è successo: Macron voleva che si associassero i Gilets-Jaunes alle distruzioni, alla violenza, agli incendi, alle barricate, al disordine. Questo gli permetteva di far scattare le contromisure di ripristino dell’ordine. E così dopo abbiamo visto i blindati per strada.
La scena emblematica di questa volontà di radicalizzare le rivendicazioni fu quella del vandalismo all’interno dell’Arco di Trionfo e la profusione di scritte la maggior parte delle quali erano di sinistra – un certo Comitato Traoré per esempio. Le immagini di questi danneggiamenti sono state mostrate a iosa: lì si poteva vedere e sentire un numero di notizie sufficiente per capire che, Black-blocks o no, certi delinquenti delle periferie erano scesi anche in Piazza dell’Étoile per commettere le loro soperchierie. Anche se i Black-block brulicano di figli e di figlie di papà che leggono Agamben [8], era verificato il sodalizio con la radicalità delle periferie.
E poi ancora quello che hanno potuto fare i fotografi e giornalisti in quell’occasione, ovvero accompagnare i vandali nel monumento, non lo ha potuto fare nessun membro delle forze dell’ordine! Non vi pare strano?
Questi stessi selvaggi hanno cercato di danneggiare la Fiamma del Milite Ignoto – una volta lo faceva Cohn-Bendit, l’amico di Macron che veniva a pisciarci sopra … Sono i Gilets-Jaunes che l’hanno impedito. Le immagini dei Gilets-Jaunes che salvano il monumento al Milite Ignoto non sono state diffuse altrettanto quanto i danneggiamenti commessi da certi che non avevano né l’accento di Borgogna, né provenzale, né piccardo, né alsaziano. La settimana dopo (che strano vero!) i blindati erano mobilitati dentro Parigi.
Colpiti anche loro dalla sindrome degli insubordinati da strapazzo, Dupont-Aignan [9] si è mostrato coperto da una casacca gialla e l’abbigliamento ontologicamente gli calzava come una mutanda a una giumenta, come si diceva nella Scuola Comunale della mia infanzia. Marine Le Pen è stata più sottile, sapeva che senza muoversi si sarebbe trovata di fatto riverniciata di giallo. È bastato distillare qualche frase ben organizzata per manifestare il suo appoggio. Bacio di Giuda.
Macron aveva dunque concepito delle differenti strategie: il silenzio sprezzante, il commento odioso, la provocazione alla violenza, e ormai optava per la radicalizzazione repressiva – lasciar commettere i vandalismi che avrebbero portato i loro frutti e così poteva dare il via all’esercito. Cosa che fece con evidente piacere.
Cinico, arrogante, con aria di sufficienza, pretenzioso, sfrontato, per dire tutto: un miserabile ragazzino che mentre Parigi bruciava era in montagna a sciare – ognuno ha la Baden Baden che gli compete. Castaner educato nell’ambiente marsigliese al poker delle cantine o nelle cantine delle osterie, mentiva spudoratamente ed armava la polizia con una quantità industriale, è il caso di dirlo, di proiettili, di palle, di granate, di gas lacrimogeni. C’è stato un morto, a Marsiglia una vecchia signora, ma non lo si dice, feriti in quantità, gruppi di gente ospedalizzata, gente insanguinata, mutilati che hanno perso un occhio, un dito, una mano. Poi inventerà delle sale di rianimazione vandalizzate in un ospedale: come diffondere meglio il messaggio che i Gilets-Jaunes erano dei barbari? Non è arrivato a dire che mangiavano i neonati crudi nelle maternità, ma non ci sarebbe stato bisogno di incoraggiarlo troppo perché lo dicesse..
Poi c’è stata la repressione nei Tribunali: dove si vede che quando vuole la giustizia può colpire in fretta e forte, senza ritardi e mandare in prigione questo o quell’altro che le forze dell’ordine avranno accusato (poliziotto contro parola di dimostrante) e chi pensate che venga creduto presso i cosiddetti giudici? Un pugile innervosito dal fatto che la polizia aveva colpito una ragazza- le immagini di questo sono state per la maggior parte delle volte tagliate nelle trasmissioni televisive- ha fatto vedere che da solo poteva mettere in rotta una sezione armata, col casco e gli stivaloni! Direzione la prigione… Tutti avranno capito che la Francia delle periferie era battuta brutalmente e duramente e che non capitava così dappertutto in Francia – specialmente in quei territori che si è convenuto di chiamare i territori perduti della Repubblica.
Emmanuel Macron fece sapere che aveva sentito la collera – il “ringhio” o il “grugnito” (in francese solo “grogne” ambivalente -N.d.T.) come si disse, perché i Gilets-Jaunes grugniscono o ringhiano come maiali o cani, lo si sa bene - e che sarebbe andato a fare il giro della Francia per sollecitare degli elenchi di rivendicazioni al fine di capire che cosa stava succedendo! Triste confessione di immaturità e di innocenza, di ignoranza e di ingenuità, di inesperienza e di dabbenaggine da parte di questo re bambino! Quest’uomo era presidente della Repubblica e confessava di aver bisogno di incontrar gente per capire che cosa stava succedendo! In campagna elettorale non aveva in bocca altro che la parola “Storia”; quando è arrivato al potere non ha proposto che delle piccole storie personali: la sua insegnante di francese, il suo cane, le sue letture e i suoi sport invernali, le sue uscite in bicicletta e la sua guardia composta di cattivi soggetti, il suo odio per gli intellettuali liberi e la sua inclinazione per i cortigiani.
Si era ben preso cura di precisare che avrebbe visto della gente, – in definitiva quelli che avrebbero selezionato, ordinato e scelto le prefetture…- che avrebbe dialogato- cioè che avrebbe condotto dei monologhi come un dittatore cubano…- che avrebbe ascoltato – giusto il tempo che gli si ponessero le domande selezionate e dunque preparate dal suo staff – ma che non avrebbe cambiato rotta! La direzione è quella del baratro, ma è proprio quello che gli dicevano i Gilets-Jaunes: “Se si continua così sarà una caduta nell’abisso!”
Qualche idiota ha creduto che sarebbe uscito qualcosa da questo Tour de France al prezzo di 12 milioni di euro. Ma egli stesso aveva detto che dopo queste settimane passate senza lavorare ma a comunicare tutto solo davanti a delle assemblee dove le telecamere ritrasmettevano in diretta, sarebbe rimasto un buon soldatino dello Stato maastrichtiano, anche se per far questo avesse dovuto passare la nazione con l’aspirapolvere e la Francia con i lanciafiamme. Ha mantenuto la promessa: non ha fatto nient’altro: aspirapolvere e lanciafiamme. Appena alcuni provvedimenti cosmetici che ha dovuto scarabocchiare su un pezzo di carta persino prima di cominciare il suo giro di Francia. Dopo, la benzina è aumentata, il prezzo del gas anche…Non si poteva essere più cinici e provocatori, sapendo che la partenza del movimento era legato ai prezzi dei carburanti.
Questo Tour de France aveva un obiettivo: approfittare della decomposizione; dopo il disprezzo, l’insulto, la vociferazione, la criminalizzazione, la repressione poliziesca e militare, le condanne penali, bastava aspettare che i Gilets-Jaunes si stancassero. Si stancassero di essere disprezzati, insultati, controllati, minacciati, picchiati, battuti, mutilati, privati degli occhi, giudicati, imprigionati e persino uccisi – non dimentichiamo che ci sono stati 11 morti tra i Gilets-Jaunes – ed anche taglieggiati.
Perché diverse settimane di manifestazioni a Parigi (ed è stato un errore centralizzare il movimento con un metodo giacobino), erano soldi, molti soldi: venire in automobile, in pullman a noleggio, in treno, era comunque costoso. I ricchi non sanno che cos’è un povero ma sanno come impoverirlo. La decomposizione batteva sul portafoglio e i soldi sono anche qui il nerbo della guerra.
Chi poteva avere ancora voglia di spendere dei soldi per salire nella capitale, farsi controllare senza riguardo, prendersi un colpo di pallottole antisommossa, rischiare l’asfissia a causa dei lanci di lacrimogeni, perdere un occhio, subire un pestaggio, farsi fracassare il cranio, trascinare per terra, maltrattare, arrestare, giudicare, imprigionare? chi poteva avere voglia di pagare per tutto ciò?
È evidente che gli appuntamenti del sabato sono stati sempre meno frequentati: anche in questo caso chi poteva avere voglia non solo di prendersi i rischi appena citati, ma anche di farsi paragonare, a casa, dalla sua famiglia e dai suoi amici o dai suoi vicini e magari anche dai suoi dipendenti, a un delinquente, un vandalo, un incendiario, un barbaro? Già all’inizio lì si rappresentava come degli antisemiti, dei razzisti, degli omofobi e così via.
Chi mai poteva ancora aver voglia di pagare per farsi acchiappare dagli avvoltoi che hanno ucciso questo piccolo popolo vestito di giallo per poterlo divorare? Ho fatto i nomi di Mélenchon e di Marine Le Pen, di Philippot e di Martinez, di Dupont-Aignan e del Partito Comunista Francese, della Confederazione Generale del Lavoro e di Bernard Tapie, di SUD e di Francis Lalanne, dell’UNEF [10] e di Emanuel Béart e persino di Juliette Binoche. Chi?
In effetti da un sabato all’altro l’affluenza è diminuita e contemporaneamente tornava il sorriso ai politici ed ai giornalisti, agli editori di potere e agli intellettuali, ai sondaggisti e al ministro dell’interno, a Francois Berléand e a Emmanuel Macron. E anche a Bernardi Henri Levy. I Gilets Jaunes non si sono auto distrutti, sono stati distrutti.
Non mi auguro che una sola cosa: che la Fenice risorga contro questi avvoltoi.






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