Alcuni
incontri che avvengono in queste settimane a scuola con le famiglie, prima
delle iscrizioni, stanno diventando dei veri e propri spot pubblicitari. Ne ho
il fondato sospetto da quando la
scuola ha iniziato ad assomigliare sempre più ad un’azienda che ad
un “organo costituzionale” [1] ed
ha accettato di usare parole non appartenenti al proprio vocabolario (offerta,
debiti, crediti, dirigente, bonus premiale, merito, ecc.).
Tali incontri – oggi va di moda chiamarli “open day”
– non si facevano quando le famiglie erano obbligate ad iscrivere i propri
figli nella scuola più vicina a casa; ora invece che non esistono più i bacini di utenza,
dovrebbero servire ad informare i genitori sul funzionamento della scuola in
Italia e sulle caratteristiche specifiche di quel determinato plesso. In tal
modo le famiglie potranno iscrivere, a ragion veduta, i propri figli alla
scuola che hanno scelto.
Quel che
succede in questi cosiddetti “open day” è che una buona parte di scuole
fa pubblicità a se stessa
presentando i propri “prodotti” come fossero medaglie da esibire o articoli da
vendere; infatti in una logica aziendalista la concorrenza viene legittimata,
addirittura fra scuole statali.
Un’altra
parte di scuole invece in questi incontri si prefigge l’obiettivo di informare
e di presentare la propria organizzazione nel modo più oggettivo possibile; la
competizione infatti risulta paradossale in una logica di scuola intesa come
“organo costituzionale”.
Propongo alcuni sintetici confronti.
Propongo alcuni sintetici confronti.
Nella logica aziendalista, la scuola A cerca di
assicurarsi più alunni della scuola B così quella scuola e quel dirigente
avranno più successo e più soldi. Nella logica costituzionale, la scuola A e la
scuola B cercano di assicurare ai loro studenti un successo formativo più ampio
possibile e dovrebbero vedersi assegnate le risorse necessarie per funzionare
bene.
Nella logica aziendalista, la scuola mostra
certificazioni, premi, riconoscimenti e brillanti risultati nei quiz Invalsi.
Nella logica costituzionale, la scuola mostra se stessa “senza
nascondere l’assurdo ch’è nel mondo” [2].
Nella logica aziendalista, la scuola non accoglie le
diversità perché impediscono il raggiungimento degli obiettivi prefissati che
sono quelli dei progetti, dei premi, dei riconoscimenti e dei brillanti
risultati nei quiz Invalsi. Nella logica costituzionale, la scuola accoglie le
diversità perché favoriscono il raggiungimento degli obiettivi prefissati che
sono quelli dell’apprendimento cooperativo, dell’integrazione fra culture
diverse, di una cittadinanza consapevole e della socializzazione fra pari.
Nella logica
aziendalista, la scuola è un servizio a domanda individuale: una specie
di supermercato dove si può comprare quel che si vuole. Nella logica
costituzionale, la scuola è un servizio pubblico: una sorta di palestra di
democrazia dove si impara meglio se si sta bene a scuola.
Sintetizzando… Nella logica aziendalista che si
preoccupa dei prodotti, la scuola forma futuri consumatori che dovrebbero
imparare a “crepare”. Nella logica costituzionale che si preoccupa delle
persone, la scuola forma futuri cittadini che dovrebbero imparare a
“creare”.
A seconda
del modello di scuola che gli insegnanti e i dirigenti hanno in testa e della
logica nella quale si muovono, le riunioni con le famiglie e gli “open day”
saranno improntati all’esibizione narcisistica dei propri prodotti oppure alla
spiegazione di come aiutare gli studenti a stare bene per imparare meglio.
È stato
proprio pensando a chi “spaccia” la
propria scuola come “magica” che mi è venuto in mente quel prestigiatore strambo e stralunato,
interpretato da Mac Ronay, che mi faceva ridere moltissimo quando la
televisione era ancora in bianco e nero. Mi divertivano le sue espressioni di
fronte alla banalità dei suoi trucchi, la sua nonchalance in
seguito al fallimento delle sue magie e la sua goffaggine nel nascondere i suoi
giochi di prestigio non riusciti. È pensando ai trucchi banali, alle magie da
quattro soldi e ai giochi di prestigio indecenti di chi propone la “sua” scuola
come un’azienda che mi chiedo come tutta
quella finzione non risulti drammaticamente ridicola anche a chi la
propone.
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