Il
comunicato dell’ANPI e un commento di Franco Astengo
Il comunicato della Presidente nazionale ANPI, Carla Nespolo, a
seguito dell’approvazione definitiva, con voto di fiducia, del decreto
sicurezza e immigrazione
Con
l’approvazione del decreto sicurezza si stravolge di fatto la Costituzione e
l’Italia entra nell’incubo dell’apartheid giuridico. È davvero incredibile che
sia accaduto un fatto simile, che sia stato sferrato un colpo così pesante al
diritto di asilo, all’accoglienza, all’integrazione. A un modello che ha
portato ricchezza e convivenza civile a quelle comunità che hanno avuto la
responsabilità e il coraggio di sperimentarlo. Questa legge, oltretutto, non
risolve affatto il problema del controllo dell’immigrazione clandestina, bensì
l’aggrava – come stanno denunciando in queste ore non pochi Sindaci, anche del
M5s – con un carico di lavoro per i Comuni insopportabile. Non si può restare
inerti. Non ci si può rassegnare a questo declino, alle pratiche ignobili
contro la vita e la dignità dei migranti cui dovremo assistere. Facciamo
appello alle coscienze delle cittadine e dei cittadini: che l’indignazione sia
permanente, che non manchi occasione di riempire piazze e strade per un’Italia
autenticamente umana. Facciamo appello alle forze politiche democratiche: basta
divisioni, discussioni stucchevoli, rese dei conti. È ora di una straordinaria
assunzione di responsabilità. Di organizzare una resistenza civile e culturale
larga, diffusa, unitaria. L’ANPI c’è e con lei tante associazioni che
continuano nel loro quotidiano lavoro di stimolo sociale e costituzionale.
L’umanità al potere! Adesso.
Carla Nespolo – Presidente nazionale ANPI
Roma, 29 novembre 2018
COSTITUZIONE E SICUREZZA
di Franco Astengo
«Con l’approvazione del decreto sicurezza si stravolge di fatto la
costituzione e l’Italia entra nell’incubo dell’apartheid giuridico. È davvero
incredibile che sia accaduto un fatto simile, che sia stato sferrato un colpo
così pesante al diritto di asilo, all’accoglienza, all’integrazione”. Lo dice
Carla Nespolo, presidente nazionale dell’Anpi».
Con questa dichiarazione di Carla
Nespolo l’ANPI si pone ancora una volta come barriera in difesa della
Costituzione Repubblicana.
Si tratta di un intervento molto
importante che apre sicuramente una stagione di battaglia politica dopo che,
nei due anni che sono intercorsi dall’esito del referendum del 4 dicembre 2016,
sono apparsi sotto traccia due punti fondamentali:
a) La prospettiva
di un attacco diretto alla prima parte della Costituzione, quella riguardante i
diritti e i doveri dei cittadini. Quest’attacco era stato annunciato da più
parti, in particolare a partire dal momento in cui la Lega aveva assunto
posizioni di governo. Adesso questa possibilità si concretizza ed è necessario
farvi i conti fino in fondo. Fermo restando che anche la deformazione della
seconda parte, prevista dal progetto del PD respinto proprio dal referendum già
citato, toccando l’ordinamento dello Stato inficiava il rispetto di
articoli fondamentali della prima parte, in particolare all’articolo 3;
b) La necessità per
la sinistra di trarre, dall’esito referendario del 2016, conclusioni più
direttamente politiche anche sul piano della propria strutturazione di
soggettività. Questo non è stato fatto lasciando milioni di elettrici e di
elettori privi di un riferimento certo, in grado di produrre alternativa sul
terreno della difesa della democrazia repubblicana e della saldatura tra questa
e i principi di eguaglianza e di fuoriuscita dal regime di sfruttamento che una
sinistra che si dichiari d’alternativa è chiamata a perseguire.
Il decreto cosiddetto “sicurezza”
convertito in Legge dal Parlamento ha riproposto per intero il tema della
difesa costituzionale proprio nella dimensione dell’attacco alla prima parte
della nostra Carta fondamentale.
In questa sede si evidenzia un solo
punto tra quelli contenuti nel decreto appena tramutato in legge:
“Viene cancellato il permesso di soggiorno per motivi umanitari
(articolo 1), che aveva la durata di due anni e consentiva l’accesso al lavoro,
al servizio sanitario nazionale, all’assistenza sociale e all’edilizia
residenziale. Al suo posto vengono introdotti permessi per “protezione
speciale” (un anno), “per calamità naturale nel Paese di origine” (sei mesi),
“per condizioni di salute gravi” (un anno), “per atti di particolare valore
civile” e “per casi speciali” (vittime di violenza grave o sfruttamento
lavorativo).”
Il tema dell’asilo, pur presentando
profili di drammatica attualità, trova un referente normativo primario ed
esplicito all’art. 10 della nostra Carta Costituzionale e, segnatamente, delle
disposizioni di cui al secondo e terzo comma, laddove è statuito espressamente
che “La condizione
giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e
dei trattati internazionali. Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese
l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione
italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le
condizioni stabilite dalla legge”.
L’enunciazione in termini così
puntuali dell’istituto in questione, infatti, si radica storicamente
nell’esperienza vissuta durante il ventennio fascista dai Costituenti, molti
dei quali avevano dovuto intraprendere personalmente la dura via dell’esilio ed
erano pertanto ben determinati, al momento di redigere la nuova Carta
costituzionale democratica, a prospettare una forma di accoglienza in Italia
per quegli stranieri che avessero patito nel loro paese di origine una
situazione di illibertà. In più occasioni è stata la stessa Corte
Costituzionale ad affermare come lo stesso sia da annoverare tra i diritti
inalienabili della persona umana e non a caso la sede prescelta è quella
propria dei “diritti fondamentali” su cui si regge il nostro ordinamento.
Il governo italiano sta lanciando
inoltre un nuovo segnale di chiusura al mondo sul tema delle migrazioni che non
può essere sottovalutato anche sotto il profilo costituzionale.
Nella giornata
di mercoledì 28 novembre, infatti, il ministro degli Interni, Matteo Salvini,
ha annunciato che, contrariamente a quanto sostenuto negli ultimi due anni,
l’Italia non sottoscriverà il Global Compact for Migration, un documento redatto dalle Nazioni Unite in collaborazione con i
Paesi maggiormente coinvolti nel fenomeno migratorio. A rafforzare questa
scelta, il governo ha reso noto che non parteciperà alla conferenza
intergovernativa sulle migrazioni che avrà luogo a Marrakech, in Marocco, il 10
e 11 dicembre prossimi.
Il Global Compact for Migration non è un testo
vincolante, ma intende stabilire e ribadire alcuni princìpi nella gestione del
fenomeno migratorio, dalle partenze all’accoglienza, così come richiesto da
funzionari, operatori e studiosi del tema a livello globale. Non si tratta
dunque di un insieme di proposte concrete, ma di uno strumento che pone 23
obiettivi, molti dei quali già integrati nel diritto internazionale, per una
migrazione “sicura, ordinata e regolare” (articolo 16).
Questo secondo punto riguardante il
“Global Compact for Migration” non è materia di livello costituzionale, pur
tuttavia sotto questo profilo non si può nascondere la preoccupazione per
un’evidente retrocessione di ruolo dell’Italia rispetto al quadro di
partecipazione agli organismi internazionali in difesa della pace previsto
dall’articolo 11 della Costituzione.
Infatti: quale
difesa della pace migliore si può trovare se non nel provvedere all’accoglienza
da chi fugge da tremendi conflitti che provocano immani fenomeni di distruzione
della stessa vita umana?
C’è sufficiente materia, insomma,
per una mobilitazione forte della parte più coerente della sinistra italiana:
una mobilitazione da svilupparsi ancora una volta, attorno ad un obiettivo
“vitale” come quello della difesa e dell’affermazione della Costituzione
Repubblicana.
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