sabato 1 dicembre 2018

L’Italia nell’incubo dell’apartheid giuridico


Il comunicato dell’ANPI e un commento di Franco Astengo

Il comunicato della Presidente nazionale ANPI, Carla Nespolo, a seguito dell’approvazione definitiva, con voto di fiducia, del decreto sicurezza e immigrazione
Con l’approvazione del decreto sicurezza si stravolge di fatto la Costituzione e l’Italia entra nell’incubo dell’apartheid giuridico. È davvero incredibile che sia accaduto un fatto simile, che sia stato sferrato un colpo così pesante al diritto di asilo, all’accoglienza, all’integrazione. A un modello che ha portato ricchezza e convivenza civile a quelle comunità che hanno avuto la responsabilità e il coraggio di sperimentarlo. Questa legge, oltretutto, non risolve affatto il problema del controllo dell’immigrazione clandestina, bensì l’aggrava – come stanno denunciando in queste ore non pochi Sindaci, anche del M5s – con un carico di lavoro per i Comuni insopportabile. Non si può restare inerti. Non ci si può rassegnare a questo declino, alle pratiche ignobili contro la vita e la dignità dei migranti cui dovremo assistere. Facciamo appello alle coscienze delle cittadine e dei cittadini: che l’indignazione sia permanente, che non manchi occasione di riempire piazze e strade per un’Italia autenticamente umana. Facciamo appello alle forze politiche democratiche: basta divisioni, discussioni stucchevoli, rese dei conti. È ora di una straordinaria assunzione di responsabilità. Di organizzare una resistenza civile e culturale larga, diffusa, unitaria. L’ANPI c’è e con lei tante associazioni che continuano nel loro quotidiano lavoro di stimolo sociale e costituzionale. L’umanità al potere! Adesso.
Carla Nespolo – Presidente nazionale ANPI
Roma, 29 novembre 2018


COSTITUZIONE E SICUREZZA
di Franco Astengo
«Con l’approvazione del decreto sicurezza si stravolge di fatto la costituzione e l’Italia entra nell’incubo dell’apartheid giuridico. È davvero incredibile che sia accaduto un fatto simile, che sia stato sferrato un colpo così pesante al diritto di asilo, all’accoglienza, all’integrazione”. Lo dice Carla Nespolo, presidente nazionale dell’Anpi».
Con questa dichiarazione di Carla Nespolo l’ANPI si pone ancora una volta come barriera in difesa della Costituzione Repubblicana.
Si tratta di un intervento molto importante che apre sicuramente una stagione di battaglia politica dopo che, nei due anni che sono intercorsi dall’esito del referendum del 4 dicembre 2016, sono apparsi sotto traccia due punti fondamentali:
a)    La prospettiva di un attacco diretto alla prima parte della Costituzione, quella riguardante i diritti e i doveri dei cittadini. Quest’attacco era stato annunciato da più parti, in particolare a partire dal momento in cui la Lega aveva assunto posizioni di governo. Adesso questa possibilità si concretizza ed è necessario farvi i conti fino in fondo. Fermo restando che anche la deformazione della seconda parte, prevista dal progetto del PD respinto proprio dal referendum già citato, toccando l’ordinamento dello Stato inficiava  il rispetto di articoli fondamentali della prima parte, in particolare all’articolo 3;
b)    La necessità per la sinistra di trarre, dall’esito referendario del 2016, conclusioni più direttamente politiche anche sul piano della propria strutturazione di soggettività. Questo non è stato fatto lasciando milioni di elettrici e di elettori privi di un riferimento certo, in grado di produrre alternativa sul terreno della difesa della democrazia repubblicana e della saldatura tra questa e i principi di eguaglianza e di fuoriuscita dal regime di sfruttamento che una sinistra che si dichiari d’alternativa è chiamata a perseguire.
Il decreto cosiddetto “sicurezza” convertito in Legge dal Parlamento ha riproposto per intero il tema della difesa costituzionale proprio nella dimensione dell’attacco alla prima parte della nostra Carta fondamentale.
In questa sede si evidenzia un solo punto tra quelli contenuti nel decreto appena tramutato in legge:
Viene cancellato il permesso di soggiorno per motivi umanitari (articolo 1), che aveva la durata di due anni e consentiva l’accesso al lavoro, al servizio sanitario nazionale, all’assistenza sociale e all’edilizia residenziale. Al suo posto vengono introdotti permessi per “protezione speciale” (un anno), “per calamità naturale nel Paese di origine” (sei mesi), “per condizioni di salute gravi” (un anno), “per atti di particolare valore civile” e “per casi speciali” (vittime di violenza grave o sfruttamento lavorativo).”
Il tema dell’asilo, pur presentando profili di drammatica attualità, trova un referente normativo primario ed esplicito all’art. 10 della nostra Carta Costituzionale e, segnatamente, delle disposizioni di cui al secondo e terzo comma, laddove è statuito espressamente che “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
L’enunciazione in termini così puntuali dell’istituto in questione, infatti, si radica storicamente nell’esperienza vissuta durante il ventennio fascista dai Costituenti, molti dei quali avevano dovuto intraprendere personalmente la dura via dell’esilio ed erano pertanto ben determinati, al momento di redigere la nuova Carta costituzionale democratica, a prospettare una forma di accoglienza in Italia per quegli stranieri che avessero patito nel loro paese di origine una situazione di illibertà. In più occasioni è stata la stessa Corte Costituzionale ad affermare come lo stesso sia da annoverare tra i diritti inalienabili della persona umana e non a caso la sede prescelta è quella propria dei “diritti fondamentali” su cui si regge il nostro ordinamento.
Il governo italiano sta lanciando inoltre un nuovo segnale di chiusura al mondo sul tema delle migrazioni che non può essere sottovalutato anche sotto il profilo costituzionale.
 Nella giornata di mercoledì 28 novembre, infatti, il ministro degli Interni, Matteo Salvini, ha annunciato che, contrariamente a quanto sostenuto negli ultimi due anni, l’Italia non sottoscriverà il Global Compact for Migration, un documento redatto dalle Nazioni Unite in collaborazione con i Paesi maggiormente coinvolti nel fenomeno migratorio. A rafforzare questa scelta, il governo ha reso noto che non parteciperà alla conferenza intergovernativa sulle migrazioni che avrà luogo a Marrakech, in Marocco, il 10 e 11 dicembre prossimi.
Il Global Compact for Migration non è un testo vincolante, ma intende stabilire e ribadire alcuni princìpi nella gestione del fenomeno migratorio, dalle partenze all’accoglienza, così come richiesto da funzionari, operatori e studiosi del tema a livello globale. Non si tratta dunque di un insieme di proposte concrete, ma di uno strumento che pone 23 obiettivi, molti dei quali già integrati nel diritto internazionale, per una migrazione “sicura, ordinata e regolare” (articolo 16).
Questo secondo punto riguardante il “Global Compact for Migration” non è materia di livello costituzionale, pur tuttavia sotto questo profilo non si può nascondere la preoccupazione per un’evidente retrocessione di ruolo dell’Italia rispetto al quadro di partecipazione agli organismi internazionali in difesa della pace previsto dall’articolo 11 della Costituzione.
 Infatti: quale difesa della pace migliore si può trovare se non nel provvedere all’accoglienza da chi fugge da tremendi conflitti che provocano immani fenomeni di distruzione della stessa vita umana?
C’è sufficiente materia, insomma, per una mobilitazione forte della parte più coerente della sinistra italiana: una mobilitazione da svilupparsi ancora una volta, attorno ad un obiettivo “vitale” come quello della difesa e dell’affermazione della Costituzione Repubblicana.

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