Siamo esseri finiti, non infiniti – anche se non ci
piace soffermarci a pensarlo. Ma ad essere segnata non è solo la fine della
singola vita. Ad avere un tempo – a scadenza non programmabile – è l’intera
razza umana. La sola razza in
grado di autodistruggersi. È così infatti che sta accadendo. Non un Dio
implacabile, non una natura folle, non un insieme di circostanze ineluttabili e
imprevedibili. No, semplicemente una
serie continua di azioni e scelte ottuse e dettate dall’ansia di potere e
dall’avidità. È questo che sta cambiando il pianeta su cui viviamo e
che, presto o tardi, non reggerà più il peso di tanta follia.
La domanda non è più Se, ma
Quando, dicono gli
scienziati. Di estinzioni di massa il
pianeta ne ha già vissute cinque. Ora, il cambiamento climatico, lo
sfruttamento sistematico delle risorse, la desertificazione, la deforestazione
e via discorrendo hanno messo il moto la sesta. Che addirittura avrebbe una
data, 2026. E le meteoriti non ne saranno la causa. Non si tratta di essere
catastrofisti o apocalittici ma di non essere ciechi ed estremamente
superficiali.
Quella rappresenterebbe il
punto di non ritorno (altri dicono 2035, ma non cambia granché). Se
non si mantiene il riscaldamento globale al di sotto dei 2° non resterà che
aspettarsi il peggio. Le enormi quantità di anidride carbonica, protossido di
azoto, metano che abbiamo rilasciato e continuiamo a rilasciare nell’aria e nel
suolo, l’abbattimento delle foreste (solo quella pluviale sta subendo una distruzione
pari a 80.000 acri al giorno), la violenza dello sfruttamento minerario e per
il petrolio, ma anche il depauperamento dei mari e le colture intensive, sono
tutti elementi che stanno giocando un ruolo importante nella lenta e
inesorabile distruzione di questo pianeta. L’impatto delle attività
umane è distruttivo a molti livelli e un’inversione – che
dovrebbe essere radicale – pare ormai impossibile.
Ma ai negazionisti
del cambiamento climatico, tra cui molti leader mondiali compreso Donald
Trump, tutto questo importa poco. Come ritengono carta straccia gli Accordi di Parigi che mirano a un piano d’azione globale
per mitigare gli effetti dei mutamento in corso a livello nell’ambiente.
La verità è che non ci basta mai, siamo avidi. E
seppure sappiamo ormai tutti che l’aumento delle temperature sta causando
anche lo scioglimento del permafrost nell’Artico con
conseguenze di cui stiamo già vedendo i risultati, molti stanno lì a gongolare
per le estati più lunghe e gli inverni più miti e spesso senza pioggia. È
quella stessa mentalità per la quale non fa paura il rischio estinzione della
fauna terrestre. Sono migliaia gli animali che tra qualche anno potremmo
guardare solo in fotografia, questi i 22 più
noti il cui futuro è appeso a un filo.
Ma la “red list” compilata
dagli scienziati parla di 26.500
specie – marine, terrestri, volatili, insetti, piante e anche la
barriera corallina – a rischio estinzione. Più del 27% delle specie viventi.
Secondo l’International Union for the Conservation of Nature (IUCN) solo dallo scorso
anno sei specie sono estinte, portando il totale a 872 nel corso degli ultimi
anni, altre 1.700 sono in uno stato critico, molte probabilmente già estinte. Un tasso di estinzione di 200 specie al
giorno. Per non parlare dello stato degli oceani a
causa del crescente inquinamento.
Chiamiamola
pure visione apocalittica se ci fa sentire meglio. E continuiamo a preoccuparci
dei piccoli affari quotidiani e di distruggere il mondo come se non ci fossero
conseguenze. Una cosa è certa, la
natura, il pianeta, l’universo, possono vivere e continuare a generare e
rigenerare anche in assenza dell’essere umano. Noi, al contrario, senza
la natura, non esisteremmo. È così che stanno le cose ed è questo che avverrà.
Se non nel 2026, prima o poi.
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