Ebrea berlinese aveva 18 anni quando venne internata ad Auschwitz
dove era morta sua sorella. I suoi genitori furono fucilati dai nazisti .
Musicista, Esther Loewy riuscì a salvarsi la vita suonando la fisarmonica
nell'orchestrina del campo, voluta dai nazisti per accompagnare l'orrore dei
lavori forzati e delle camere a gas. Quattro anni fa, a 90 anni, pubblicò una
autobiografia ""La ragazza con la fisarmonica" a testimonianza di
quell’orrore. E continuando a fare concerti anche in rap, per parlare con i giovani,
fu ospite del Premio Tenco nel 2015. http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Auschwitz-Esther-Bejarano-giornata-della-memoria-la-ragazza-con-la-fisarmonica-a0de2916-8f0d-4d04-ba6e-324fd52e0273.html
Dopo la guerra Esther emigrò in palestina dove restò per 15 anni, ma la
sua avversione verso le politiche praticate da Israele verso i palestinesi la
indussero a lasciare Israele e ritornare in Germania https://electronicintifada.net/content/why-auschwitz-survivor-esther-bejarano-supports-bds/26191
Sposata con Nissim Bajarano,
un camionista ebreo bulgaro “mio marito ed io non sopportavamo le politiche di
Israele e per noi la vita era difficili perché ci opponevamo alle cose
terribili che venivano fatte ai palestinesi forzandoli a lasciare la loro
terra. Non potevamo sopportarlo"
Decisero quindi di lasciare Israele e di ritornare in Germania. “Il rientro è stato molto
difficile, in Germania molti sono contro le politiche di Israele ma se lo
dicono vengono subito accusati antisemitismo, io stessa sono stata chiamata
antisemita perché sono contro i trattamenti inumani subiti dai palestinesi e
sono contro la guerra.” “Di consegunea, chi vuole organizzare qualcosa
che illustri le politiche di Israele, quali la confisca delle terre e gli
insediamenti coloniali, trova chi subito tenta di bloccarlo. Noi siamo amici di
Israele ma le sue politiche devono cambiare. Occorre fare chiarezza a riguardo
tra la gente, questo non può essere il modo di fare.” Riferendosi a Netanyahu e
al ministro della difesa Liberman,”Sono dei fascisti, è un governo fascista,
non trovo altro termine per definirli”
Riguardo alla campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento,
Sanioni) “Non so dire se può essere efficace, qui in Germania
è molto difficile promuoverla, ma se serve a a combattere le terribili
politiche di Israele , allora io la sostengo. Perchè ho conosciuto di persona
che cosa è il fascismo”
A proposito degli insediamenti dice “Sapete poi chi sono questi
coloni? Sono americani, russi, ucraini. L’idea che il territorio appartenga
agli ebrei in quanto vi vivevano 2000 anni fa è la piu grande sciocchezza. Ci
sono arabi e turchi che hanno sempre abitato là, sono i coloni invece che se ne
devono andare”
Da dove nasce l'antisemitismo In Germania ed
in molti altri posti non si fa una distinzione tra ebraismo e sionismo, e
questa diventa la radice dell’antisemitismo. La cosa peggiore è che i tedeschi
oggi per lavarsi la coscienza dicono che il nuovo antisemitismo proviene dai
musulmani.
Gaza Esther è angosciata dalla situazione di Gaza
“dovreste vedere come la gente vive in quel luogo e come Israele si comporta
nei loro riguardi”. Ammirata dalla Grande Marcia ed indignata per come i
giovani palestinesi vengono fucilati ai confini con Gaza.
Il suo messaggio ai giovani palestinesi è che possano avere la
loro terra, augura loro di non diventare mai razzisti. Augura lo stesso per i
giovani israeliani “molti giovani se ne vanno da Israele perché non c’è modo di
viverci” per l’alto costo della vita, specie delle abitazioni, e per il rifiuto
ad un servizio militare contro i palestinesi.
La fisarmonicista di Auschwitz
Esther
Bejarano ha vissuto una delle pagine più inquietanti e scandalose della storia
concentrazionaria. Faceva parte dell’orchestra femminile di Auschwitz-Birkenau,
costretta a suonare l’accompagnamento all’olocausto.
Francesco
Comina
Esther Bejarano ha vissuto uno dei paradossi più turpi
e scandalosi del Novecento. Una delle pagine più inquietanti e forse meno
conosciute dell’apocalisse nazista. Il suo racconto fa letteralmente piangere.
Questa donna minuta, sorridente, piena di passione per la vita, che ancora oggi
sale sui palchi d’Europa per cantare le canzoni della resistenza e della pace
insieme al gruppo rap Microphone Mafia, era la fisarmonicista
dell’orchestra femminile di Auschwitz. Ha dovuto suonare, insieme ad altre
quaranta prigioniere, la musica d’accompagnamento all’olocausto. Esther
ricorda, con le lacrime che le scendono dalle guance, i lampi mostruosi di
quell’inferno: “Succedeva pure che i comandanti del campo ci ordinassero di
andare a suonare alla porta di transito dei treni con i prigionieri destinati
alle camere a gas. Noi suonavamo le nostre musiche di Bach, Beethoven, Mozart,
Schumann, sistemati con i nostri spartiti lungo il troncone del binario. I
treni passavano carichi di uomini, donne, bambini. Sapevamo benissimo il
destino che di lì a poco attendeva quei carichi di condannati. Ma quella gente,
là sopra, non aveva il minimo presagio di quello che gli sarebbe accaduto e
molto probabilmente avrà pensato fra sé: ‘Ma guarda un po’, non dev’essere poi
così male questo luogo se ci accoglie con una musica tanto celestiale’. Di lì a
poco tutta quella gente sarebbe stata annientata col gas”.
Fermare l’imbarbarimento
La storia di Bejarano e dell’orchestra femminile di
Auschwitz (raccontata anche in Italia nel libro La ragazza con la
fisarmonica) è un paradigma dell’orrore, della spietatezza e della
malvagità del crimine nazista. È l’abisso del male che copre di note e spartiti
l’urlo metafisico della morte di massa. È un enorme buco nero, come un uragano
che preme sulla storia di oggi mettendola a giudizio. Ecco perché Esther non
vuol sentir parlare di esclusione, di rifiuto, di respingimenti dei nuovi
profughi che bussano alle porte del vecchio continente: “L’Europa ha il dovere,
proprio in virtù di quanto è accaduto settant’anni fa – ha detto pubblicamente
reagendo alla tragedia di Lampedusa – di accogliere i profughi che bussano alle
nostre porte perché la cattiveria e l’imbarbarimento che abbiamo vissuto sulle
nostre spalle non si ripercuota oggi, nelle tante forme del rifiuto, sulle
spalle dei poveri del Sud del mondo”.
Il 16 novembre la Bejarano è stata premiata a Berlino
con il Blue Planet Award, un riconoscimento della Fondazione
Ethecon (Ethic & Ökonomie) per il suo impegno pacifista e antifascista
(nel 2004 ha ricevuto la medaglia Ossietzky della Lega internazionale per i
diritti umani e nel 2012 la grande croce al merito della Repubblica Federale
Tedesca). Ha letto, in un silenzio quasi sacrale, le pagine dei suoi ricordi
dal libro appena pubblicato in Germania.
Era il 20 aprile del 1943 quando Esther entrò ad
Auschwitz. Aveva 18 anni. Il padre, Rudolf Loewy, primo cantore della comunità
ebraica di Saarbrücken e la madre Margarethe vennero arrestati e uccisi in un
bosco nei pressi di Breslau. La sorella Ruth venne ammazzata con il marito
ungherese durante un tentativo di fuga sul confine svizzero. Esther non sapeva
della morte della sorella quando arrivò ad Auschwitz: “Scesi dal treno e mi
fermai sulla rampa insieme a una settantina di altre donne. Venni completamente
rasata, spogliata, rivestita con gli stracci dei prigionieri. Mi tatuarono un
numero sul braccio sinistro: 41948. Ero un nuovo numero del campo di sterminio
Auschwitz-Birkenau”. Per alcune settimane Esther fu costretta a trasportare
delle pesantissime pietre da una parte all’altra di un bosco, un lavoro
durissimo che l’avrebbe in poco tempo debilitata e annichilita. Ma una sera,
improvvisamente, irruppe nel blocco una violinista polacca, Zofia Tschaikowska,
chiedendo se ci fossero delle prigioniere in grado di suonare uno strumento
perché i nazisti le avevano affidato il compito di istituire un’orchestra: ‘Mi
feci subito avanti – racconta Esther –- dissi che sapevo suonare il pianoforte.
Ma la Tschaikowska mi rispose che non era possibile suonare il pianoforte dato
che non esisteva un pianoforte nel campo”. Però se tu sai suonare la
fisarmonica – aggiunse – possiamo fare un esame”. Non avevo mai suonato una
fisarmonica in vita mia eppure mi venne spontaneo dire di sì, che avrei potuto
sostenere l’esame di fisarmonicista. Mi ordinò di suonare dicendo così: “Tu sei
la più fortunata fra queste donne, Bel Ami”. E suonai, con grande stupore di me
stessa. Riuscivo ad armonizzare le note della tastiera con i tasti
dell’accompagnamento. Così entrai, insieme ad altre due amiche, nell’orchestra
femminile di Auschwitz’.
Fino alla fine di marzo del 1944 la direttrice
dell’orchestra era la nipote di Gustav Mahler, Alma Rosé, un talento del
violino, morta nell’ospedale del campo probabilmente a causa di un
avvelenamento il 4 aprile. Nel racconto degli anni Settanta dal titolo Das
Mädchenorchester in Auschwitz, che ispirò anche un film, la cantante Fania
Fénelon ha ricostruito le vicende dell’orchestra, i tanti palchi improvvisati
nel campo dove i nazisti ordinavano alle musiciste di esibirsi: nella piazza
centrale al momento della partenza e dell’arrivo delle colonne di lavoratori,
nella sala della musica quando venivano i comandanti del campo oppure nel
blocco delle donne impazzite dopo gli esperimenti medici (donne incatenate ai
letti o alle mura che urlavano e si dimenavano) oppure la domenica mattina,
nella cappella, per la santa messa. E così sappiamo che Josef Mengele andava
matto per il pezzo di Schumann Die Träumerei, “un pezzo sublime –
diceva – che va subito al cuore”, oppure si racconta del giorno in cui il capo
delle SS Heinrich Himmler venne a far visita al campo e si fermò ad ascoltare
l’orchestra andandosene senza proferire nemmeno una parola. Il libro della
Fénelon è stato criticato da Esther Bejarano e da altre prigioniere per come è
stata ricostruita la personalità di Alma Rosè. Dal racconto delle Fénelon ne
vien fuori una fanatica della musica e dell’esibizionismo nel mezzo della
disperazione e dell’orrore nazista. In realtà, la volontà di Alma Rosè –
secondo la Bejerano e altre – era quella di salvare le musiciste del campo e di
impegnarle, attraverso la musica, in modo da superare l’impatto orrendo di
quella esperienza.
Esther ricorda, ancora come fosse ieri, il panico che
la assaliva quando Mengele passava a controllare le file delle prigioniere e a
seconda di quale mano alzasse, la destra o la sinistra, significava finire
nelle camere a gas o continuare a sopravvivere.
Esther suonò la fisarmonica fino a settembre del 1943
quando una prigioniera più dotata non le tolse il posto. Lei, tuttavia,
continuò per alcune settimane, a suonare la chitarra.
A ottobre, durante un appello mattutino, venne
ordinato alle prigioniere che avessero una qualche traccia ariana nel sangue di
compilare un modulo con il riferimento al parente non ebreo. Esther aveva una
nonna totalmente tedesca. Compilò il formulario e, pochi giorni dopo, si trovò
su un treno in direzione del campo di lavoro di Ravensbrück: “All’inizio mi
impiegarono nel reparto di carico e scarico di carbone per circa un mese, poi
venni collocata in un’officina della Siemens dove lavoravamo ai pezzi di
ricambio per i sommergibili”. La comandante del campo era una donna
particolarmente brutale e sadica – ricorda la Bejarano – ed era solita tenere
ferme le prigioniere agli appelli del mattino anche per dodici ore al freddo e
al gelo, soprattutto se ci fosse stato un tentativo di fuga. Fu durante uno di
quegli appelli che la Bejarano si ammalò di nefrite e dovette curarsi
all’ospedale. Ma l’indomani si presentò all’appello senza la forza di reggersi
in piedi. La comandante la percosse con cattiveria estrema colpendola con un
grosso libro alla testa.
Alla fine di aprile del 1945 i nazisti, oramai
incalzati dai russi e dagli alleati, decisero di evacuare il campo organizzando
una marcia della morte (Todesmarsch). I prigionieri vennero obbligati ad
allungarsi in lunghe file e furono costretti a camminare per giorni e giorni
attraverso prati, boschi, strade. Molti caddero, altri vennero freddati a bruciapelo.
A un certo punto i nazisti scapparono e ci fu un caos generale.
Esther trova rifugio, insieme ad altre amiche, per la notte in un fienile di
contadini. “Al mattino – ricorda – incrociammo due panzer americani. Ci
chiesero di mostrargli il numero tatuato sulle braccia. Poi ci caricarono sugli
automezzi e ci portarono a cena in un ristorante. Raccontammo i dettagli delle
nostre vicende ad Auschwitz e a Ravensbrück. Mi chiesero di suonare. Nel
ristorante c’era una fisarmonica. Suonai con tutte le energie che avevo. I
soldati ballavano. Abbiamo riso, cantato. La guerra era davvero finita”.
Ad agosto del 1945 Esther raggiunse Marsiglia e da
qui, con una nave, arrivò ad Haifa. Nel 1950 si sposò con Nissim Bejarano. Nel
1951 nacque la figlia Edna e nel 1952 il figlio Joram (chitarrista del
gruppo Microphone Mafia). Nel 1960 tornò in Germania. Nel 1986
fondò l’Auschwitz-Komitee. Dal 2009 suona e canta nel gruppo rap Microphone
Mafia raccontando la sua storia e denunciando ogni forma di
ingiustizia e di razzismo. Dice di sé: “Mi reputo una donna fortunata. Ho visto
cumuli di cadaveri accatastati l’uno sull’altro, ho visto spegnersi tante
compagne di viaggio. Io sono sopravvissuta grazie alla musica”.
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