martedì 4 dicembre 2018

Per capire la disobbedienza civile di Mimmo Lucano rileggete Hannah Arendt




Il potere, il totalitarismo, il bene e il male, la condizione umana. Sono alcuni dei temi che Hannah Arendt, morta il 4 dicembre 1975 a 69 anni, ha studiato e analizzato. È una delle più grandi pensatrici del Novecento e ha cambiato alcune delle categorie morali del nostro tempo. Grazie anche a ‘La banalità del male’, uscito nel 1963, dopo gli articoli del New Yorker in cui lei raccontava il processo ad Eichmann, ufficiale nazista e ideologo dello sterminio degli ebrei.Una riflessione sul male, fondamentale e molto discussa perché  secondo Hannah Arendt il male può non essere radicale ma ‘obbediente’, se si agisce in conformità alla ‘virtù dell’obbedienza’, cioè senza farsi domande. Per questo negli anni successivi Hannah Arendt - tedesca, famiglia ebraica, studi nelle università tedesche, dialogando con i più grandi filosofi dell’epoca da Heidegger a Jaspers, emigrata poi negli Stati Uniti nel 1940 - sceglie di insistere sul valore della “disobbedienza civile”. E qui compiliamo un piccolo vocabolario, liberamente tratto dalle sue opere, sul tema.
• I cittadini disobbedienti "La disobbedienza civile insorge quando un numero significativo di cittadini si convince che i canali consueti del cambiamento non funzionano più, che non viene più dato ascolto né seguito alle loro rimostranze o che, al contrario, il governo sta cambiando ed è indirizzato o ormai avviato verso una condotta dubbia in termini di costituzionalità e legalità. Gli esempi sono numerosi: si pensi ai sette anni di guerra mai dichiarata al Vietnam, alla crescente influenza dei servizi segreti sugli affari pubblici, alle esplicite o sottilmente velate minacce alle libertà garantite dal Primo emendamento, ai tentativi di privare il Senato dei suoi poteri costituzionali...”
• Obiezione di coscienza“Dobbiamo distinguere tra obiezione di coscienza e disobbedienza civile. Quest’ultima è praticata da minoranze organizzate, unite da un convincimento condiviso più che da una comunanza di interessi, e dalla scelta di protestare contro una politica governativa, anche qualora essa goda dell’appoggio della maggioranza; la loro azione concertata è frutto di un accordo condiviso ed è tale accordo a dare credito e forza alla loro idea, indipendentemente da come si sia formata...Gli argomenti che si invocano a sostegno della coscienza individuale o dell’azione individuale – l’obbligo morale e l’appello a una «legge superiore», sia essa laica o trascendente - non si applicano alla disobbedienza civile; sarebbe non solo «difficile» ma addirittura impossibile «evitare che essa si tramuti in una filosofia della soggettività [...], profondamente ed esclusivamente personale, tale da indurre qualunque individuo, per un motivo qualsiasi, a disobbedire»”.
  

 Legge  e autorità

“C’è una differenza sostanziale tra il criminale che cerca di sottrarre i propri atti agli sguardi della collettività e colui che pratica la disobbedienza civile sfidando la legge in maniera manifesta. Questa distinzione tra una violazione clandestina e una violazione aperta della legge, operata in pubblico, è talmente palese che può essere ignorata solo per pregiudizio o malafede. È riconosciuta da tutti i principali studiosi dell’argomento ed è chiaramente la base da cui partire per il riconoscimento della disobbedienza civile come compatibile con la legge e le istituzioni governative americane.....Al contrario chi pratica la disobbedienza civile, pur agendo in disaccordo con la maggioranza, opera nel nome e nell’interesse di un gruppo; sfida la legge e le autorità costituite per manifestare un dissenso non perché vuole fare un’eccezione per sé e beneficiarne come individuo”.
• Non violenza
“Una prerogativa generalmente accettata della disobbedienza civile è la nonviolenza. Ne consegue che «la disobbedienza civile non è una rivoluzione [...]. A differenza dei rivoluzionari, coloro che la praticano accettano l’autorità costituita e la legittimità generale del sistema giuridico»”.Visualizza l'immagine su Twitter

 Minoranze 
Introdurre la disobbedienza civile nel nostro ordinamento sarebbe il miglior rimedio a questo forte limite del controllo giurisdizionale. Si potrebbe cominciare con il garantire alle minoranze che praticano la disobbedienza civile lo stesso riconoscimento che viene accordato ai numerosi gruppi d’interesse (minoranze per definizione) del paese e con il riservare loro lo stesso trattamento che si riserva ai gruppi di pressione che, attraverso i loro rappresentanti ufficiali, possono influenzare e «assistere» il Congresso con l’arma della persuasione, il peso della loro opinione informata e il numero dei loro aderenti. In questo modo le minoranze di opinione non solo sarebbero in grado di imporsi come gruppi dotati di una certa «riconoscibilità» durante le manifestazioni e altri momenti di condivisione delle loro idee, ma avrebbero anche una presenza quotidiana sulla scena politica”.


• Indifferenza
“Noi giudichiamo e distinguiamo il bene e il male avendo in mente alcuni eventi o alcune persone, assenti nel tempo o nello spazio, che sono diventati un esempio. E di esempi del genere ce ne sono tanti. Possono essercene tra le figure di un passato ormai remoto e possono essercene anche tra coloro che ci vivono accanto. Non c’è bisogno poi che si tratti di persone realmente esistite...Ho cercato di mostrarvi che le nostre decisioni sul bene e il male dipendono dalla scelta dei nostri compagni, di coloro con cui vogliamo passare il resto dei nostri giorni...Ma il caso più plausibile e frequente, purtroppo, è quello di coloro che vengono a dirci che non importa, che qualsiasi compagnia andrà bene. Sul piano politico e morale, questa indifferenza, benché comune, è a mio avviso il pericolo maggiore che possiamo correre. E associato a questo, si profila oggi un altro pericolo, grave forse quanto il primo, ossia quella tendenza, così diffusa, a non volere giudicare affatto. Lì si nasconde l’orrore e al tempo stesso la banalità del male”.
Le citazioni sono tratte da due libri di Hannah Arendt: “Disobbedienza civile” (Chiarelettere); “Alcune questioni di filosofia morale” (Einaudi)

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