Mi si
perdoni se interrompo il coito festivo con una notizia che arriva da Marnate,
provincia di Varese, e che fotografa il Paese reale, quel feticcio
che tutti sventolano per rinchiudere gli avversari nel recinto della casta e
che invece andrebbe analizzato con serietà, costanza e coscienza.
A Marnate
la Hammond Power Solutions produce trasformatori ad alta tensione. Fino a
sei anni fa si chiamava più prosaicamente Marnate Trasformatori e, come
tante aziende del territorio, aveva trovato ossigeno con la nuova proprietà
canadese. Prima della chiusura natalizia i rappresentanti dei dipendenti
avrebbero dovuto incontrare la proprietà per firmare il miglioramento del
proprio contratto, dal “Confimi” al Federmeccanica CCN Nazionale. Avrebbe
dovuto essere un buon Natale, insomma, per quelle quaranta famiglie.
Alle 14 di
qualche giorno fa i dipendenti hanno ricevuto l’abituale cesto natalizio. In
fondo, che si creda o meno, a Natale non si spera tanto che vada
bene l’anno che verrà, si confida almeno che vada meglio.
Basta quello. Due ore dopo i dipendenti hanno ricevuto invece l’annuncio di
“cessazione attività”, alle quattro del pomeriggio. Cessazione
attività è il modo elegante con cui ti scrivono che non servi
più, che c’è qualcun altro in giro per il mondo che costa
meno di te, in uno Stato che offre di più. I trasformatori
sono solo un particolare irrilevante, quando il lavoro è solo una riga tirata
dritta sotto ai costi e ai benefici.
Il gruppo è
quotato alla Borsa di Toronto, è leader di mercato nel Nord America e ha
stabilimenti nel mondo anche negli Usa, Messico e India. Se la produttività è
l’unico comandamento diventa difficile immaginare la filiale di Marnate,
probabilmente.
In questa
storia c’è anche tutto il tempismo irrispettoso con cui le aziende ormai
vomitano i propri licenziamenti: «un fulmine a ciel sereno», ha detto il
sindaco. Succede sempre così. Licenziamenti inaspettati, come se fossero un
accidente della vita che ci meritiamo. A posto così.
È una storia
minima ma è fatto di piccole storie così il Paese che se ne fotte della
retorica, del cattivismo, dei benpensanti e dei profeti della finanza
interplanetaria. Sono questi a cui mancano le risposte, il futuro e la
rappresentanza. L’augurio a loro, e a noi, è che l’anno che viene porti una
rappresentanza a loro. A noi.
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