Quando assunsi il mio impegno in una terra “di frontiera”, pensavo che il
problema più grave da affrontare sarebbe stato quello delle mafie, della
violenza diffusa. Invece no. Da due anni prosegue una storia di oppressione nei
confronti dell’esperienza di Riace, iniziata quando nel ruolo di ministro degli
Interni c’era una persona della nostra terra, di Reggio Calabria. Marco Minniti
mi convocò al ministero dell’Interno, ma non lo incontrai fisicamente. Fu un
gesto insensibile. Seduti ad un tavolo hanno deciso le sorti, Riace doveva
finire in quel modo… Così come noi organizziamo – e non è semplice – la
solidarietà, spazi di umanità, c’è chi opera, seduto nei suoi uffici, con
strategie oppressive, per determinare risultati mortificanti.
Candidandosi ad aspirante segretario del Pd, Marco Minniti ha detto: «Sono
dalla parte di Riace, sono dalla parte del suo sindaco». Vorrei capire che
senso hanno quelle parole. L’autorità giudiziaria, ai tempi, avrebbe fatto bene
a chiedergli come mai da ministro dell’Interno faceva accordi con i capi clan
della Libia per rinchiudere le persone. Ha cominciato la guerra alle ong, alle
organizzazioni umanitarie, a progetti che in ogni caso davano speranza,
trasmettendo l’idea che l’accoglienza dei migranti non è assolutamente un
problema. Ciò che è successo a Riace poteva benissimo succedere in tantissime
realtà, non solo della Calabria ma dell’Europa. E allora, come mai dopo un anno
pronuncia quelle parole? Lo fa, ovviamente, per propaganda, perché cerca di
trovare spazi politici, nonostante abbia contribuito certamente ad opprimere
l’esperienza di Riace. Immagino che Minniti sapesse tutto quando venne disposto
il blocco dei fondi al nostro Comune, quando c’erano le indagini della procura.
E non ha detto nulla. Non ha fatto nulla. Allora vuol dire che un anno fa non
facevamo nulla di così grave, altrimenti avrebbe dovuto denunciarlo
pubblicamente. È interessante analizzare queste parole. Indicano che Minniti
era perfettamente cosciente che a Riace non ci fosse nulla di grave.
Come ministro ha spianato la strada all’attuale deriva della nostra
società, a questo decreto Salvini che possiamo definire il “decreto della
disumanità”, e che già ha prodotto i suoi effetti. Basta vedere cosa è successo
a Crotone: da l momento che chi ha la protezione umanitaria non può più stare
nei centri di accoglienza Sprar, diverse persone sono state lasciate per strada
e tra loro anche una bambina di sei mesi. Che senso ha? Di cosa parliamo? Quel
ministero è un ministero della disumanità. Non ci sono dubbi…
Ma io ho una speranza, che sia possibile fare di nuovo di Riace quel paese
che porta l’aura di un sogno possibile. Nel frattempo io sono stato prima
indagato per due reati, tra cui favoreggiamento della immigrazione clandestina.
Quando è hanno fatto il decreto Minniti Orlando, che riduceva la possibilità di
ricorrere ai dinieghi delle commissioni per il riconoscimento dello status di
rifugiato, noi avevamo tantissime persone a Riace. C’erano tantissimi ragazzi
della Nigeria, che non avevano ricevuto un diniego solo ma ben due (non era più
possibile averne tre, come prima). E volevano in qualsiasi modo evitare di
tornare nei loro Paesi di origine, dove si erano lasciati dietro un inferno.
Magari si erano indebitati per tutta la vita, per cercare una soluzione. E
qualcuno di loro avrebbe voluto sposarsi, è vero, per ottenere il certificato
di matrimonio, e quindi il permesso di soggiorno per motivi familiari. Io
celebrai solo un matrimonio. E se ho fatto qualcosa è perché ho visto l’orrore
nei loro occhi di fronte alla prospettiva del loro ritorno nel Paese d’origine.
Un gesto del genere non può mai essere messo sullo stesso livello di un accordo
coi capi clan della Libia per impedire alle persone di arrivare in Italia. Simona
ha nominato una ragazza nigeriana vittima delle politiche disumane di cui ho
parlato. Questa ragazza, Becky Moses, era stata “diniegata”, le era stata
rifiutata la domanda di asilo. Lei non ha pensato di sposarsi, bensì che
l’unica soluzione alla sua vita fosse quella di trasferirsi nella tendopoli di
San Ferdinando nella piana di Gioia Tauro. Il 26 gennaio 2018 è morta bruciata
viva, tentava di riscaldarsi, perché faceva freddo quella sera. Chi sono i
responsabili? Perché non c’è stato un processo, perché non è stata aperta una
inchiesta, che valore ha la vita degli esseri umani?
Aggiungo che sono stato accusato anche di aver concesso carte d’identità
false. Anche Becky era arrivata in municipio per rinnovare il suo documento,
che aveva smarrito in pullman. Il 23 dicembre 2017, io gliel’ho rifatto. Pochi
giorni dopo è morta. Quella carta di identità con la mia firma, per una strana
coincidenza è rimasta per terra, vicina alla sua capanna bruciata fatta di
plastica. Sono orgoglioso di averla fatta, quella carta di identità. Nella
stessa zona, a poca distanza da Riace, un ragazzo si batteva per i diritti
sindacali dei braccianti impegnati nella piana di Gioia Tauro. È morto
ammazzato, lo scorso giugno. “Dobbiamo poterci fare giustizia con le nostre
mani” si dice oggi. E così, qualcuno ha pensato bene di uccidere Soumaila
Sacko, perché avrebbe tentato di rubare un pezzo di lamiera per rinforzare la
capanna in cui viveva, e far scivolare via l’acqua sul tetto. È stato
ammazzato, Soumaila Sacko. Questi giovani vengono in Italia per vivere, e noi
li facciamo morire.
Anche un altro ragazzo, di soli 18 anni, è morto bruciato vivo nella
tendopoli di San Ferdinando, ad inizio dicembre. Ma vi rendete conto? E le
stesse persone che sono state così attente a tutti gli aspetti burocratici, a
individuare anche se mancava un timbro, quelle persone che hanno portato alla
chiusura dell’esperienza di Riace e anche alla mia personale situazione
giudiziaria, infliggendo quelle che per me sono mortificazioni dell’anima, ecco
quelle stesse persone lasciano invece operativo il centro di San Ferdinando. A
tutt’oggi, mentre noi parliamo.
*
Dall’intervento di
Mimmo Lucano al Teatro Palladium di Roma, durante la serata di
lancio della candidatura di Riace al Nobel
per la pace 2019, promossa tra gli altri da Left, Re Co Sol e VIII
Municipio di Roma
Nessun commento:
Posta un commento