lunedì 9 gennaio 2017

Costruttori di pace non possiamo rimanere in silenzio - Alex Zanotelli


L’anno 2016 ha visto trionfare la normalità della guerra: la Terza Guerra Mondiale a pezzetti, come la chiama papa Francesco. Una guerra spaventosa che ha il suo epicentro in Medio Oriente e ha mostrato tutta la sua ferocia, disumanità e orrore nell’assedio della città martire Aleppo in Siria. Una guerra che attraversa anche l’intera Africa da est a ovest, dalla Somalia al Sudan (Darfur e Monti Nuba), dal Sud Sudan al Centrafrica, dalla Nigeria (Nord) alla Libia, dal Mali al Gambia. Senza dimenticare i massacri in Burundi e nella Repubblica democratica del Congo (Beni). Desolanti conflitti si estendono dallo Yemen all’Afghanistan, guerre combattute con armi sempre più sofisticate e sempre più a pagarne le spese sono i civili.
Si chiede papa Francesco: «Come è possibile questo? È possibile perché dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi che sembra essere tanto importante».
È l’industria delle armi, fiorentissima oggi, a gioire di tutto questo. Secondo i dati Sipri (Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma), a livello mondiale, investiamo quasi 5 miliardi di dollari al giorno in armi. A livello italiano, secondo l’Osservatorio sulle spese militari (Mil€x), spendiamo 64 milioni di euro al giorno. L’industria italiana delle armi esporta in tutto il mondo. In questo periodo abbiamo venduto bombe all’Arabia Saudita e al Qatar, che poi le hanno date a gruppi armati legati a Al-Qaida come a Jabhat al –Nusra in Siria. E tutto questo nonostante la legge 185/90 vieti la vendita di armi a paesi in guerra e a paesi dove vengono violati i diritti umani.
L’Italia nel 2015 ha esportato armi per un valore di oltre 7 miliardi di euro in paesi in guerra o dove sono violati i diritti umani. Ma come fanno i nostri governi a parlare di legalità quando agiscono in maniera così illegale? È la grande Bugia. «La violenza esiste solo con l’aiuto della Bugia», diceva Don Berrigan, il gesuita nonviolento americano scomparso lo scorso anno.
È passato il tempo in cui i buoni possono rimanere in silenzio. E ciò che sconcerta maggiormente è il silenzio del movimento per la pace davanti a questi scenari di guerra. Non lo posso accettare. Dobbiamo scendere in piazza, urlare, gridare, protestare. Forse non riusciamo a parlare perché il movimento è frammentato. Allora mettiamoci insieme. La situazione è troppo grave. Per questo dobbiamo avere il coraggio di violare la legge, di farci arrestare, di andare in prigione. Questo sarebbe il dovere prima di tutto dei religiosi, dei preti, delle suore: sull’esempio dei fratelli Berrigan e delle suore domenicane che, negli Stati Uniti qualche decennio fa, si sono fatti anni di carcere per loro impegno contro la guerra in Vietnam e la bomba atomica.
Come cristiano mi fa ancora più male il silenzio dell’episcopato italiano e di larga parte delle comunità cristiane. Per fortuna papa Francesco parla chiaro. Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio) afferma che «essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza». E prosegue: «La nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati importanti. I successi ottenuti da Gandhi e Khan Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell’India, e da Martin Luther King contro la discriminazione razziale…».
Papa Francesco invita le comunità cristiane a imboccare la strada della nonviolenza attiva, quale percorso obbligato per i seguaci di Gesù. «Dite al mondo che non esiste più una guerra giusta. Lo dico da figlia della guerra». Così la suora domenicana irachena Nazik Matty durante il convegno su guerra e nonviolenza, promosso in Vaticano da papa Francesco.”
Papa Francesco forse presto ci regalerà un’enciclica che potrebbe mettere la parola fine alla teologia della guerra giusta e indicare la nonviolenza attiva come la strada inventata da Gesù. È la strada che le comunità cristiane devono imboccare con lo stesso coraggio che hanno avuto Gandhi, Martin Luther King, Don Berrigan, Don Milani… Ma queste comunità dovranno avere la capacità di unirsi a tutte le altre realtà nonviolente creando un grande movimento popolare per la pace. Ma per arrivare a questo dobbiamo tutti essere disposti a pagare un alto prezzo. Diceva Don Berrigan: «Noi urliamo pace, pace, ma non c’è pace. Non c’è pace perché non ci sono costruttori di pace. Non ci sono costruttori di pace perché fare pace è altrettanto costoso quanto fare guerra, almeno altrettanto esigente perché si paga con la prigione e la morte».
A tutti i costruttori di pace, l’augurio di cuore di un buon anno, carico di frutti di pace.

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