Il drago, l’immondizia e Monte dei Paschi -
(23 febbraio 2013)
«Dobbiamo dire un grazie a studi come quelli di Ascheri,
perché ci aiutano a capire cosa è successo e cosa succede, sia nell’economia
che nella politica. Questo è necessario perché politica ed economia sono come
due iceberg.
Degli iceberg noi vediamo, si e no, 1/3, i 2/3 sono sott’acqua —non andate mai a sbattere contro un iceberg, anche se vi sembra piccolo, perché quello che c’è sotto è un continente, che si trascina.
Degli iceberg noi vediamo, si e no, 1/3, i 2/3 sono sott’acqua —non andate mai a sbattere contro un iceberg, anche se vi sembra piccolo, perché quello che c’è sotto è un continente, che si trascina.
Il punto è quindi riuscire a vedere meglio cos’è la
politica e cos’è l’economia. Cosa che non avviene nei dibattiti economici e
politici, perché nei dibattiti economici gli economisti litigano su ciò che si
vede, che è relativamente insignificante rispetto al potere di questo iceberg.
Questo avviene anche nella politica, ormai, diventata
sempre meno visibile e trasparente, in cui tutti i processi sono processi
inutili. Cosa apprendiamo da studi come quello di Ascheri, anzitutto
sull’economia? Io ho due osservazioni.
Sul piano
dell’economia, si sapeva tutto, tra l’altro certi economisti avevano detto ciò
che si stava manifestando. In pochi anni, in pochi decenni, il rapporto tra
economia reale espressa in valori ed economia finanziaria è diventato non più
confrontabile, ovvero c’è una massa monetaria in giro per il mondo ottenuta
grazie alla globalizzazione, quindi ai famosi processi di liberalizzazione e
privatizzazione, che ha creato una montagna finanziaria che oggi domina
l’economia e non solo.
Questo naturalmente ha una
storia: tu parti da Nixon e arrivi ad Obama, ma in parallelo
quello che è successo negli Stati uniti è successo in tutta Europa, è successo
anche in Italia. E quello che è successo è semplice: l’economia finanziaria ha
prodotto sempre di più prodotti finanziari che gli economisti, con terminologia
tecnica, nella letteratura economica, chiamano titoli spazzatura. Ce
ne sono vari tipi, ci sono i cosiddetti titoli ninja, creati per
suicidarsi, coinvolgendo chi li detiene stabilmente in cose strambe. Ci sono
anche i titoli al neutrone, come sapete la bomba al neutrone è
quella che ammazza le persone ma non distrugge gli edifici. Ebbene ci sono
anche i titoli al neutrone, che hanno fatto fallire i
possessori di casa, a partire dagli Stati Uniti, per arrivare a noi; essi hanno
quest’effetto, che distruggono l’economia delle persone, ma lasciano intatti
gli immobili di cui poi le banche si appropriano.
Insomma, da un lato c’è questa economia finanziaria che
ha preso il potere economico e poi vedremo quello politico. Questa storia ha
anche una storia in Italia, perché a partire dal ‘71 negli Usa si riforma il
sistema delle banche, in sostanza si apre alle banche d’affari. Negli anni ‘90
c’è la riforma di Clinton che liberalizza i mercati finanziari che possono
creare i famosi titoli spazzatura. Quella legislazione, e sono cose che sono
scritte nei libri di economia, viene di sana pianta importata in Italia.
In Italia inizia negli anni ‘90, in cui un signore che
lavorava alla Banca mondiale (dal 1984 al 1990) improvvisamente, nel 1991
diventa direttore generale al tesoro italiano. Questo signore si chiama Mario
Draghi. Negli anni ’90 Draghi promuove la privatizzazione di tutte le banche
italiane, nascono così le grandi banche d’affari come Bancaintesa, Unicredit, e
Monte dei Paschi di Siena.
Sono queste le banche che sono state veicolo dei titoli
spazzatura. E chi scelse Draghi come consulenti per promuovere il processo di
privatizzazione? Goldman Sachs, la Lehman Brothers e
la svizzera UBS. Draghi, quando finisce questo decennio da
“servitore dello Stato” ha quindi tutti i dati sensibili in mano, conosce tutto
sul nostro sistema bancario che lui ha creato. E cosa fa? Va a lavorare senza
colpo ferire, dal 2002 al 2005, alla Goldman Sachs, lui diventa il
manager della Goldman Sachs per l’Europa, nel silenzio totale di tutti, dei
politici, destra, sinistra, degli istituti di controllo.
E poi dove va? Voi penserete, aveva ormai guadagnato
abbastanza se ne sarà andato in pensione. No! Nel 2006 diventa Governatore
della Banca d’Italia e questa è l’istituto di sorveglianza di tutto il sistema
del credito. Lui ovviamente non si accorge che in quegli anni, attraverso la Goldmann Sachs, sono arrivate valanghe di titoli
spazzatura nelle banche italiane. Però lui, il “sorvegliatore”, non lo sa.
Quando scoppiò la crisi finanziaria nel 2008, lui “non
sapeva niente”, infatti fece la relazione sull’anno 2009, una relazione come
governatore alla Banca d’Italia, e disse che sì, che la crisi finanziaria aveva
tolto all’Italia 5 punti di Pil. Questo dichiarò come Governatore della Banca
d’Italia. 5 punti di pil, pensate, per l’Italia, che veniva da una crescita tra
le più alte d’Europa, fu un vero crollo.
Quindi cosa propose di fare? Immaginerete, congeliamo
subito tutti i superprofitti alle banche, congeliamo tutti i bonus dei
dirigenti bancari, sequestriamo tutti i titoli cercando di identificare tutte
le banche che sono piene di questi titoli spazzatura, così poi facciamo una
richiesta al governo degli Stati Uniti ed instauriamo un processo per
recuperare questi crediti che tra l’altro erano stati garantiti dallo stato
statunitense, cosa che alcuni hanno fatto e che si
può fare.
può fare.
No. Lui disse, siccome ci hanno rubato 5 punti di Pil,
dobbiamo riformare il mercato del lavoro, dobbiamo tagliare pensioni e sanità,
dobbiamo riformare la scuola. Ma che c’entra? L’hanno buttata in barzelletta
politica, coinvolgendo in questo tutte le strutture, istituzioni.
Tra l’altro, come voi sapete, nel maggio 2011 Draghi va
alla Banca Centrale Europea e cosa fa? Comincia a riacquistare, anche dalle
banche italiane, i titoli spazzatura in cambio di denaro contante. Quindi lui
sta facendo un riciclaggio e con lui il sistema finanziario sta facendo il
riciclaggio dei titoli spazzatura che la Goldman Sachs ha esportato in Europa e anche in
Italia e che noi oggi paghiamo per riciclarli così che poi nessuno riesca
neanche più ad identificarli. Questo è quello che è avvenuto, il caso qui in
esame, quello del Mps, è solo un esempio, ma badate bene che in tutte le banche
italiane ci sono queste bombe ad orologeria. E qui passo per brevità alla
seconda questione, alla sfera politica.
Io sapete sono danese, vengo in Italia spesso, sono di
origini romane, non italiane. Quello che a me sorprende è che in Italia non ci
si chiede come mai nel corso degli ultimi 15-20 anni sono stati rovesciati
fiumi di denaro sulla politica. C’è una ragione, perché poi, questi fiumi di
denaro dati ai politici e alla politica, non è che sono venuti di nascosto,
erano trasparenti, sono stati fatti attraverso le leggi, regolamenti, e nessuno
è intervenuto, non è intervenuto il capo dello stato, non sono intervenuti la
Ragioneria, la Corte dei conti, nessuno è intervenuto, perché è stato fatto? E’
stato fatto perché i politici non vedessero, non sentissero, non parlassero. In
questo modo è stato acquisito un consenso, anche per questo in questi 20 anni
sono state fatte le cose più ignobili.
E oggi, per concludere su questo, cosa vediamo noi?
Vediamo che mentre queste bombe ad orologeria scoppiano, i politici tacciono,
non fanno nulla. Perché? Perché i corruttori sanno bene dove stanno i soldi che
loro hanno dato ai corrotti, ed ecco che inizia il gioco sporco. La Lega rompe
le scatole, fa i capricci perché non vuole più sostenere il governo della
finanza? La decapitano. Nel momento in cui un personaggio, a me non simpatico,
tra l’altro di destra, come Di Pietro, comincia a fare i capricci, che fanno?
Lo mettono sulla graticola.
Nel momento in cui il Pd ha
qualche dubbio amletico, anche se ormai è un po’ tardi, credo,
e pronuncia qualche parola in difesa degli interessi dei cittadini, dei
lavoratori, degli imprenditori, e così via, lo bastonano e gli dicono: “state
attenti, perché altrimenti…”. Abbiamo una politica che non solo
istituzionalmente è dipendente dalla Banca Centrale Europea, che poi è la
finanza statunitense, ma abbiamo una situazione in cui la politica è sotto
ricatto perché è stata corrotta attraverso un processo sistematico.
Questo è quanto ho scritto, ma certe analisi sono state
fatte anche negli Stati uniti che rivelano che si è creato un sistema di potere
collusivo, fatto di ricatti, di pressioni —un sistema che ci fa capire anche la
vicenda Finmeccanica. Un paese che si butta nell’industria di guerra è chiaro
che entra nei meccanismi più perversi della corruzione, però certe magagne
vengono fuori nel momento in cui bisogna dare dei segnali forti, perché il
governo della finanza altrimenti non vince le elezioni, questo è il caso
italiano, ma questo avviene dappertutto.
Per questo, la lettura di esempi così specifici come
quello del Monte dei Paschi di Siena sono utili: aiutano a capire questi
meccanismi, ci aiutano a capire come funziona questo blocco di potere nuovo
dominante che si è formato, i suoi aspetti più odiosi, più biechi, metodi
mutuati dalla mafia. Voi sapete che la mafia iniziò la sua espansione coi
palazzinari, poi col businness dell’agricoltura,
poi con quello della droga. Oggi c’è la finanza e ogni volta che la mafia ha
cambiato strategia che faceva? Faceva arrestare tutti quelli del vecchio gruppo
dirigente. Ogni volta che è successo che hanno arrestato tutti i capi della
mafia, in realtà stavano ripulendo un giro di dirigenti, perché l’arresto di
Riina è la fine della mafia della droga, che segna l’inizio della mafia della
finanza.
La mafia della finanza è quella che oggi sta in sella e
naturalmente essa elimina i personaggi un po’ sporchi e che si ostinano a voler
guadagnare in forme che non sono moderne, che non fanno più parte delle cosche
vincenti del potere. Trasferite questo tipo di analisi, questo rinnovo
dirigenziale delle organizzazioni criminali, a quello che sta succedendo anche
nella politica italiana: è chiaro che c’è dietro un bel disegno di potere che
va avanti abbastanza indisturbatamente.
Ho trattato il problema dell’euro in quel libro L’Europa oltre l’euro. Gli economisti in genere, anche
di altri paesi, criticano l’euro perché dicono che non ha consistenza
economica, cioè le teorie economiche dimostrano quali sono le condizioni perché
si possa fare un’unità monetaria. L’euro è stato fatto non tenendo conto di
tutti quei criteri base per cui si possa creare un’area monetaria omogenea che
funzioni. Per questo Krugmann e molti altri hanno criticato l’euro. La moneta è
uno strumento dell’economia, non è l’economia, quindi intestardirsi, insistere
su un meccanismo che chiaramente non sta funzionando, rischia, e questo è
l’aspetto doloroso, di minacciare e distruggere lo stesso progetto europeo.
Dal momento dell’introduzione
dell’euro fatta in modo così forzato, che è successo? Già l’introduzione dell’euro ha diviso
l’Europa, volevamo un’Europa più larga, ma che crescesse insieme. Come sapete,
quando si è fatto l’euro, dentro ci sono 17 paesi, ma 10 stanno fuori e questi
non sono i più balordi, stanno fuori paesi importanti come la Gran Bretagna, ma
anche paesi piccoli e molto efficienti e importanti per l’Europa, come la
Danimarca e la Svezia. Quindi la prima cosa che ha fatto l’euro, ha spaccato
l’Europa in due, per imporre un’accelerazione che badate bene, non era
necessaria. Perché? Esisteva una cooperazione monetaria. Come sapete, dopo la
fine dell’aggancio al dollaro, nel ’71, non è che i paesi europei si sono messi
a fare la guerra tra loro, ma fecero prima una cooperazione monetaria, il Serpente Monetario Europeo, che naturalmente rivelò
punti di forza, ma anche dei difetti. Tanto è vero che successivamente, dopo
circa dieci anni, si migliorò il sistema e venne il Sistema Monetario Europeo, cosiddetto Serpente 2, e si cercò di perfezionare questi
meccanismi di scambio monetario.
Quindi, non è che prima c’era il caos e poi è arrivato
l’euro. La decisione improvvisa di introdurre l’euro prima ha spaccato
l’Europa, tra chi dentro e chi fuori, e tra l’altro, queste distanze si vanno
sempre più allargando. Ormai è chiaro che l’euro sta allontanando sempre più la
Gran Bretagna da un progetto europeo, ma questo vale anche per i paesi
Scandinavi. Non solo, i 17 paesi dell’euro zona hanno creato un’ulteriore
divisione dentro la zona euro perché oggi tutti sanno che sono spaccati tra una
zona nord e una zona sud. Perché non esiste nessun meccanismo che consente di
trovare un equilibrio tra queste situazioni. Immaginate non dico l’Unione
Europea, ma solo l’eurozona. Con la moneta si è preteso di creare una sorta di
Stato Europeo. Questa era l’idea. Ora, l’idea che si può fare uno Stato senza
uno Stato fa un po’ sorridere. L’idea che 17 paesi possano essere governati da
una banca è un’idea da ospedale psichiatrico. E’ come se in Italia dicessimo:
togliamo tutto, Parlamento e governo, basta la Banca d’Itali Questo è ciò che è
stato fatto a livello europeo. (…) Insistere su questa strada rischia
seriamente di portare alla rovina lo stesso progetto europeo e badate bene che
non abbiamo molto tempo.
Siamo andati a sbattere con l’euro contro l’iceberg. Le previsioni mie e non
solo mie — da qui ad uno due anni e non a dieci — sono due: che se non si
cambia rotta rapidamente ci sono due scenari possibili, uno, quello più
probabile e più terrificante, è l’implosione dell’Europa come la Jugoslavia.
Questo è lo scenario che molti economisti danno per scontato, se non si inverte
rotta.
Lo scenario alternativo è quello di una soluzione
programmata, in linea con l’idea europea di cooperazione, sarebbe quello, che
viene dall’esperienza europea, che io chiamo lo scenario della Cecoslovacchia.
Come sapete, la Cecoslovacchia era uno stato europeo, che ad un certo punto,
siccome c’erano differenze, sia di aspirazioni ma anche di strutture
economiche, ha deciso di dividersi in due stati, ma non è stata fatta nessuna
guerra, si sono messi d’accordo, hanno due monete diverse dentro l’Unione, tra
l’altro hanno riorganizzato i rapporti.
L’idea che la zona dell’euro debba implodere, provocando
situazioni di tipo jugoslavo, con l’uscita di paesi a cominciare dal sud, ed entro
un anno arriverà anche a noi il problema, è una politica cieca, perché non
tiene conto che questi problemi si potrebbero risolvere con un accordo in seno
all’eurozona, tra nord e sud, però stabilendo meccanismi di cambio che tengano
conto delle esigenze dell’economia.
Badate bene che quando l’Italia era nel Sistema Monetario Europeo ne è uscita per tre o quattro anni,
perché aveva delle difficoltà economiche. Sia l’Italia che la Gran Bretagna
uscirono e poi rientrarono. Non è che ci fu una guerra, non è che se noi
dovessimo uscire o stabilire una nuova forma di cooperazione monetaria succede
chissà che!
Le monete cambiano ogni 10-15 anni, questo lo sanno gli economisti. E’ sempre successo nella storia.
Pensate che alla fine dell’800 in Europa esisteva l’unione monetaria dei paesi
scandinavi. E’ esistita per circa 30 anni, poi, ad un certo punto, siccome
queste economie sono cresciute in modo diverso, l’hanno sciolta, infatti voi
oggi avete la corona danese, quella svedese e quella norvegese, mentre prima
avevano una corona unica. Decisero intelligentemente di tornare a delle valute
nazionali, ovviamente si chiamano ancora corone, c’è un aggancio
privilegiato, però son tornate ad auto-governarsi.
La stessa cosa vale anche per noi, perché l’Italia ha
fatto parte a fine ‘800, per circa 30 anni, di quello che si chiamava Sistema Monetario Latino, con il Belgio, la Svizzera,
e la Francia. E’ stato sciolto dopo 30 o 40 anni, oggi infatti avete franco
svizzero, franco francese e belga, l’Italia aveva mantenuto la lira ma stando
dentro il sistema del franco.
Voglio dire, le scelte monetarie sono strumentali, non
sono dogmi, la moneta non è un dogma, simboli sono invece la cultura, lo stato,
la nazione. La moneta, come noi sappiamo nell’esperienza familiare, è uno strumento,
deve servire i nostri progetti, non viceversa».
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