lunedì 23 gennaio 2017

1.459 giorni di resistenza - Angela Davis


In un momento difficile della nostra storia, dobbiamo ricordare a noi stessi che noi le centinaia di migliaia, i milioni di donne, transessuali, uomini e giovani che siamo qui alla Marcia delle donne, noi rappresentiamo le potenti forze del cambiamento che sono determinate a evitare che le culture morenti del razzismo, dell’etero-patriarcato risorgano di nuovo.

Noi riconosciamo che siamo agenti collettivi della storia e che la storia non può essere cancellata come le pagine web. Sappiamo che ci riuniamo oggi pomeriggio sulla terra indigena e noi seguiamo l’esempio dei primi popoli che nonostante la massiccia violenza genocida non hanno mai rinunciato alla lotta per la terra, l’acqua, la cultura, la loro gente. Noi in particolare salutiamo oggi i Sioux di Standing Rock.

Le lotte per la libertà dei neri che hanno plasmato la natura stessa della storia di questo paese non possono essere cancellate con il movimento di una mano. Non possiamo dimenticare che le vite dei neri contano. Questo è un paese ancorato alla schiavitù e al colonialismo, il che significa che nel bene e nel male la storia stessa degli Stati Uniti è una storia di immigrazione e riduzione in schiavitù. Diffondere la xenofobia, lanciare accuse di omicidio e stupro e la costruzione di muri non cancellerà la storia.

Nessun essere umano è illegale.

La lotta per salvare il pianeta, per fermare i cambiamenti climatici, per garantire l’accessibilità all’acqua dalle terre degli Standing Rock Sioux, a Flint, Michigan, alla West Bank della Cisgiordania e a Gaza. La lotta per salvare la nostra flora e fauna, per salvare l’aria – questo è il ground zero della lotta per la giustizia sociale.

Questa è una marcia delle donne e questa marcia delle donne rappresenta la promessa di un femminismo contro i poteri perniciosi della violenza di stato. E il femminismo inclusivo e intersezionale che invita tutti noi a unirci alla resistenza al razzismo, alla islamofobia, all’antisemitismo, alla misoginia, allo sfruttamento capitalistico.

Sì, salutiamo la lotta per il salario minimo orario di quindici dollari. Noi ci dedichiamo alla resistenza collettiva. Resistenza ai miliardari profittatori delle ipoteche e gentrificatori. Resistenza ai corsari dell’assistenza sanitaria. Resistenza agli attacchi contro i musulmani e gli immigrati. Resistenza agli attacchi contro le persone disabili. Resistenza alla violenza di stato perpetrata dalla polizia e attraverso il complesso industriale carcerario. Resistenza alla violenza di genere istituzionale e intima, in particolare contro le donne trans di colore. I diritti delle donne sono diritti umani in tutto il pianeta ed è per questo che diciamo libertà e la giustizia per la Palestina. Noi celebriamo il rilascio imminente di Chelsea Manning. E di Oscar López Rivera. Ma diciamo anche liberate Leonard Peltier. Liberate Mumia Abu-Jamal. Liberate Assata Shakur.

Nel corso dei prossimi mesi e anni saremo chiamati a intensificare le nostre rivendicazioni di giustizia sociale, a diventare più militanti nella nostra difesa delle popolazioni vulnerabili. Coloro che ancora difendono la supremazia dell’etero-patriarcato del maschio bianco farebbero meglio a fare attenzione.
I prossimi 1.459 giorni dell’amministrazione Trump saranno 1.459 giorni di resistenza: resistenza sulle strade, resistenza nelle aule scolastiche, resistenza sul posto di lavoro, resistenza nella nostra arte e nella nostra musica.

Questo è solo l’inizio e con le parole dell’inimitabile Ella Baker, ‘Noi che crediamo nella libertà non possiamo riposare fino a quando non arriva”. Grazie.

Intervento alla straordinaria Marcia delle donne contro Trump a Washington (la più grande protesta di piazza nella storia Usa, più partecipata perfino della storica marcia di Luther King e di quella contro la guerra in Vietnam). 

Traduzione di Maurizio Acerbo (che ringraziamo).

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