Morto Monsignor Capucci, vescovo "combattente" - Michele Giorgio
L’arcivescovo cattolico- melchita Hilarion Capucci si è spento a Roma
il primo gennaio. Proprio nel giorno del 52esimo anniversario della fondazione
del movimento Fatah al quale si era legato, in particolare al suo leader
storico Yasser Arafat, mantenendo allo stesso tempo buoni rapporti con le altre
forze politiche palestinesi, incluso il movimento islamista Hamas.
Tutti i leader
palestinesi perciò hanno ricordato e reso omaggio alla sua figura di
“combattente”. Nel 2013 a Roma il presidente
dell’Anp Abu Mazen gli aveva conferito la medaglia d’onore, la più alta delle
onorificenze palestinesi, e ieri attraverso l’agenzia di stampa Wafa lo ha
ricordato come un amico sincero del popolo di Palestina. Simili le parole di
Hamas: «Siamo afflitti per la morte di un grande rivoluzionario
arabo che ha dedicato la maggior parte della sua vita alla difesa del popolo
palestinese e della sua giusta causa». La sua figura è stata rievocata anche
dai media palestinesi. Per Israele al contrario mons. Capucci era un nemico
alleato di “terroristi” che avrebbe cercato di aiutare in ogni modo, anche con
forniture di armi.
Nato nel 1922 ad Aleppo,
Capucci ha legato la sua vicenda umana e politica al popolo palestinese. Balzò
agli onori delle cronache nell’estate del 1974, quando era patriarca vicario di
Gerusalemme per la comunità melchita. Fu arrestato dagli israeliani. Nella sua
auto, una Mercedes che godeva di immunità diplomatica, i soldati israeliani,
durante un controllo, sostennero di aver trovato armi e esplosivo destinati
all’Esercito di liberazione della Palestina, l’ala militare dell’Olp.
L’accaduto fece
scalpore: mai prima un religioso cristiano di così alto rango era finito in
carcere in Israele. Capucci si proclamò innocente e vittima di una trappola. La
corte lo condannò ugualmente a 12 anni di detenzione. In prigione rimase quattro anni, fino a quando papa Paolo VI
intervenne direttamente per la sua scarcerazione, quindi venne espulso e
riportato in Vaticano. Del
religioso melchita in precedenza aveva chiesto la liberazione anche il commando
protagonista del dirottamento aereo di Entebbe. Tornato a Roma non smise mai di
battersi per la causa palestinese e divenne amico di Arafat che lo accolse a
braccia aperte nel settembre del 1982 a Roma, dove il leader dell’Olp era stato
invitato a parlare a Montecitorio da Giulio Andreotti.
L’avanzare degli anni non ha
impedito a Capucci di prendere parte ad iniziative a sostegno della causa
palestinese che da ultraottantenne si è imbarcato sulle flottiglie che a
partire dal 2008 hanno cercato di rompere il blocco navale israeliano della
Striscia di Gaza. Un
paio d’anni fa, in una delle sue ultime uscite pubbliche a Roma, salutò i
presenti con l’auspicio: «Arrivederci a Gerusalemme, capitale dello Stato
palestinese«». Nel 2011 mons. Capucci volle essere tra i partecipanti dei
funerali di Vittorio Arrigoni, il giovane scrittore e attivista per i diritti
dei palestinesi assassinato a Gaza da un sedicente gruppo salafita. Il suo
impegno politico è stato tanto apprezzato nel mondo arabo che cinque Paesi –
Iraq, Egitto, Libia, Sudan e Siria – oltre ai palestinesi, hanno emesso
francobolli con la sua immagine.
La scomparsa del
religioso cattolico giunge in nuovo momento delicato per le sorti del popolo
che Capucci tanto ha cercato di aiutare. Dopo la recente risoluzione del
Consiglio di Sicurezza dell’Onu che, grazie all’astensione gli Stati Uniti, ha
condannato la costruzione di colonie israeliane e riaffermato lo status di
territori occupati per Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, i palestinesi, o almeno l’Anp di Abu Mazen, guardano alla
conferenza internazionale di Parigi del 15 gennaio con la speranza che si
concluda con l’approvazione di scadenze precise per la nascita dello Stato di
Palestina da portare al voto al CdS.
Il secco rifiuto di
Israele tuttavia pone un grosso punto interrogativo sui risultati concreti
della conferenza e, nonostante i timori del premier Netanyahu, è improbabile
che l’Amministrazione Obama, a pochi giorni dalla fine del suo mandato, decisa
per secondo e ancora più clamoroso colpo di coda contro la politica di Israele.
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