“Quando muore una persona amata, un familiare, un
amico o un eroe, queste perdite hanno qualcosa in comune, anche se naturalmente
la loro intensità varia (non posso dire della morte di un amante, che sembra
essere qualcosa di diverso ancora – ma forse perfino lì, il tratto permane).
Ecco che cos’hanno in comune: c’era quest’altra persona che ci aiutava in un
modo particolare, e adesso se n’è andata, e l’aiuto che ci dava se n’è andato
insieme a lei. Essere in lutto è non avere più, essere privato di. Nel cordoglio,
oltre al dolore puro, c’è la perdita dell’aiuto. Prima c’era una complicità, un
lavoro (un lavoro emotivo, per esempio) che due individui realizzavano insieme.
Adesso uno, il sopravvissuto, per quanto riluttante sia, deve farlo da solo.
Ecco perché un aspetto della perdita è la sensazione di essere all’improvviso
costretti a ‘crescere’. A delineare il lutto non è solo il vuoto scavato dalla
tristezza: è sapere che quel che si faceva in due, qualunque cosa fosse, che
avesse un nome o no, che fosse reciproco o no (nel caso degli eroi lo è
raramente), adesso bisogna farlo da soli. Nella zona della tua complicità con
la persona amata, familiare, amico o eroe, tu sei un bambino. Forse lì si è
bambini insieme. La morte costringe a mettere via le cose da bambini, ed è
sempre troppo presto”.–Teju Cole
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