giovedì 5 gennaio 2017

Non sono più uscita dalla mia notte. Una madre, una figlia, l'Alzheimer - Annie Ernaux

una figlia raccoglie una serie di appunti scritti negli anni, quando la mamma è stata imprigionata nell'Alzheimer.
c'è chi non conosce la malattia, chi conosce qualcuno che ce l'ha o ce l'ha avuta, chi ha contatti con qualche malato, un genitore, per esempio, chi mette la mamma in una struttura per malati, come Annie Ernaux, chi ci convive tutti i giorni.
quello che scrive Annie Ernaux non è un trattato medico, è solo una specie di diario per appunti, che chi c'è passato riconosce e nel quale sa riconoscersi.
niente retorica e molta onestà.
buona lettura, sono solo poche pagine, non ci sono scuse - franz




Inizia così:
Mia madre ha iniziato a manifestare perdite di memoria e stranezze di comportamento due anni dopo un grave incidente automobilistico - era stata travolta da un'auto che passava col rosso - da cui tuttavia si era perfettamente ripresa. Per parecchi mesi ha potuto continuare a vivere in modo autosufficiente in un monolocale presso un residence per persone anziane a Yvetot, in Normandia. Nell'estate dell'83, in un periodo di caldo spaventoso, è stata colta da un malore e ricoverata in ospedale. Hanno scoperto che non mangiava e non beveva da molti giorni. Nel suo frigorifero c'era soltanto un pacchetto di zollette di zucchero. Era ormai impossibile lasciarla vivere da sola. Ho deciso di portarla a casa mia, a Cergy, convinta che, in un ambiente familiare e con la presenza dei miei due figli ormai grandi Eric e David, che lei mi aveva aiutato a crescere, i disturbi sarebbero scomparsi e sarebbe tornata la donna dinamica e indipendente che era stata fino a pochissimo tempo prima.
Non è servito a nulla. La sua memoria ha continuato a deteriorarsi e il medico ha diagnosticato il morbo di Alzheimer. Non riconosceva più i luoghi e le persone, i miei figli, il mio ex marito, neppure me. Percorreva la casa in lungo e in largo, come smarrita, o rimaneva seduta per ore sui gradini della scala, in corridoio. Nel febbraio dell'84, davanti alla sua prostrazione e al suo rifiuto di nutrirsi, il medico l'ha fatta ricoverare all'ospedale di Pontoise. Vi è rimasta per due mesi, al termine dei quali ha soggiornato per breve tempo in un istituto privato e quindi è stata definitivamente riammessa all'ospedale di Pontoise, nel reparto geriatrico, in cui è deceduta a causa di un'embolia sopraggiunta nell'aprile '86, all'età di settantanove anni…

… E’ un diario che non può essere riassunto, può solo essere ripreso per flash e sensazioni. Ognuno di noi le raccoglierà diverse.
Ci sono le manifestazioni ripetitive della malattia: l’insistenza e immediatezza di una richiesta, la ripetizione di gesti abituali di una vita in una situazione differente, l’occultamento del cibo, forse ricordo della miseria, la ripetizione di frasi fatte, non più collegate all’ambiente.
Ci sono le sensazioni personali della figlia che si sovrappongono, quelle dell’infanzia, della maturità e ora di figlia che assiste, certe forme di “sadismo” per rispondere agli imperativi della struttura, certi ricordi legati agli abiti della madre da vendere, regalare, conservare.
C’è soprattutto questa sensazione o forse certezza d’identificazione con la madre: nelle sue reazioni alla realtà che la circonda, nel suo corpo ormai disfatto e sempre violato, nella promiscuità della casa di riposo.
C’è sovrastante a tutto la convinzione che sino all’ultimo la madre ha voglia vivere, abbia la consapevolezza del suo destino “Finire i miei giorni qui” e della sua malattia “ Non sono più uscita dalla mia notte”, l’ultima frase che pronuncia prima della morte. C’è la certezza che la madre, pur in quel disastro fisico e intellettivo è ancora una persona, una donna…

Appunti, poche righe, sensazioni ed emozioni annotate velocemente, tracciano questo diario del dolore. Una figlia guarda la madre lentamente spegnersi, osserva i suoi gesti inconsapevoli, ascolta le sue frasi senza logica, soffre per il totale abbrutimento del suo corpo, per la sua perdita di dignità legata allo smarrimento della coscienza. Il morbo di Alzheimer è una malattia che colpisce la mente, la distrugge un po' alla volta, cancella la persona. Per una figlia però la vita della madre è qualcosa di più della presenza di una persona amata: è il mantenere in vita un poco della propria infanzia, della memoria di anni e di sentimenti lontani nel tempo. Anche il dolore cocente nel vedere il lento annullarsi, che con gli anni si fa sempre più rapido, della coscienza della donna, ha momenti di profonda tenerezza che possono essere suscitati da una piega delle labbra o da un richiamo inaspettatamente cosciente…

L’Alzheimer è un’altra di quelle malattie che sconvolgono l’esistenza di una famiglia e che viene vissuta tanto più dolorosamente quanto più si fa fatica ad accettare l’assurdità di certi comportamenti e il degrado, fisico e mentale, nel quale si cade progressivamente
Tutto è capovolto, ora è lei la mia bambina. Ma io non posso essere sua madre
Una frase che è già sufficiente per capire la decisione di mettere la donna in un istituto, insieme ad altre come lei
Qui tutto quello che si perde non si ritrova mai. Indifferenza, tanto stanno tutte per morire
Il libro è infarcito di pensieri, e riflessioni forti in un continuo rimpallo tra il cristiano impulso all’assistenza e l’istinto animale di sopravvivenza che induce ad isolare l’elemento malato, lasciandolo morire.
Parte della decisione sofferta di internarla è frutto di un insoluto tra le due donne…


Nessun commento:

Posta un commento