Il MIL€X Osservatorio sulle
spese militari italiane ha presenta recentemente presso la sala
stampa della Camera dei Deputati l’anticipazione del Primo rapporto annuale, che verrà pubblicato a gennaio 2017.
MIL€X è un’iniziativa indipendente – lanciata con la collaborazione del Movimento Nonviolento nell’ambito
delle attività di Rete Italiana per il Disarmo e finanziata da donazioni
private –, ispirata a principi di neutralità politica e obiettività
scientifica. Secondo MIL€X, nel 2017, si spenderà 15 milioni di Euro al giorno
in nuovi armamenti.
PUNTI CHIAVE
- Di
fronte ad un recente uso “politico” e non preciso dei dati sulla spesa
militare italiana nasce la necessità di trasparenza e obiettività
sull'argomento
- Elaborazione
nuova metodologia di calcolo in grado fornire quadro preciso ed esaustivo
della spesa militare italiana
- Spese
militari italiane 2017: 23,4 miliardi (64 milioni di euro al giorno):
+0,7% rispetto al 2016, +2,3% rispetto alle previsioni del DPP 2016
- Ultimo
decennio: aumento spese militari 21% e rapporto spesa/PIL salito da 1,2% a
1,4% (non il dato di 1,1% dichiarato dalla Difesa)
- Costo
personale rimane voce di spesa più onerosa per lenta applicazione Riforma
Di Paola (più comandanti che comandati)
- Spese
armamenti 2017 salgono a 5,6 miliardi (15 milioni al giorno) per aumento
contributi MISE (89% degli incentivi alle imprese va a comparto difesa)
- Spese
per ‘aerei blu’ 2017 aumentano del 50% per incidenza costo nuovo A340
Presidenza del Consiglio (23,5 milioni nel 2017)
- Anteprima
notizie su contratti firmati per altri sette F-35, seconda portaerei
“Trieste” e nuove fregate “Fremm 2”, nuovi mezzi Esercito per favorire
export
MIL€X è un’iniziativa indipendente (lanciata con la collaborazione del Movimento Nonviolento nell’ambito
delle attività di Rete Italiana per il Disarmo e finanziata da donazioni
private), ispirata a princìpi di neutralità politica e obiettività scientifica.
Pur riconoscendo la necessità di mantenere un adeguato livello di prontezza ed
efficienza dello strumento militare, è necessaria una maggiore trasparenza e un
più attento controllo democratico su questa delicata materia per scongiurare i
rischi derivanti da un’eccessiva influenza della lobby militare-industriale, a
suo tempo denunciati dal generale e presidente americano Eisenhower.
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha recentemente dichiarato che
negli ultimi dieci anni la difesa ha subito un taglio del 27 per cento e che
quindi nuove riduzioni sono impensabili ed è anzi il momento di maggiori
investimenti. Un quadro molto diverso rispetto a quello che emerge dalle
anticipazioni del Primo rapporto annuale MIL€X sulle spese militari italiane.
MIL€X ha elaborato una nuova e accurata metodologia di calcolo delle spese
militari italiane, togliendo dal conteggio le spese della Difesa per funzioni
non militari (Carabinieri per ordine pubblico e tutela ambientale, considerando
solo i Carabinieri in funzione di polizia militare e quelli che partecipano
alle missioni militari) e aggiungendo quelle per le privilegiate pensioni del
personale militare a risposo pagate dall’INPS, quelle per le missioni militari
all’estero a in patria pagate dal Ministero dell’economia e delle finanze e
soprattutto quelle dei nuovi armamenti pagati dal Ministero dello sviluppo
economico. Nell’ultimo decennio le spese militari italiane sono cresciute del
21 per cento (del 4,3 per cento in valori reali) salendo dall’1,2 all’1,4 per
cento del PIL (non l’1,1 per cento dichiarato dalla Difesa). L’andamento
storico evidenzia una netta crescita fino alla recessione del 2009 con i
governi Berlusconi III e Prodi II, un calo costante negli anni post-crisi del
quarto governo Berlusconi, una nuova forte crescita nel 2013 con il governo
Monti, una flessione con Letta e il primo anno del governo Renzi e un nuovo
aumento negli ultimi due anni.
L’Italia nel 2017 spenderà per le forze armate almeno 23,4 miliardi di euro
(64 milioni al giorno), più di quanto previsto nei documenti programmatici
governativi dell’anno scorso. Ancora molto elevati i costi per il personale
(per la lentezza con cui procede il riequilibrio interno delle categorie a
vantaggio della truppa e a svantaggio di ufficiali previsto dalla riforma Di
Paola del 2012). Si registrano forti aumenti per le spese dell’operazione
‘Strade Sicure’ (da 80 a 120 milioni), del trasporto aereo di Stato (per il
costo dell’A340 della Presidenza del Consiglio) e soprattutto per l’acquisto di
nuovi armamenti (un quarto della spesa militare totale, +10 per cento rispetto
al 2016) pagati in maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico (che il
prossimo anno destinerà al comparto difesa l’86 per cento dei suoi investimenti
a sostegno dell’industria italiana).
Si evidenzia la stretta relazione tra questo meccanismo di incentivi
pubblici all’industria militare nazionale (oltre 50 miliardi di euro di
incentivi MISE ai programmi della Difesa negli ultimi 25 anni su iniziativa di
governi di tutti i colori) e l’elevato costo dei programmi di acquisizione
armamenti (5,6 miliardi nel 2017, 15 milioni al giorno). Urgenza e dimensione
del procurement militare risultano infatti determinate non da
reali esigenze sicurezza nazionale ma da logiche industrial-commerciali (grandi
commesse nazionali in funzione della promozione dell’export, come esplicitato
nei programmi Centauro 2 e Mangusta 2) che hanno come effetto programmi
sproporzionati rispetto alle necessità. Programmi giustificati gonfiando le
necessità stesse (come nel caso del numero degli aerei da sostituite con gli
F-35 o delle navi da rimpiazzare con le nuove previste dalla Legge Navale) e
ricorrendo alla retorica del 'dual use’ militare-civile (come nel
caso della nuova portaerei Trieste presentata come nave umanitaria, e delle fregate
FREMM 2 presentate come unità per soccorso profughi e tutela ambientale).
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