venerdì 27 gennaio 2017

Mostri veri e digitali, la memoria e gli accendini - Daniela Pia

Oggi 27 gennaio «Giornata della memoria».
Un lavoro incredibile ha contraddistinto l’operato di alcuni/e colleghi/e e delle loro classi.
Tutti in aula magna, piena, sede centrale.
Si parte dal passato e si arriva al presente.
Un lungo cammino scorre sul telo bianco ed è segnato dalla disumanità del potere, di cui è necessario, oggi più che mai, preservare la memoria.
Mi guardo intorno e vedo tanti, troppi schermi di smartphone illuminati. Così mentre faccio “la ronda” mi chiedo: «quale memoria il cellulare saprà fornire a questi nostri studenti/studentesse».
Intanto si dipanavano, sullo schermo, gli orrori del razzismo: uomini donne e bambini affranti, prigionieri, angheriati nei campi di concentramento e sterminio.
Eppure, la giornata della memoria, per un terzo di loro alternativamente si sviluppava smanettando sul cellulare. Intraprendendo epiche lotte con “mostri” digitali, ignorando i mostri passati e presenti che sul grande schermo testimoniavano la follia che sa impadronirsi dei leader di turno e dei loro adepti.
Ignorando fanciulli/e che il piccolo schermo del telefonino è tiranno, prigione senza filo spinato e che Kapò si fanno i gesti spasmodici e compulsivi delle loro dita; soggiogati da giochini che si divoravano il cervello facendolo senza memoria.
Parte seconda, ecco che sfilano le immagini dei migranti, accatastati nei campi profughi o di accoglienza, immane vergogna per questo Occidente al quale apparteniamo.
Parte poi «Non è un film» di Fiorella Mannoia e a colpire questa platea è il ritmo rap della colonna sonora. All’improvviso, in fondo alla sala, accendini e fiammelle come a un concerto, scanditi dal battere delle mani sulla sedia, dall’ondeggiare delle braccia: una festa dunque.
Impietoso lo schermo rimandava, carne viva – di adesso – uomini donne e bambini nel filo spinato erto a dividere, barriera a impedire il passo; barconi stracolmi, camion stipati, vite racchiuse in un fagotto. Tutto giocato a testa o croce. Testa stai a galla. Croce, forse, nel piccolo cimitero di Lampedusa.
Immagini. Cose lontane.
E mi ha preso un magone, un grande magone.
Se è vero che siamo contadini della formazione, che spesso seminiamo senza poter vedere spuntare il grano, oggi ho avuto la sensazione che la semenza sia gentile omaggio della Monsanto fattasi sponsor e che infine fatti siamo a viver come bruti e che virtute e conoscenza sian cose passate, finite, dimenticate.
Eppure non è così. Quando finiscono le celebrazioni so che non è così.

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