domenica 22 gennaio 2017

Violenza: Il linguaggio dello stato ebraico - Jonathan Cook


Ecco un’altra immagine  che illustra la situazione dei palestinesi – nella fattispecie, cittadini palestinesi di Israele – in modo più completo di qualsiasi parola.
L’uomo a terra è Ayman Odeh, un parlamentare israeliano, il capo del Joint List, il terzo più grande partito in parlamento e il più importante politico palestinese d’Israele.
La polizia israeliana gli ha appena sparato con proiettili di gomma, non una, ma due volte, anche in volto. Odeh è uno dei politici all’interno della grande minoranza palestinese in Israele, un quinto della popolazione, che meno cerca lo scontro. Il suo messaggio è costantemente un messaggio di pace e di amicizia tra tutti i cittadini israeliani, sia ebrei  che palestinesi. Questo, però,  non sembra averlo protetto dall’approccio “prima spara –  poi interroga” adottato dalle forze di sicurezza d’Israele nei confronti dei palestinesi.
Questa immagine dovrebbe essere tanto scioccante quanto vedere un  Bernie Sanders o Jeremy Corbyn sanguinante, trascinarsi per terra, guardati impassibilmente dalla polizia americana o britannica.
Anche il contesto è importante. Odeh si era unito stamane ai 1000 abitanti di Umm al-Hiran – tutti cittadini palestinesi di Israele – che manifestavano per fermare le squadre di demolitori intente a distruggere le 150 case del loro villaggio nel Negev. Israele aveva permesso a queste famiglie di trasferirsi nell’area di Umm al-Hiran negli anni cinquanta dopo averli cacciati dalle loro terre di origine,  molto piu’ ricche, durante la Nakba. Il pretesto allora fu che Israele aveva bisogno delle  loro terre ataviche per un kibbutz esclusivamente ebreo.
Tutto quello accadde durante un governo militare che guidò i palestinesi d’Israele per  quasi due decenni. Oltre 60 anni dopo, esattamente la stessa cosa sta succedendo di nuovo, ma questa volta di fronte alle telecamere. Umm al-Hiran viene distrutta cosicchè possa essere costruita una comunità esclusivamente ebrea, con lo stesso nome di Hiran, al posto delle case di queste famiglie. Israele non ha mai emesso un piano regolatore per Umm al-Hiran, cosi’ ora puo’ essere dichiarata illegale e i suoi abitanti chiamati “abusivi” e “intrusi”. Le famiglie vengono per una seconda volta ripulite etnicamente – non durante ostilità o in tempo di guerra, ma dal loro stesso stato in tempo di pace.
Sono lontani dall’essere i soli. A migliaia di altre famiglie, e ai loro villaggi, tocca la stessa sorte.
La verità è che niente è cambiato dagli anni cinquanta. Israele si comporta tuttora come se stesse governando militarmente i “cittadini” palestinesi. Tratta ancora tutti i non-ebrei come una minaccia, come un nemico.
Israele non è un tipo normale di paese. E’ una etnocrazia, per di più guidata da una variante ideologica dei nazionalismi etnici che dilaniarono l’Europa un secolo fa.
Odeh è un leader che si batte per la pace e l’uguaglianza tra cittadini ebrei e palestinesi. Oggi ha ricevuto la risposta. E’ contuso, sanguinante e prostrato, si trascina per terra.
Questo è il linguaggio di uno stato ebraico.
(Trad. Annamaria Boscarino
Fonte: http://www.jonathan-cook.net/blog/2017-01-18/violence-the-language-a-jewish-state)/ 

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