mercoledì 2 gennaio 2019

Che schifo l’Europa che non sa accogliere 49 poveracci - Francesco Cancellato



Se c’è uno spauracchio che non dobbiamo temere, nel 2019, è quello dell’Europa Fortezza, insensibile alla sofferenza altrui, arroccata attorno agli interessi degli Stati nazionali, incapace di trovare soluzioni condivise. Banalmente, perché quell’Europa, comunque vadano le elezioni europee esiste già. La prova regina ce la regala la vicenda, tragica e surreale assieme, delle navi delle organizzazioni non governative tedesche Sea-Watch e Sea-Eye, con 49 richiedenti asilo a bordo, per dodici giorni in balia del mare grosso, senza porto sicuro in cui approdare.
Nessuno li vuole. Non l’Italia del truce Salvini, ma nemmeno la Francia del liberale Macron, o la Spagna del socialista Sanchez, né tantomeno la vicinissima Malta. Al solito, per togliere tutti dai guai, se li prenderebbero trenta città tedesche - Berlino, Amburgo, Brema, le principali - ma la Germania, se la geografia non è un’opinione, non ci risulta abbia porti nel Mediterraneo. Basterebbe, insomma, che un Paese europeo facesse carico di far attraccare i migranti. Basterebbe un briciolo di pietà umana - a proposito di radici cristiane, a proposito di ideali progressisti - per quarantanove poveracci, della loro fuga dalla guerra e dalla miseria, della loro permanenza nei centri di detenzione libici, dell’orrore che hanno vissuto.
Accusateci pure di qualunquismo, di fare di tutta l’erba un fascio. Ma se queste sono le premesse non vediamo differenze tra fascisti e socialisti, tra popolari e sovranisti, tra Salvini, Orban, Le Pen e gli alfieri a parole della società aperta
Niente di niente, invece. E ci dispiace, ma il fallimento della nostra civiltà - non dell’Unione, non degli Stati Nazione - sta tutta qua. Nell’aver rubricato la solidarietà a buonismo. Nell’incapacità di affrontare non tanto la sfida epocale dello sviluppo economico, sociale, umano del continente più povero del pianeta che confina con quello più ricco, ma anche, soprattutto, ogni minima micro-crisi che avviene sulla faglia di queste due placche. Nell’aver abbandonato ogni idealità politica, ogni visione del futuro, ogni afflato ideale - noi che siamo stati la culla di ogni ideologia di cui si è sinora nutrito il pianeta - in cambio del quieto vivere, o meglio di una lenta e dolce morte di vecchiaia. Noi, quelli di Schengen e delle frontiere aperte nel cuore del Mundus Furiosus, che celebriamo come successi politici le frontiere chiusa a tripla mandata grazie agli accordi con la Turchia e con la Libia.
Se le cose vanno così, le prossime elezioni europee non serviranno a nulla. E accusateci pure di qualunquismo, di fare di tutta l’erba un fascio. Ma se queste sono le premesse - siete ancora in tempo a smentirci, sia chiaro - non vediamo differenze tra fascisti e socialisti, tra popolari e sovranisti, tra Salvini, Orban, Le Pen e gli alfieri a parole della società aperta. Tutti bravi, bravissimi, a puntare il dito contro il babau rossobruno, a paventare la minaccia dell’Europa dei muri. Tutti altrettanto bravi a erigerli, a uso e consumo della loro sopravvivenza politica e del quieto vivere dei loro canuti elettori.
A proposito di sopravvivenza: un ex ministro dell’interno italiano, Marco Minniti - deprecabile quanto volete, sicuramente molto più intelligente e consapevole di chi gli è succeduto - ha detto che il futuro dell’Africa sarà lo specchio del futuro dell’Europa. Se l’Africa conoscerà il benessere, pure noi lo ritroveremo. Se l’Africa sarà colonizzata dai cinesi, noi loro saremo. Se l’Africa sarà fucina di estremismi e terrorismi, noi ne saremo vittima. Se continuerà a essere disperata, noi continueremo a esserlo. Se conoscerà il benessere, noi lo ritroveremo. Attenzione, quindi: stiamo chiudendo le porte agli uomini, ma il nostro destino ce lo stiamo già portando in casa. Basta che sia chiaro.


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